La storia della vita di Natsuki, maga che ha ricevuto dal suo pupazzo Pyūt, extraterrestre proveniente dal pianeta Pohapipinpopobia nonché emissario in incognito della Polizia Magica, l’incarico di salvare il mondo. Questa sua missione, però, di cui sono a conoscenza solo il cugino e il marito, colliderà più e più volte con le regole della società terrestre, alle quali Natsuki cercherà tragicamente di sfuggire.
I miei non lo sapevano, ma ero una maghetta con tanto di poteri magici. Avevo trovato Pyūt al supermercato vicino alla stazione quando avevo sei anni, appena iniziata la scuola elementare. […] Veniva dal pianeta Pohapipinpobopia. La Polizia Magica aveva scoperto che la Terra stava per fronteggiare una grande crisi e lo aveva inviato in missione per salvare il pianeta. E da allora avevo cominciato a usare i poteri speciali di cui mi aveva donata per proteggere la Terra. (Capitolo primo, p.12)
Una premessa piuttosto surreale quella de I Terrestri (2021), romanzo di Murata Sayaka pubblicato nel 2018 in Giappone con il titolo Chikyūseijin 地球星人 e portato in Italia da Edizioni E/O alla fine del 2021, nella traduzione di Gianluca Coci.
La mia città era una fabbrica in cui si producevano esseri umani. Le persone vivevano in nidi rettangolari accostati l’uno all’altro, come nella stanza dei bachi da seta di cui mi aveva parlato zio Teruyoshi. […] Ogni coppia allevava i propri figli all’interno del proprio nido. Anch’io vivevo in una di quelle specie di scatole rettangolari. Nella fabbrica, esseri umani producevano altri esseri umani usando i loro corpi. (Capitolo secondo, p. 43)
La trama segue la vita della protagonista, Natsuki, e il suo tentativo di sopravvivere resistendo ai continui attacchi della società, che lei ribattezza la fabbrica, fonte di continue pressioni nella forma dei commenti e delle azioni di quelli che lei chiama emissari della fabbrica, vale a dire i suoi parenti e tutte le persone che conosce. Tutti nemici che, cercando di adeguarsi il più possibile ai dettami del buonsenso, trascinano con loro la piccola Natsuki, trasformando le fantasie di una bambina in una tremenda verità che la allontanerà definitivamente da quella società tanto opprimente. Non che Natsuki non si impegni per cercare di farne parte: più e più volte la vediamo adeguarsi alle aspettative dei genitori, e impegnarsi a sopportare non solo le piccole pressioni di tutti i giorni ma anche traumi ben più pesanti, come le molestie del suo docente del doposcuola.
Natsuki, però, non è sola in questa battaglia. Da piccola rivela infatti a Yuu, suo cugino nonché fidanzato, della missione affidatale, e riceve in cambio una confessione ancora più scioccante: Yuu è un extraterrestre in attesa di una navicella spaziale che lo riporti nel pianeta da cui proviene. Anche questa sua fantasia, naturalmente, è frutto di un tentativo di sfuggire al contesto in cui vive, ma Natsuki gli crede sulla parola e anzi, ipotizza che venga anche lui, come il suo pupazzo, dal pianeta Pohapipinpobopia. Per via di alcune vicende i due verranno separati dalle rispettive famiglie, non prima però di essersi scambiati una promessa di matrimonio.
Promessa di matrimonio
Noi, al cospetto dei nostri antenati, giuriamo quanto segue:
- Non tenere la mano a nessun altro all’infuori di noi due.
- Indossare l’anello quando si va a dormire.
- Qualunque cosa dovesse accadere, noi sopravviveremo.
(Capitolo primo, p.38-39)
Come già detto, la vicenda si snoda attraverso la vita di Natsuki, scandita da mille trasgressioni alla norma sociale, fra le quali figurano incesti, denunce di molestie e stupro, omicidi e, soprattutto, la volontà di non cedere alle pressioni della fabbrica, che vede nella procreazione il fine ultimo di ciascuno dei suoi ingranaggi. Un tema affine a quello trattato in La ragazza del convenience store (Edizioni E/O, 2018 [2016]), altro romanzo di Murata Sayaka, e che vede la società nascondere dietro alla promessa della felicità la barbarie di costringere sia le donne che gli uomini ad appiattirsi, per il bene comune, nel ruolo limitante di genitore.
Il pianeta Pohapipinpobopia, che nel libro è citato continuamente ma che non può comparire mai in quanto frutto della fantasia di Natsuki, è la rappresentazione della speranza di un mondo libero da tutti i vincoli che tanto hanno segnato la vita non solo della protagonista, ma anche dei due comprimari che si uniranno a lei nella sua battaglia: il già citato Yuu e il marito Tomoomi. E se da piccola è un mondo di speranze dove fuggire, da adulta il desiderio di fuga lascia spazio alla rassegnazione, che viene però infranta dal marito Tomoomi, segnato anche lui da alcune vicende familiari che lo hanno portato a ripudiare il corpo femminile. Tomoomi, infatti, crede fermamente nelle storie che le racconta Natsuki. Insieme i due si riuniscono a Yuu nella vecchia casa dei nonni dove si apre il romanzo, e dove si verifica il primo grande scandalo della vita della ragazza che porterà la famiglia a separare i due cugini. In questo luogo remoto, isolato per tutto l’inverno dalle estreme condizioni ambientali, i tre cercano di ricominciare da capo la loro vita senza seguire i precetti della società, trasformando quella vecchia dimora nel vero pianeta Pohapipinpobopia.
«Sì, sono una pohapipinpobopiana. E anche tu lo sei, perché è contagioso. È come per i terrestri, anche loro lo diventano per contagio. Vale esattamente la stessa cosa per il nostro pianeta. Perciò ora tu sei senza ombra di dubbio un pohapipinpobopiano». Poi gli ho preso la mano e ho aggiunto:
«Scappiamo insieme».
«Dove?».
«In un posto vicino alle stelle».
(Capitolo sesto, p.212)
Quello che rende davvero unico questo romanzo, oltre alla vicenda in sé, è il modo di descrivere gli eventi caratteristico di Murata Sayaka. La scrittrice riesce a sviscerare ogni singolo avvenimento che sceglie di raccontare, rendendo affascinante una storia che, comunque, non spicca affatto per creatività e complessità della trama. Il suo talento emerge specialmente nelle scene che raccontano gli eventi più trasgressivi per la norma sociale, perché vengono descritti dal punto di vista dei personaggi in modo talmente innocente e ingenuo da risultare quasi disgustosi. Ma è una sensazione agrodolce, che tiene il lettore morbosamente attaccato al libro, desideroso di capire fin dove si può spingere la narrazione.
I Terrestri è un’opera pregna di fantasia e di immaginazione, ma anche di realismo, riflessione e critica sociale. Si tratta forse di un unicum per come riesce a mescolare questi ingredienti così diversi fra loro in una narrazione comunque semplice e piuttosto lineare. Una storia che continua sia a coinvolgere che ad allontanare emotivamente il lettore, alternando riflessioni condivisibili e applicabili alla nostra vita quotidiana ad azioni che se ne allontanano talmente da indurci a mettere in discussione lo status quo in cui ci muoviamo ogni giorno. Più che un romanzo, per il lettore questa è un’esperienza, del tipo che difficilmente riuscirà a dimenticare in fretta.