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“Inferno” di Tsutsui Yasutaka e il grottesco oltremondano 

13 Marzo 2025
NipPop Staff

 

L’enfer, c’est les autres
– Jean Paul Sartre 

Pubblicato nel 2003 con il titolo originale ヘル (Heru), Inferno di Tsutsui Yasutaka è un romanzo che, fin dalle primissime pagine, ci trascina in una terrificante dimensione di orrore e crudeltà – una realtà alternativa che per tutta l’interezza del libro si declina in forme violente, disgustose, sottili ed umilianti e che sembra avvilupparsi attorno ai personaggi come lo stretto abbraccio di un cobra. 

Con uno stile tagliente e ai limiti del cinico, Tsutsui Yasutaka tratteggia una dimensione, una vera propria realtà altra parallela alla vita, a metà fra il mondo dei vivi e il mondo dei morti, dove la punizione e la redenzione sembrano un gioco d’azzardo governato da regole mai eque e sempre capricciose. Attraverso gli occhi dei protagonisti, ci muoviamo in uno strano aldilà allegorico del quale è difficile comprendere le regole e nel quale sembrano mescolarsi sogni e ricordi. I dannati sono spesso controversi, corrotti, moralmente discutibili: membri della yakuza e sfacciati seduttori, ma tra questi troviamo anche umani fragili, la cui colpa è – forse – quella di essere vissuti e basta, nel momento sbagliato, tormentati da nient’altro che sé stessi. 

In questo assurdo viaggio veniamo spinti ad esplorare i confini della giustizia, della colpa e soprattutto, dell’assurdità della condizione umana, tanto da vivi quanto da morti, e il romanzo ci costringere a riflettere su cosa significhi davvero essere puniti e – in modo ancora più insistente – su chi, in un inferno senza dio, stabilisca le regole.

Costruito su un meccanismo di flashback e flashforward, l’opera si snoda fra le vicende di vita – e di morte – dei protagonisti, le cui esistenze sono più o meno direttamente intrecciate fra di loro. La dimensione post-mortem in cui i personaggi si trovano è molto diversa da quella di tradizione dantesca a cui il lettore italiano è probabilmente abituato. In Inferno, l’aldilà ricorda una caotica, assurda estensione del mondo dei vivi, dove le anime si trovano sottoposte a un crudele sistema burocratico i cui “funzionari” agiscono senza seguire un reale scopo di giustizia. 

Naturalmente, le punizioni stesse sono arbitrarie e sfuggono alla logica umana. Questa sorta di oltremondo non soddisfa quindi alcuna funzione di espiazione e redenzione – anzi, il sistema punitivo è meccanico ed impersonale e le anime non riescono davvero a riflettere sulle colpe che hanno commesso in vita e che li ha portati a essere lì. I personaggi si trovano costretti a confrontarsi con la propria miseria e impotenza e mettere in discussione il valore stesso dell’espiazione, della colpa e della responsabilità. 

In questo inferno le anime non provano alcuna emozione, ma sono capaci di vedere l’una i ricordi dell’altra: viene difficile, quindi, separare l’immaginazione dal vero ricordo e ciò rende ancora più angosciante e alienante questo strano e rarefatto aldilà – definibile forse un “limbo” più che un inferno, perché non rappresenta una vera destinazione, né assicura un momento successivo: una sorta di umiliante cul-de-sac senza alcuna possibilità di riscatto, che sembra quasi dirci che dal nostro inferno personale non riusciremo a trovare una via di fuga – né in vita né da morti. Tsutsui Yasutaka imbastisce quindi un microcosmo illogico e irrazionale come specchio della nostra società, contro la quale scaglia una critica tagliente attraverso un umorismo nero e grottesco, che ridicolizza anche le sofferenze a cui sono sottoposte le anime. 

La struttura frammentaria della narrazione contribuisce al senso di caos dell’intero racconto e chiede al lettore di prestare particolare attenzione. Tutto sembra convergere verso una sensazione di disagio e confusione, e la prosa asciutta e tagliente – quasi cruda – è come una morsa di ferro che non concede pietà a nessuno dei coinvolti, né ai protagonisti né ai lettori. 

Pur essendo un’opera di fantascienza e a tratti quasi distopica, la riflessione filosofica e la critica sociale rimangono estremamente realistiche e accessibili, senza lasciare dubbi sul messaggio trasmesso dall’autore. Potrebbe essere definita una tragicommedia sulla miseria umana, verso la quale non viene mostrata alcuna indulgenza, ma anzi, viene ritratta quasi al limite di un patetico fenomeno da baraccone. Risulta difficile empatizzare con i personaggi e le loro vicende, se non nell’accezione di un profondo senso di pena che si avvicina più al disgusto che alla pietà.  

L’autore, Tsutsui Yasutaka, è stato definito in tanti modi, tra cui ‘surrealista’, ma forse questa definizione lo allontana dal suo obiettivo ultimo di indagare l’animo umano e la sua relazione con la società. Infatti, il sentimento di alienazione e l’assurdità dell’opera ricordano la scrittura di Franz Kafka e degli autori di inizio Novecento, e alcuni critici vi hanno trovato anche delle somiglianze con il teatro dell’assurdo di Beckett.

Inferno di Tsutsui Yasutaka è un’opera densa e complessa, difficile da affrontare e – in più di una parte – difficile da digerire, per la violenza grafica e psicologica che viene messa in scena. Non si può fuggire da un confronto con sé stessi in relazione alle nostre colpe, ai nostri vizi e al nostro personalissimo, irrazionale, crudele inferno che ci segue ovunque ci troviamo, dentro e fuori. 

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