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NipPop x FEFF26 – “Bushidō”: Spade, onore e pedine

6 Maggio 2024
Alessandro Di Vita


“Esistono già moltissimi film di samurai ma io sono convinto che il pubblico italiano sia quello che può comprenderli meglio in tutto il mondo”. È così che Shiraishi Kazuya, regista di Bushidō, ha introdotto il suo ultimo film sul palco della ventiseiesima edizione del Far East Film Festival di Udine, dove lo staff di NipPop ha potuto assistere alla premiere mondiale! Una pellicola carica di tensione, colpi di scena e con un ritmo incalzante che non può fare a meno di tenere gli occhi dello spettatore incollati allo schermo per le quasi due ore di durata di questa storia di vendetta, onore, drammi e … giochi da tavolo?! 

Kakunoshin Yanagida è un rōnin, un samurai decaduto ed esiliato anni prima per false accuse di furto. Vive a Edo (vecchio nome dell’attuale Tokyo) insieme alla figlia Okinu in una situazione economica molto precaria.

Yanagida, interpretato dall’attore e ex-idol Kusanagi Tsuyoshi, guadagna quello che può intagliando hanko, i timbri che portano il nome di un individuo che in Giappone vengono tutt’oggi usati per firmare documenti, e dando lezioni di go (囲碁), antichissimo gioco da tavolo diffuso in tutta l’Asia con una componente strategica considerevole. Grazie al go Kusanagi riesce a fare amicizia con Yorozuya Genbei, ricco mercante che gestisce un banco dei pegni interpretato dal famoso attore Kunimura Jun – apparso anche in pellicole del Calibro di Kill Bill di Quentin Tarantino o Audition di Miike Takashi.

La relativa tranquillità della loro vita viene ben presto interrotta quando una partita di go tra i due viene interrotta ben due volte, la prima dal figlio adottivo di Genbei che consegna al padre dei soldi da parte di un cliente, e la seconda da un ex.compagno in armi di Yanagida: Samon, che è venuto a riferirgli che l’uomo che ha infangato la reputazione del nostro protagonista è stato scoperto a rubare un prezioso dipinto, destinato ad andare in regalo, ed è ora in fuga. Attraverso un flashback scopriamo quindi la storia di Yanagida e dell’uomo che ha distrutto la sua vita, con delle spettacolari sequenze girate dal regista su una cinepresa a pellicola da 16mm, ricche di rimandi ai grandi registi del genere Chanbara (il termine giapponese per i film di samurai).

Una volta tornati al presente, scopriamo che i soldi consegnati la sera prima sono scomparsi e le accuse cadono subito su Yanagida, unica persona esterna alla famiglia di Genbei presente in casa la sera prima. Per preservare il suo onore il nostro protagonista decide quindi di commettere seppuku ma viene fermato dalla figlia, che lo salva. Okinu per preservare il nome della famiglia decide di offrirsi come pegno per un prestito, chiedendo i soldi alla proprietaria del bordello locale che pone come termine per restituire i soldi il giorno di capodanno, promettendo ai due che non l’avrebbe fatta prostituire prima di quel giorno. Ottenuti i soldi mettendo a rischio la sicurezza della figlia, Yanagida va quindi a restituire il denaro di cui è stato accusato di aver rubato alla famiglia di Genbei, facendosi promettere dal figlio la sua testa e quella del vecchio mercante come riparazione qualora i soldi venissero ritrovati. Yanagida decide quindi di vendere tutto quello che ha per pagare l’affitto della sua casa a Tokyo e partire per un viaggio attraverso tutte le sale da go della zona per trovare e uccidere l’uomo che ha infangato il suo onore e rovinato la sua vita, armato solo di spada e un ardente desiderio di vendetta.

La pellicola offre veramente tanto, sia a livello registico che di sceneggiatura, rendendo emozionanti anche momenti lenti e introspettivi – come le varie partite di go che vengono mostrate in dettaglio. Il gioco rimane attraverso tutto il film non solo un’interessante alternativa alle classiche battaglie tra spadaccini, andandole a rimpiazzare quasi completamente, ma anche un modo per mostrare al pubblico la crescita dei personaggi. Accade ad esempio per Genbei, presentato all’inizio con uno stile di gioco arrogante e sfacciato ma che viene mostrato più avanti giocare in maniera onorevole e rispettosa, più simile a quella del protagonista.

Sono molte le scelte interessanti anche dal punto di vista della sceneggiatura, a cominciare dal fatto che sia stata adattata da un rakugo (落語) – ovvero una forma teatrale giapponese caratterizzata da un singolo attore che seduto sui talloni, racconta una storia, normalmente comica, con l’ausilio di due soli oggetti di scena: un ventaglio di carta chiamato sensu e un lembo di tessuto detto tenugui.

Anche il titolo del film è accurato in ogni dettaglio: nella release internazionale è Bushidō, a riprendere il codice morale che i samurai erano tenuti a seguire, ma in originale è Gobangiri (碁盤斬り) – un furbo gioco di parole tra goban, il tavolo da go e giri che nella grafia  斬り indica il verbo “uccidere” ma che nell’omofono giri 義理 indica l’onore. Inoltre, la storia ha incantato il pubblico italiano, riuscendo a vincere il premio Black Dragon Audience Award come miglior film secondo gli accreditati Black Dragon del Far East Film Festival. 

Vedere un film di questo calibro in anteprima mondiale è stato veramente emozionante; il ritmo è incalzante e fa emozionare sempre di più ogni volta che una pedina viene mossa o una spada viene estratta, e lo spettacolare finale tira assieme tutti i fili della storia in maniera magistrale. Bushidō è un film da non perdere e se in futuro diventerà disponibile su servizi di streaming o nelle sale vi consigliamo vivamente di andarlo a vedere – e di recuperare anche gli altri lavori del regista Shiraishi Kazuya.

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