Abbiamo già parlato di Patrick Galbraith e del suo Moe Manifesto e di come per moe si intenda l'attrazione per i personaggi di videogiochi, anime o manga. Un bella intervista rilasciata dall’autore a Otaku USA Magazine ci permette di approfondire il discorso. A partire dal titolo del libro: perché Moe Manifesto?
Galbraith spiega che cercava un titolo capace di catturare l'energia delle persone da lui incontrate nel corso della sua ricerca. Agli occhi di molte di loro infatti il moe era davvero un manifesto: l'attaccamento a personaggi immaginari era qualcosa per cui erano pronti a discutere, qualcosa che potevano condividere, qualcosa che assomigliava quasi a una idea politica. Giocano, ma nello stesso sono incredibilmente seri. Persone come Toru Honda, Hikaru Higashimura e Mitsuru Soda sostengono apertamente che l'amore per i personaggi di fiction ha salvato le loro vite, o ha mostrato loro un nuovo modo di vedere la vita. Fra le tante voci, colpisce in particolare quella di Jun Maeda, scrittore e mangaka: per lui il moe è una ragione di vita.
Qundi – prosegue Galbraith – il suo libro non è semplicemente un manifesto, è una collezione di manifesti. I lettori possono prendere posizione ed essere a favore o meno, ma per farlo, prima bisogna ascoltare. Per questo c’era bisogno di uno spazio che desse voce alle diverse opinioni in modo serio. Ecco, questo è il Moe Manifesto. Patrick Galbraith ha selezionato i suoi intervistati grazie a una approfondita ricerca nell'ambito della cultura otaku. A stimolare le sue riflessioni tuttavia è stato Eiji Otsuka, critico sociale e romanziere.
“Mi ha detto che il moe non esiste. Mi ha detto che è come il monte Fuji, come le geisha, i samurai e il sushi – è solamente una fantasia occidentale sul Giappone”
Se queste parole hanno spinto Patrick Galbraith ad andare oltre il lavoro già fatto per The Otaku Encyclopedia, la definizione di moe per eccellenza per lui è quella data da Kaichirō Morikawa, autore di un libro che parla di Akihabara, moe e otaku. Per Morikawa, il moe è “la nostra reazione a un personaggio fittizio”. La reazione può essere fisica, mentale, sessuale o emotiva ma rimane pur sempre una reazione, il più delle volte un batticuore o un amore a prima vista.
Nell'intervista, il discorso tocca anche il rapporto fra moe e politica. Il governo, sostiene l'autore, vuole che un certo genere di prodotti non arrivi ai bambini, in altri termini vuole impedire che ne vengano influenzati negativamente. Go Ito, un altro degli intervistati, parla a questo proposito di “moe fobia”, ovvero della paura, a volte seguita da reazioni violente, delle persone di fronte a cose che non conoscono e non comprendono.
Patrick Galbraith si augura che il suo libro venga letto. Moe Manifesto contiene molte interviste esclusive a critici ed esperti dell'editoria: che si sia contro o a favore del moe, le parole riportate nel volume servono a metterci alla prova e a farci discutere. Il moe in fondo non è altro che una provocazione.