I protagonisti dei più famosi miti giapponesi in nuove fiabe, raccontate da Laura Imai Messina nel libro Goro Goro. La pesca della stella, il viaggio di Daruma e altre storie giapponesi, pubblicato in Italia da Salani Editore con le illustrazioni di Philip Giordano.
«Di’ pure tutte le bugie che vuoi, ma ricorda di dare sempre ad ognuna un titolo e di chiamarle “storie” oppure “fiabe”»
Per gli italiani più appassionati di Giappone il nome di Laura Imai Messina è ben noto: docente universitaria di lingua italiana a Tokyo, fondatrice del blog e della pagina Facebook Giappone mon amour, autrice di libri di successo come Tokyo Orizzontale, WA. La via giapponese all’armonia, Tokyo tutto l’anno e Quel che affidiamo al vento.
Ma l’autrice ha anche due bambini, che parlano italiano e giapponese e amano leggere le fiabe nel futon: ecco come nasce in lei l’idea di realizzare un libro di letteratura per ragazzi, con protagonisti alcuni famosi personaggi della mitologia giapponese. In dodici racconti, si conoscono le storie di figure un po’ bizzarre e curiose che abitano nelle terre di Yamato, vivendo avventure difficili da immaginare, scoprendo come trasformare in pregi i propri difetti e – soprattutto – imparando dai propri errori.
Perché se il mondo non lo si riesce a sistemare per dritto, si deve provare a sistemarlo per rovescio
Molti possono conoscere il saggio bonzo Daruma, ma non sanno che in passato la sua particolare rotondità fisica era per lui un impiccio, prima di cadere tante volte fino a perdere ogni arto, e scoprire che lo scopo del suo viaggio era proprio quello di trovare la “forma giusta” della saggezza: più rotonda che mai. Nota ai più è anche la travagliata storia d’amore tra Ori-hime e Hitsuji-boshi che è all’origine della festività di Tanabata, ma non tutti sanno che il demone del vento Fūjin, geloso, fa spesso i dispetti alla principessa e senza alcun senso della misura: una sera, grazie alle forti raffiche di vento che si diverte a soffiare, arriva a scaraventarla per sbaglio nel fiume maledetto Ori-gawa, dove vive la giovane Hashi-hime nelle sembianze di uno spaventoso mostro marino; per fortuna Hashi-hime porta Ori-hime in salvo, e alla fine Fūjin si prende una bella strigliata dalla madre, imparando ad accettare le sconfitte in amore.
«Anche un gattaccio cattivaccio con un po’ di pazienza può diventare un gattino carino. […] Tutto può cambiare in questo mondo. Nelle terre di Yamato soprattutto…»
Le terre di Yamato sono lontane sia nel tempo che nello spazio ma, non appena si entra in questo mondo, presto ci si accorge che ogni villaggio è connesso all’altro e che i protagonisti di ciascuna storia vivono le proprie avventure negli stessi momenti. Ad esempio, mentre Momotarō, Urihime e Imotarō cercano di difendersi dagli Orchi Dentoni, tutti vengono interrotti dall’insolita scena di una gigantesca palla rossa, che rotola a tutta velocità nella foresta sotto la scorta di numerosi uccellini: è Daruma nel pieno del suo viaggio per diventare bonzo, in compagnia dei suoi nuovi amici.
Ogni abitante, inoltre, conosce Uguisu, l’uccellino che ha imparato a comprendere la lingua degli animali e degli esseri umani grazie alle stagioni, ma che non riesce mai a stare zitto, rovinando sempre la festa a tutti, finché la Primavera non lo assumerà come annunciatore personale. Il bambino di fango Daidara-bocchi, però, senza il suo aiuto non sarebbe mai riuscito a diventare l’eroe di cui tanti abitanti dei villaggi di Yamato avevano bisogno, né la nobile Mao si sarebbe mai ricongiunta alla sua compagna di sogni Haruko, se le chiacchiere di Uguisu non avessero viaggiato in lungo e in largo. Non bisogna poi dimenticare Uso-tsukino, il bambino che ama raccontare bugie per stupire la gente, che si ritrova ad assistere in un solo giorno a quasi tutte le vicende dei protagonisti del libro: avventure così incredibili e assurde per quanto vere, difficili da credere anche se fossero raccontate dal bambino più sincero del mondo.
«Le cose vere sono molto più divertenti e assurde delle cose inventate […]. Basta girare un po’ il mondo»
Nonostante l’autrice ritenga che per scrivere delle storie dedicate ai bambini si debba spogliare ogni racconto dalle belle frasi, delle morali forzate e dell’eccessivo egocentrismo, ogni capitolo di Goro Goro.La pesca della stella, il viaggio di Daruma e altre storie giapponesi racchiude in sé degli insegnamenti preziosi, espressi attraverso frasi che, nella loro semplicità, sono capaci di avere un forte impatto; quasi a dimostrare che, a volte, non c’è bisogno di elaborazioni eccessive per imparare qualcosa, ma è necessario lasciarsi trasportare dalla storia senza troppe pretese o aspettative. Leggendo le avventure della volpe Ko-kitsune-ne, per esempio, si capisce subito che il suo essere troppo timorosa è un difetto a cui lei dà troppo peso: il resto del mondo all’inizio non si accorge nemmeno dei suoi rumorosi starnuti della paura, che alla fine diventeranno il motivo per cui verrà considerata una delle più brave volpi della parata.
Insomma- spiegava Ko-Kitsune-ne alle volpi piccole come lei era una volta- la paura non era una cosa brutta. Anzi, talvolta, dalla paura venivano fuori cose meravigliose.
La semplicità è l’elemento caratteristico che fa sì che questo libro risulti adatto a un pubblico molto ampio: mentre i più piccini ammirano le colorate illustrazioni di Philip Giordano e si divertono a ripetere le frequenti onomatopee che decorano i dialoghi, i più grandi hanno la possibilità di ritagliarsi un po’ di tempo per viaggiare con la fantasia attraverso una lettura leggera, traendo – se vogliono – insegnamenti che spesso si dimenticano durante la crescita. Goro goro, infatti, è un’onomatopea che si usa in Giappone in riferimento ai momenti di relax, in cui si gode del tempo che si ha a disposizione.
E così anche questa storia continua altrove ma qui finisce.
In un tempo lontano, bugiardo e falsamente lontano.
In un angolo remoto delle terre di Yamato.