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Crossdressing in Giappone: dalla televisione al cinema

24 Aprile 2018
Marlene Manfredini

La realtà del crossdressing, travestitismo del genere opposto, vista attraverso lo specchio dei media giapponesi.

Chi pratica crossdressing vive una realtà di pregiudizi e ingiustizie in Giappone. In una società ancora basata sulle apparenze, compito della televisione diventa quello di mostrare la realtà che si nasconde dietro i preconcetti e, attraverso il dramma o la comicità, tentare di spezzarli.

Una casalinga per cambiare il mondo

Nella figura di Shingo Mama  慎吾ママ) vediamo come le risate vengano usate come mezzo per raggiungere le famiglie e comunicare un messaggio che vada a distruggere lo stereotipo.

Nome d’arte e alter-ego di Katori Shingo, si tratta del crossdressing comico di una casalinga da lui interpretata in Shingo Mama’s Secret Breakfast, spezzone del suo programma SataSma. Questo eccentrico personaggio completamente vestito di rosa, inizia la giornata girando in bicicletta (anch’essa rosa, ovviamente) per il quartiere, e presentandosi in modo inaspettato davanti alla casa di uno dei suoi spettatori per sostituire le madri nelle faccende domestiche, così da concedere loro un po’ di meritato riposo. L’apprezzamento e successiva popolarità della serie, hanno portato Katori in testa alle classifiche musicali con il singolo Shingo Mama’s Oha Rock, ispirato al suo motto oha, abbreviazione della parola giapponese per buongiorno, ohayō.

Negli anni 2000 e 2001, Katori, grazie all’influenza positiva sui suoi innumerevoli fan fra i giovanissimi, è sttao scelto come leader promozionale dal Ministero della Pubblica Istruzione per una campagna intesa a incoraggiare la comunicazione familiare. Al centro di questa iniziativa ritroviamo ancora una volta il motto oha, proposto come saluto in virtù dell’allegria ed energia che trasmette.

Proponendosi fin dall’inizio come parodia, Shingo Mama non nasconde la sua identità maschile; al contrario la sfrutta per rompere le convenzioni di genere sulla base delle quali solo le donne dovrebbero svolgere il ruolo di casalinghe.

Ma se quel mondo è limitato alla propria casa…

Un approccio differente viene adottato dal regista Isshin Inudō, per esplorare i temi dell’incontro e del rigetto del diverso  nel suo film La Maison de Himiko (メゾン・ド・ヒミコ).

Quando la malattia del padre peggiora, Saori si vede costretta ad andarlo a trovare. La ragazza si ritrova così catapultata in una realtà a lei completamente estranea: il padre, Himiko, vive nella casa di riposo per uomini gay da lui fondata.

Inizialmente condizionata dall’abbandono subito da parte di Himiko, Saori mantiene un atteggiamento critico e distante nei confronti degli altri ospiti, molti dei quali – incluso il padre – in crossdressing. Ma c’è anche chi reprime il desiderio di travestirsi per paura delle reazioni degli altri: non basta quindi vivere in un luogo dove si è accettati per sentirsi liberi di manifestare se stessi? La casa di riposo è un luogo sicuro, intriso dell’allegria e positività dei suoi ospitanti, ma resta pur sempre un rifugio dal mondo esterno: il disgusto di Saori si riflette infatti negli sguardi e nelle parole dei vicini di casa della Maison, da chi si nasconde in casa per evitarli a chi li insulta direttamente tramite i graffiti. La consapevolezza di questa condizione permea l’intera pellicola, stendendo un velo di malinconia anche sulle scene più vivaci.

…bisogna imparare ad accettarsi

Le due tematiche precedenti sembrano convergere in Close-Knit (彼らが本気で編むときは) , con la sua prospettiva a tutto tondo sulla storia di Rinko e della bambina di cui si prenderà cura per qualche mese. Nata uomo, Rinko presenta fin da bambino il desiderio di avere il seno, ripetendo spesso che Dio ha fatto un errore, mettendola nel corpo sbagliato.
Presentato per la prima volta in Italia al Far East Film Festival 19 nel 2017, in questo film la regista Ogigami Naoko costruisce una narrazione dai toni drammatici e didattici, dove i pregiudizi della società vengono combattuti dalla comprensione della madre di Rinko, da cui si dipana il filo conduttore dell’intera storia: il lavoro a maglia. La madre regalerà infatti al figlio un seno fatto di lana, in attesa del momento in cui il travestimento sarà sostituito da un cambiamento biologico.

Tomo, abbandonata dalla madre e costretta a vivere con Rinko e con lo zio Makio, riuscirà pian piano ad affezionarsi ai modi gentili di lei, accettandola semplicemente come persona. Le prepara squisiti bentō, si prende cura di lei e della casa, giocano insieme alla Wii: Rinko è un genitore e una casalinga migliori della madre di Tomo, rompendo gli stereotipi di genere già menzionati a proposito di Shingo Mama.

Al contrario di La Maison de Himiko, Rinko non prova vergogna a mostrarsi con i suoi vestiti da donna, gli unici che la vedremo indossare in tutto il film. I modi delicati e femminili di Rinko comunicano il suo sentirsi donna, il desiderio di diventarlo anche sul registro di famiglia, la gratitudine per l’affetto incondizionato ricevuto dalla sua famiglia e da Tomo. E quando si ha tutto questo, i pregiudizi altrui passano in secondo piano.

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