Mi capita spesso, quando esco per fare spese al depachika デパ地下 (ovvero il piano sotterraneo dei department store giapponesi, solitamente dedicato ai più svariati generi alimentari, nazionali e di importazione), di fermarmi a guardare i banchi della pasticceria. Chi è stato in Giappone infatti sa che non si può fare a meno di rimanere quantomeno incuriositi dalla bellezza dei dolci locali.
Non sto parlando della pasticceria di derivazione europea, peraltro molto apprezzata qua in Giappone e ugualmente bellissima, ma proprio della produzione dolciaria tradizionale nazionale. Accostare il termine bellezza al termine dolce potrebbe sembrare una sinestesia un po’ pretenziosa, ma la verità è che si tratta spesso di piccoli capolavori culinari che si potrebbero veramente mangiare con gli occhi.
Un giorno, mentre chiacchieravo con la mia amica Sawa passando davanti ad uno di questi banconi, a fronte della mia curiosità per i vari tipi di prodotti esposti, lei mi ha detto “Hai mai notato? Ogni mese c’è uno specifico dolce diverso!”. Vengo così a scoprire che in Giappone a ogni mese viene associato un particolare tipo di dolce, che è possibile acquistare e consumare solo in quel determinato periodo. Si chiamano kisetsu no okashi 季節のお菓子, ovvero molto semplicemente dolci stagionali, o dolci della stagione, ed è possibile trovarli in molti negozi e banconi di pasticceria, preparati seguendo la ricetta tradizionale, o in fantasiose rivisitazioni uniche a seconda del negozio o del pasticcere.
Questi dolci sono una rappresentazione della stagione che vuole coinvolgere e stuzzicare tutti i sensi del consumatore, dunque sono minuziosamente curati sia dal punto di vista visivo (nell’imitazione dei colori dominanti della stagione o del mese in corso), olfattivo (vengono prediletti ingredienti di stagione che richiamano i profumi dell’erba o dei frutti) e ovviamente del gusto. Si tratta di veri e propri piccoli capolavori culinari che permettono a chi li gusta di sperimentare la stagione in corso con tutti e cinque i sensi.
Per esempio, ad aprile si possono mangiare i sakuramochi 桜もち, ovvero una pasta di mochi aromatizzata al fiore di ciliegio e dal tenue color rosa, che richiama, appunto, la fioritura dei ciliegi, il tutto condito e abbellito da foglie di albero di ciliegio (che – lo sapevate? – sono commestibili!)
A maggio invece si possono apprezzare gli wakaayu 若鮎, ovvero dolci costituiti da un involucro di pasta a forma di pesce ripieno di shiratamako 白玉粉, una specie di farina di riso. La forma del pesce richiama gli ayu (Plecoglossus altivelis), una particolare specie ittica che vive nelle acque a ovest dell’isola di Hokkaido e che proprio in questo periodo comincia la risalita dal mare nei fiumi per deporre le uova.
A giugno, precisamente intorno alla fine del mese, si mangiano invece i minazuki 水無月. Si tratta di dolci dalla forma triangolare, formati da una base da pasta di uirō 外郎 (farina di riso e zucchero) sopra alla quale viene steso uno strato di fagioli rossi, conosciuti anche come azuki あずき.
La forma triangolare della pasta rievocherebbe quella di un pezzo di ghiaccio. Questa prelibatezza risalirebbe infatti a tempi antichissimi: secondo il calendario tradizionale il primo giugno era il giorno del ghiaccio e in quell’occasione l’élite nobiliare e di governo era solita partecipare a una celebrazione durante la quale si consumava un pezzo di ghiaccio. Questo rito aveva la funzione propiziatoria di scacciare il caldo e scongiurare il deperimento fisico causato dalla imminente stagione torrida. Si credeva inoltre che questa cerimonia fosse propiziatoria di lunga vita.
Per imitare il nobili che mangiavano il ghiaccio, le classi meno abbienti dell’epoca, che non si potevano ovviamente permettere di possedere una ghiacciaia, crearono dunque questo dolce a simulazione e rappresentazione dei pezzi di ghiaccio consumati dai loro signori, per poter compiere loro stessi la cerimonia e propiziarsi così una vita lunga e in salute.
Un’ultima curiosità: da dove deriva il termine minazuki? Una delle spiegazione, sicuramente la più pratica, ci ricorda innanzitutto che che nel linguaggio classico la posposizione che indica il caso genitivo no の era scritta come 無. Originariamente il sesto mese dell’anno era infatti chiamato “il mese dell’acqua” (水の月) perché proprio in quel momento dell’anno le risaie venivano inondate di acqua per far crescere il riso.
Che sia vero o leggenda, oggi in tutto il Giappone è ancora possibile gustare dei buonissimi minazuki, che si usa consumare intorno alla fine del mese di giugno, esattamente a metà strada fra l’inizio e la fine dell’anno, con l’intento di segnare una cesura benaugurante fra la prima e la seconda metà dell’anno in corso.
FONTI CONSULTATE
http://www.kanshundo.co.jp/museum/yogo/minazuki.htm