Nel votarci all’arte, le nostre opere devono innanzitutto possedere lo spirito artistico. E per questo non c’è altra strada che non sia quella della compiutezza. […] “Compiutezza” non va letto come di un’opera priva di difetti. Si tratta piuttosto della realizzazione perfettamente compiuta di ciascun ideale artistico sviluppato indipendentemente.
(Akutagawa Ryūnosuke, “Sull’arte e il resto”, in Kappa e altre storie, trad. di Alessandro Tardito, Atmosphere, Roma, 2017, p.17)
Akutagawa Ryūnosuke, scrittore e poeta, è stato una delle personalità di spicco del Giappone dei primi del Novecento. Fin da giovane sviluppa uno spiccato interesse per la letteratura cinese classica e per quella europea (soprattutto francese e russa), ma non manca la passione per autori contemporanei giapponesi come Natsume Sōseki, scrittore da lui amatissimo tanto che la sua morte lo lasciò fortemente turbato.
Nella nuova antologia di racconti edita da Atmosphere, sono presenti alcune delle sue opere più emblematiche: oltre al famosissimo I kappa, vi sono inclusi tanti altri brevi testi finora inediti in Italia.
La prima cosa che salta all’occhio del lettore è la diversità dei temi: dalla storia (Akutagawa pone l’accento soprattutto sulla guerra sino-giapponese e sui conseguenti rapporti tra le due nazioni), al fantastico, dall’ambito socio-politico al satirico; i punti in comune sono il sottile autobiografismo e la visione malinconica e contraddittoria della vita, che riporta puntualmente a una riflessione sulla sofferenza umana.
Fin dal primo racconto, Storia di una testa caduta, siamo costretti a scontrarci con una realtà quasi senza speranza, una visione pessimistica dove anche i pensieri e gli ultimi desideri di redenzione di un uomo in punto di morte sono vani. Se leggiamo questi racconti tenendo presente che Akutagawa morì suicida a soli 35 anni, abbiamo una visione ancora più completa della sua poetica così pregna di sofferenza. Una sofferenza che, come già detto, non si riflette solo sulla condizione umana ma ha a che fare con una sfera più ampia che riguarda la società e la politica.
Il racconto più emblematico, incentrato sulla critica alla società giapponese del tempo, è sicuramente I kappa. La storia è narrata dal punto di vista del paziente di un ospedale psichiatrico appena fuori Tokyo che, attraverso un incipit molto simile a quello di Alice nel paese delle meraviglie, racconta come, seguendo un kappa, creatura fantastica del folklore giapponese dal volto molto simile a quello di un rospo, si ritrovi in un mondo abitato esclusivamente da queste creature. Qui il nostro protagonista fa la conoscenza di diversi kappa e il confronto offre lo spunto per una serie di riflessioni su temi di attualità, attraverso la scoperta che:
…la loro abitudine più assurda è che trovano estremamente divertente ciò che per noi umani è molto serio, e nel contempo trovano molto serio ciò che fa ridere noi. Per esempio noi consideriamo serie cose come la morale o la giustizia, ma quando ne parlai ai kappa loro si piegarono in due dalle risate. In poche parole hanno un concetto di assurdo completamente diverso dal nostro. (Akutagawa Ryūnosuke, “Sull’arte e il resto”, in Kappa e altre storie, Atmosphere, Roma, 2017, p.114).
Infatti argomenti quali il controllo delle nascite, il sistema familiare, l’arte, la morale pubblica, la filosofia (soprattutto quella nichilista), il capitalismo, la politica e il sistema penale, sono affrontati con grande ilarità dagli abitanti di questo fantastico villaggio.
Il racconto I kappa rappresenta quindi un sunto di tutte le tematiche più importanti all’interno della poetica di Akutagawa ed è per questo, forse, che è una delle opere più popolari dall’autore.
In Sull’arte e il resto, come spiega il titolo stesso, lo scrittore presenta una riflessione quasi filosofica sull’arte, dimostrando tutta la sua cultura e citando alcuni dei più celebri artisti giapponesi e non.
Nei racconti seguenti, Un mazzo di porri e La Vergine nera, viene nuovamente introdotto, sebbene solo attraverso un leggero accenno, l’elemento artistico: nel primo racconto tuttavia, alla fine della storia il lettore capisce benissimo che il tema fondamentale è la riflessione sulla povertà dovuto all’aumento dei prezzi degli alimenti. La presa di coscienza da parte della protagonista della sua condizione economica frantumerà ogni gioia e ogni speranza di felicità futura. In questo racconto, molto più che in altri, è possibile riscontrare la potenza evocativa delle immagini che si formano nella mente del lettore, motivo per cui Akutagawa era così tanto apprezzato. Nel secondo, invece, l'autore, dopo aver acquisito nuove conoscenze in merito al Cristianesimo, riflette sull’importanza della religione e su come le preghiere siano inutili e non servano a cambiare la volontà degli dei.
L’elemento religioso viene ripreso anche in Ogin che descrive la storia di una famiglia che deve rinunciare alla conversione al Cristianesimo pur di restare unita.
In Un bizzarro incontro, Akutagawa affronta il tema della malattia mentale: è proprio dal 1920 circa infatti (quando il racconto è stato scritto) che possiamo assistere a un progressivo peggioramento delle sue condizioni psicofisiche.
In Cucciuccicù fa la comparsa per la prima volta Horikawa Yasukichi, l’alter ego dell’autore che sarà il protagonista di più di dieci racconti di Akutagawa. La particolarità di questa short story è che si differenzia dalle altre poiché vi appare un velato ottimismo.
In In bello stile il protagonista si rende invece conto – con sentimenti contraddittori – di essere in grado di suscitare emozioni nel lettore solo attraverso la composizione di elegie funebri per sconosciuti.
Era triste perché sentiva di avere sbagliato, di aver inconsapevolmente calpestato con dei piedi infangati la parte più nobile del cuore delle persone. (Akutagawa Ryūnosuke, “Sull’arte e il resto”, in Kappa e altre storie, Atmosphere, Roma, 2017, p.109)
I tre tesori rappresenta un cambio di rotta nella produzione dell’autore, in quanto adotta la struttura del copione teatrale e proprio per questo la morale non è spiegata dal narratore ma da uno dei personaggi. La storia mantiene una struttura classica fino a quando non si giunge all’inevitabile scontro fra il protagonista e l’antagonista, che però sorprendentemente diventano amici, scongiurando quindi il duello.
La scimmia e il granchio invece, pur rimanendo un racconto fiabesco, ha un tono completamente opposto; si presenta come una sorta di sequel all’omonima fiaba giapponese, dove Akutagawa descrive il destino dei protagonisti dopo il triste epilogo della favola originale.
Dopo la morte riprende nuovamente il tema della follia e della malattia mentale, descrivendo le allucinazioni di un uomo che per fuggire dalle sue ansie e paranoie medita la morte. Il tema del suicidio in realtà viene affrontato anche nel racconto I kappa dove, non a caso, il tragico gesto sarà compiuto da quello che è considerato l’alter ego dell’autore, il kappa poeta tormentato Toc, che lo attuerà con modalità pressoché identiche a quelle che adotterà Akutagawa stesso qualche mese più tardi.
La morte di Akutagawa Ryūnosuke fu un duro colpo per tutto il Giappone. Nel 1935 il filosofo e amico Kikuchi Kan istituì in suo onore il Premio Akutagawa, il più prestigioso premio dedicato agli scrittori giapponesi di letteratura “pura” (jun bungaku).