Il crimine è una crepa, un vuoto di moralità e valori che permette di illuminare, come in un flash, gli aspetti profondi della realtà, ha dichiarato Kirino Natsuo, la regina del noir giapponese, qualche anno fa in un’intervista.
Natsuo Kirino, pseudonimo di Mariko Hashioka, è nata a Kanazawa nel 1951. In un’intervista ha raccontato che il suo pseudonimo l’ha rubato dai libri che leggeva da ragazza, poiché non voleva essere associata alla cosiddetta “scrittura femminile”. Ha debuttato nel 1993 con il romanzo Kao ni furikakaru ame (Pioggia sul viso), con il quale ha vinto il premio Edogawa Ranpo. Pioggia sul viso è un giallo con risvolti psicologici e presenta per la prima volta la detective Murano Miro. Kirino ha raggiunto la notorietà con il romanzo OUT (Le quattro casalinghe di Tokyo, Neri Pozza, 2003), pubblicato nel 1997. Nei suoi libri, che nascono dalla combinazione del giallo tradizionale e dell’hard boiled americano, la scrittrice ci offre uno spaccato della società giapponese, dei suoi lati più nascosti e misteriosi. E dà voce alle donne, che nei suoi noir di sono le vere protagoniste, molto più della storia stessa, attraverso una profonda introspezione psicologica. Kirino è interessata alla discriminazione della quale ancora il genere femminile è vittima in un paese dove si continua a promuovere un modello di famiglia vecchio stile: la donna deve sposarsi, mettere al mondo dei figli e crescerli.
L’immedesimazione nella protagonista e nelle sue riflessioni è una delle chiavi del successo di Kirino. I suoi romanzi possono dunque essere letti come metafora della marginalizzazione e sottomissione delle donne nel Giappone contemporaneo, che ancora privilegia l’esperienza maschile.
La notte dimenticata dagli angeli è stato pubblicato in Giappone nel 1994, con il titolo Tenshi ni misuterareta yoru; in Italia è arrivato nel 2016, nella traduzione di Gianluca Coci e pubblicato dalla casa editrice Neri Pozza.
«La conosci l’attrice? Isshiki Rina…».
«Mi pare di no, non credo di averla vista in nessun altro film. Non fa altro che lamentarsi e piagnucolare, dalla prima all’ultima scena. Però devo dire che mi è rimasta impressa: la sua faccia mentre piange, urla e si contorce non la si dimentica tanto facilmente. Ed è anche piuttosto eccitante…»
Una giovane donna viene brutalmente violentata da tre uomini nel suo appartamento di Tōkyō nella scena di un film hardcore, Ultraviolence. La detective Murano Miro lo sta analizzando per un caso affidatole da Watanabe Fusae, proprietaria di una piccola casa editrice di orientamento femminista e presidente di un’associazione in difesa delle donne. Miro è stata incaricata di ritrovare Isshiki Rina, l’attrice protagonista del film, scomparsa da alcuni giorni. La giovane detective dovrà immergersi nelle zone più oscure della capitale, nei videonoleggi specializzati in film hard e nei locali notturni di Kabukichō, il quartiere a luci rosse di Tōkyō, per condurre le sue indagini. Murano Miro non sarà completamente sola, la aiuterà il suo nuovo vicino di casa Tombe Akihiko, gestore di un gay bar nel quartiere di Shinjuku. Tuttavia la detective si accorgerà presto che non è facile muoversi nel mondo della pornografia e della prostituzione e incontrerà non poche difficoltà. L’incolumità di Miro verrà messa a dura prova; la detective si lascerà spaventare o proseguirà nelle ricerche per trovare Rina?
Di colpo mi è tornato alla mente l’amaro che avevo in bocca un paio di ore prima, quando Watanabe mi aveva mostrato Ultraviolence. Era stato un po’ come quando mastichi un frutto di mare e senti la sabbia sotto i denti. Anche se sputi, quella sensazione spiacevole ti resta in bocca per un bel pezzo. E la stessa identica cosa mi è capitata nell’istante in cui ho visto sullo schermo del televisore l’espressione stordita, forse ubriaca, di Isshiki Rina.
Non è stata solo la storia a colpirci in questo romanzo, ma l’analisi psicologica dei protagonisti, in particolare di Murano Miro. La giovane detective si innamora sempre delle persone sbagliate, ne è conscia ma non può farci nulla, non può controllare le sue pulsioni. Kirino è abile nel rappresentare la realtà com’è, i pensieri dei personaggi si evolvono come se fossero i nostri stessi pensieri, le domande che si pongono sono le medesime che ci poniamo noi lettori. L’autrice ci presenta attraverso gli occhi di Murano Miro un mondo conosciuto da pochi e molto controverso, quello della pornografia e della prostituzione. Lo fa con una lucidità strabiliante. Il romanzo non è un semplice giallo, l’interesse del lettore non sta solo nello scoprire chi è l’assassino o il colpevole, ma anche nello scoprire un mondo e uno spaccato di società prima per lui sconosciuto. La protagonista ci guida con le sue riflessioni a riflettere sulla difficoltà di nascere donna in una società nella quale la donna viene marginalizzata ed educata a essere altro da sé stessa, nella quale viene facilmente sottomessa dal genere maschile, ritenuto erroneamente superiore. Tuttavia ci mostra anche che c’è una speranza per queste donne e la protagonista ne è un esempio, coraggiosa, razionale e dotata di un grande cuore.
La paura mi aveva quasi completamente abbandonata. Lì, con indosso solo i pantaloni e il reggiseno nero, non provavo nemmeno un briciolo di vergogna, ma solo un odio cieco e profondo, tale che avrei dato volentieri fuoco a quel posto. Ero stupita di me stessa, non avrei mai pensato di essere in possesso di tanta energia.