La giovane Ito ha un talento per lo Tsugaru shamisen, strumento tradizionale della regione di Aomori, ma è totalmente inadeguata quando si tratta di rapporti interpersonali, complice il suo strettissimo accento. Incapace di appassionarsi allo strumento ereditato dalla madre, troverà finalmente la sua strada nel più inaspettato dei luoghi: un maid cafè!
Tratto dal romanzo omonimo di Koshigaya Osamu, Ito di Yokohama Satoko è una pellicola che ci narra la storia dalle tinte adolescenziali di una ragazza alla ricerca del suo posto nel mondo, tra modernità e tradizione, e l’importanza dei legami tra le persone, anche e soprattutto quelli non di sangue: non a caso il nome della protagonista è Ito , che richiama allo stesso tempo il filo (ito 糸) che lega le persone e le corde dello shamisen, e il titolo originale della pellicola, Itomichi (いとみち), fa riferimento ai solchi sulle dita che nascono dalla continuata esecuzione dello strumento e allo stesso tempo alla strada (michi) che la ragazza dovrà percorrere verso la crescita personale. Nata nella regione settentrionale di Aomori, Ito vive con la nonna e il padre, dopo aver perso la madre quando ancora era una bambina. Ha un vero talento per lo Tsugaru shamisen, appreso osservando la nonna, maestra che lo suona tutti i giorni a casa: tuttavia suonare lo strumento non le dà gioie particolari ed è una frana nei rapporti sociali, non ha amici e il suo fortissimo accento le impedisce di farsi comprendere dalla maggior parte delle persone.
Ito comincia lentamente ad aprirsi quando, alla ricerca di un lavoretto part-time, si imbatte in un annuncio per cameriere in un maid cafè: gli inizi sono disastrosi, la ragazza non riesce a presentarsi ai clienti né tanto meno a servire ai tavoli senza far cadere qualcosa. Ma il gestore Kudo e le colleghe Sachiko e Tomomi la fanno sentire a proprio agio, e a poco a poco anche i clienti iniziano ad apprezzare la giovane Ito, impacciata ma di buon cuore e volenterosa.
Una coming-of-age story, Ito segue dunque una giovane attraverso i problemi dell’adolescenza: legata alla tradizione attraverso lo shamisen, suonato dalla madre e dalla nonna prima di lei, Ito vive in prima persona le difficoltà di conciliare la modernità con la tradizione, che si esprime anche attraverso la contrapposizione tra mondo metropolitano e mondo rurale. Nata e cresciuta lontano da Tokyo, metropoli per eccellenza, Ito si chiede perché il padre, nativo della capitale, non sia tornato a casa dopo la morte della moglie: semplicemente non c’era più niente nella grande città ad aspettarlo. Ito stessa, incapace di parlare il giapponese corrente della capitale, invidia coloro che riescono. Lo stesso maid cafè – simbolo per eccellenza di Akihabara – è una presenza strana ad Aomori, segno di quella modernità che mal si adatta alla dimensione locale e che finisce per essere “solo una brutta copia”: ma per Ito invece, è un luogo di sincerità e amicizia, dove finalmente riesce a crescere e a coniugare il desiderio di trovare se stessa e di esprimere la sua abilità nello shamisen. Quando il locale inizia a versare in condizioni precarie, è lei che spinge per tenerlo in piedi: insiste affinché non chiuda, sostiene gli amici, propone nuove attività, con una tenacia che soltanto poco tempo prima non avrebbe mai saputo dimostrare. Il padre stesso, che non approvava il suo lavoretto part-time presso un locale che ai suoi occhi era solo un luogo di prostituzione, percepisce la sua maturazione e i due riescono a chiarire. È proprio il maid cafè il palcoscenico dove alla fine Ito riuscirà ad accettare la sua passione per lo shamisen, trovando la propria strada in modo originale, senza accettare compromessi o rinunciare alle proprie radici o alla curiosità verso il futuro.