Ritorna l’appuntamento con Waiting for NipPop, che – in collaborazione con Power to the Pop – Osservatorio sulle culture pop contemporanee – quest’anno propone una rassegna in 3 incontri dal titolo Waiting for NipPop – Noir per accompagnarci fino all’undicesima edizione di NipPop, che riprende il filo dell’edizione 2020 e si concentra sul boom delle culture pop in Giappone e in Italia negli anni ’70, ’80 e ’90: #RETROPop: Vintage Japan.
Il festival, che si terrà dal 20 al 27 maggio, tornerà quindi anche quest’anno alle origini dell’incredibile successo e della diffusione delle culture pop, ormai un riconosciuto fenomeno globale, con un’attenzione particolare ai modi e alle forme in cui il pop di quegli anni viene riletto e continuamente ripreso nella cultura contemporanea.
Gli appuntamenti di Waiting for NipPop si soffermeranno invece su altri fenomeni di reinterpretazione culturale, e in particolare su un genere che sta godendo in questi anni di una incredibile popolarità, il noir.
Tutti gli incontri si terranno in modalità live-streaming, in diretta sul canale YouTube (https://www.youtube.com/user/nippopbologna/) e sulla pagina Facebook (https://www.facebook.com/nippopbologna/) di NipPop.
5 maggio, ore 18:30
Dall’Inghilterra agli USA: cartografie del noir
a cura di Gino Scatasta e Paola Scrolavezza
Se il noir americano si divide più o meno a metà fra storie su detective cinici e romantici e vicende di losers senza speranza, il noir inglese privilegia decisamente i secondi. Il modello di Sherlock Holmes domina nel campo degli investigatori privati inglesi, accentuando ulteriormente gli elementi deduttivi e raziocinanti e relegando in secondo piano le scene d'azione che pure erano presenti nei racconti di Conan Doyle. Il giallo all'inglese, con un mistero risolto brillantemente dal detective di turno, finisce quindi per colonizzare l'intera scena del mystery britannico, lasciando al noir solo le vicende di perdenti. La storia del noir inglese è la storia di una sequela di fallimenti: sono dei falliti i protagonisti, degli antieroi radicali senza speranza di salvezza o dei gangster dalla sorte segnata. Ma sono spesso dei falliti anche gli autori (la cui biografia non sfigura neppure accanto a quella dei più sfortunati scrittori noir americani), presi fra problemi personali, dipendenze varie e crisi creative.
12 maggio, ore 18:30
Dall’America al Giappone, il fascino discreto dell’hard boiled
a cura di Gino Scatasta e Paola Scrolavezza
In Giappone la detective fiction, fin dal suo primo apparire nella seconda metà dell’800, ha sempre mantenuto uno stretto legame con i modelli e i maestri d’oltreoceano, e se gli esordi sono segnati dall’influenza di Conan Doyle e Poe, Matsumoto Seichō (1909-1992) trarrà la sua ispirazione dall’hard boiled americano. Nei suoi lavori i dettagli della vita quotidiana diventano la chiave attraverso la quale il detective arriva alla soluzione, e, grazie all’attenzione alla realtà dei problemi sociali (corruzione, scandali sessuali, disastri finanziari), la narrativa di investigazione riesce ora a riflettere in modo molto più immediato di altri generi letterari le paure e le fantasie della borghesia urbana. La sua interpretazione della fiction poliziesca porta Matsumoto a sviluppare un sotto-genere inedito, realistico nell’approccio e con una grande attenzione alle motivazioni psicologiche dei personaggi e alle zone d’ombra di una società dominata dall’interesse economico. I suoi lavori denunciano l’alienazione, la corruzione dilagante, i rischi dell’espansione urbana incontrollata, e il cambiamento sociale e l’ingiustizia da semplice contesto diventano il focus della narrazione, il motore del crimine. I delitti che l’autore descrive non sono il risultato di un vissuto individuale, ma piuttosto il prodotto di strutture ingiuste e difettose.
19 maggio, ore 18:30
The Bridge: dall’Øresund al Río Bravo, (nuove) frontiere del noir seriale
a cura di Edoardo Balletta
Il recente interesse globale per le culture scandinave, il successo di molti suoi autori noir e delle sue produzioni seriali ha portato il resto dei produttori occidentali a seguire la marea, tanto grazie alla riproduzione di ambientazioni e stilemi ‘nordici’ (Fortitude, Wallander, Vikings) come attraverso la riproposizione di sceneggiature scandinave nella forma del remake. Ci si propone qui di analizzare da una prospettiva ispano-americana, il remake statunitense della serie dano-svedese Bron/Broen. Accennando solo brevemente a questioni più generali riguardanti le dinamiche di adattamento/localizzazione di alcune serie scandinave per il mercato statunitense, ci si concentrerà non tanto sulla perdita che questo tipo di operazione può comportare, ma sull’arricchimento che la nuova contestualizzazione (la frontiera messico-statunitense) porta nella sceneggiatura: da un lato una frontiera (Danimarca-Svezia) che quasi non esiste, dall’altro (Messico-Stati Uniti), un confine materialmente e simbolicamente denso, tragico, apparentemente impenetrabile ma che viene, quotidianamente, superato da migliaia di aspiranti chican@s in cerca di un’esistenza migliore nel paese del vicino del Nord.