In questi tempi di sequel, remake, e rivisitazioni di classici, Netflix propone la sua idea di prequel di uno dei film horror più famosi degli ultimi 20 anni. JU-ON: Origins si rifà infatti alle vicende reali che hanno ispirato il primo capitolo di una delle saghe più amate dai fan del genere horror.
JU-ON: Origins è una serie tv diretta da Shō Miyake e scritta da Hiroshi Takahashi e Takashige Ichise. Prodotta e distribuita da Netflix e andata in onda sulla piattaforma dal 3 luglio 2020, la serie fa parte del fortunato franchise iniziato dal film giapponese del 2000 Ju-On, al quale hanno fatto seguito numerosi prodotti quali remake (l’americano The Grudge), sequel, fumetti e videogiochi.
La serie è ambientata tra il 1988 e il 1997 e segue le vicende di diversi personaggi connessi da una maledizione legata a una casa. Chi ha visto gli altri prodotti della saga saprà già che si tratta proprio della casa infestata in cui hanno luogo gli eventi dei precedenti titoli. Yasuo Odajima è un investigatore del paranormale che viene a sapere della storia di Haruka Honjo tramite un talk show e ne rimane affascinato. Nel talk show Haruka parla del suo fidanzato e della sua misteriosa morte dopo aver visitato la casa, ma si scoprirà poi che il passato dello stesso Odajima è collegato a quel luogo. Tra i personaggi principali c’è anche Kiyomi, una ragazza appena trasferitasi in città, legata alla casa da una vicenda traumatica che condizionerà poi tutta la sua vita.
Tra gli aspetti positivi della serie merita sicuramente di essere menzionata la fotografia dai toni freddi e scuri che creano un’atmosfera cupa, attinente ai temi trattati e al genere del titolo. Le inquadrature a camera fissa di alcune sequenze richiamano i documentari che trattano argomenti di stampo macabro, e contribuiscono a far immergere lo spettatore nelle scene e ad accrescere la suspance. Altro punto positivo è il suono: l’apparente presa diretta dei suoni ambientali e delle conversazioni contribuisce a creare un clima realistico particolarmente angosciante. Le sensazioni di angoscia e inquietudine sono forti già dall’inizio, quando viene reso noto che la serie è ispirata a fatti realmente accaduti ma, come recita la voce narrante, “tutti questi eventi furono ben più spaventosi del film”.
Un aspetto interessante è il richiamo alla cultura giapponese, a partire dall’incipit della trama, legata alle leggende metropolitane locali. Le ambientazioni e le scenografie richiamano i primi capitoli della saga ma rappresentano anche un omaggio al genere J-horror.
Tra gli aspetti negativi sicuramente la prima cosa che salta all’occhio sono le scene al limite del genere gore alimentate da effetti speciali in CGI non particolarmente raffinati, sicuramente non compatibili con una produzione del calibro di Netflix. Gli sviluppi narrativi dei vari personaggi legati alla casa si intrecciano nelle linee temporali in un modo confusionario. Alcuni appaiono e scompaiono senza dare un concreto contributo alla trama, che a tratti risulta difficile da seguire. I personaggi principali in alcuni casi non vengono caratterizzati adeguatamente e tendono ad avere reazioni poco realistiche e difficili da comprendere di fronte a determinate circostanze, complici forse le défaillances di alcuni attori.
Per quanto riguarda il finale, non restituisce una spiegazione esaustiva e una vera conclusione e questo suggerisce che probabilmente la serie è stata scritta in previsione di una seconda stagione.
In generale, nonostante l’appartenenza a un universo narrativo più grande e nonostante alcune pecche, JU-ON: Origins non è certamente una serie da perdere: l’ambientazione tetra e i sei episodi da circa trenta minuti ciascuno la rendono particolarmente godibile in modalità binge watching. Probabilmente chi ha già familiarità con il franchise di Ju-On potrebbe rimanere deluso se si fa un paragone (forse inevitabile) con gli altri titoli della saga. Tuttavia JU-ON:Origins può essere considerato una produzione autonoma. Non ha troppe pretese ma è un ottimo prodotto se si vuole ingannare il tempo piacevolmente in un piovoso pomeriggio d’autunno.