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Il visual kei come stile di vita: i ban’yaro

1 Gennaio 2015
Debora De Francesco
 
Una rubrica tutta dedicata al visual kei a cura di Stefania Viol.
 
Dopo aver gettato uno sguardo al fenomeno del band cosplay, con questo articolo andiamo a esplorare un’altra parte del fandom del visual kei: i ban’yaro.
Il termine ban’yaro shōnen, o più comunemente ban’yaro, è nato dall'abbreviazione del titolo di BAND yarō ze (Facciamo una BAND), una rivista fondata nel 1988 sull'onda del crescente band boom che aveva segnato un picco nella formazione di gruppi amatoriali su modello del Japanese heavy metal.

 
 Nata con lo scopo di facilitare l'attività delle nuove band, diventa in breve il punto di riferimento dei giovani artisti in erba, con spazi dedicati ai profili dei gruppi e spazi annunci. I ban’yaro sono dunque dei ragazzi, principalmente di sesso maschile, che, ispirati dalle band visual kei, decidono di intraprendere la carriera musicale mossi dal desiderio di diventare come i propri beniamini. Infatti, con il debutto sotto major degli X, il modello di riferimento per molti giovani musicisti si sposta dai classici pezzi rock inglesi, come ad esempio Smoke on the Water (1973) dei Deep Purple, alle canzoni delle popolarissime band visual kei, primi tra tutti X, LUNA SEA, GLAY e L'Arc~en~Ciel.
 
I ban’yaro dimostrano dunque un interesse principalmente rivolto all'ambito musicale, e, scegliendo di formare un gruppo amatoriale, finiscono con l'assimilare anche il look proposto dalle band del filone preso a modello: sono soliti indicare come propri idoli i musicisti dalle capacità tecniche più raffinate, ad esempio i chitarristi HIDE e SUGIZO, a differenza della controparte femminile del naritai zoku, che è solita citare gli artisti dall'estetica più fine ed elaborata, come ad esempio MANA.
 
Tuttavia, a differenza di quanto avviene nel cosplay femminile, i ban’yaro tendono a non emulare, se non in casi sporadici, una specifica band, quanto piuttosto a imitare lo stile visual kei in generale, puntando a costruire un proprio look originale sulla base dell'interiorizzazione dell'aura delle band visual kei, senza puntare alla completa emulazione come fanno le ragazze del cosplay. Per i ban’yaro, lo stile del movimento non è un mezzo per avvicinarsi all'artista, per dimostrare rispetto e ammirazione nei suoi confronti o per evadere dalla realtà, ma si presenta piuttosto come una risposta alla ricerca di una propria espressione estetica: questi ragazzi sorvolano sui dettagli del trucco e dei costumi, e puntano ad assimilare l'atmosfera e le linee guida entro cui sviluppare uno stile il più originale possibile. Questa tendenza alla rielaborazione e all'innovazione ha salvato il visual kei dal pericolo di una cristallizzazione sui canoni estetici proposti dalle prime band arrivate al successo, mantenendolo vivo e variegato al suo interno, in una costante evoluzione stilistica e musicale: se questi ragazzi, alcuni dei quali riusciranno a debuttare nel panorama visual kei, si fossero limitati all'emulazione come facevano le ragazze del cosplay, il fenomeno sarebbe ristagnato sul modello dei pionieri dei primi anni Novanta.
 
Analizzando questo diverso approccio rispetto alle ragazze del cosplay, Suzuki Yūko, autrice insieme a Koizumi Kyōko del saggio Visual kei kosupure, cita un'interessante risposta alle sue interviste a otto ban’yaro: “[gli artisti visual kei] ci attirano proprio perché hanno dei vestiti, dei make up e delle acconciature che noi non possiamo avere. Se riuscissimo a emularli, non penserei più a loro come a delle star.” I membri di queste aspiranti band visual kei optano dunque per un distanziamento volontario dalle peculiarità dei loro idoli, non solo per rispondere alla propria necessità di trovare uno stile che permetta loro di esprimere la propria individualità, ma anche per non intaccare il mito dei loro artisti preferiti. Il fascino del visual kei è strettamente legato all'estetica surreale del mondo richiamato dalla loro musica e dalla loro estetica. Per il fan, far rivivere questi elementi nella propria vita quotidiana significa far perdere agli artisti quell'aura di evasione dalla realtà che li rende unici e speciali, facendone automaticamente decadere il mito.
 
I ban’yaro si avvicinano al mondo della musica grazie all'influenza degli artisti del movimento e, mossi dalla stima nei loro confronti, intraprendono l'attività musicale come band. Tuttavia, anche se la loro ispirazione è indubbiamente riconducibile ai gruppi visual kei, questi ragazzi puntano al distanziamento dal modello di partenza, in favore dell'elaborazione di un proprio stile. L'obiettivo non è dunque l'emulazione, ma l'espressione di se stessi e dei propri gusti estetici e musicali.

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