Uno sferzante grido di ribellione contro gli stereotipi di genere e il sekuhara (molestie sessuali) insiti nella società giapponese: questa è Minori, On The Brink (Ojо̄chan お嬢ちゃん), la coming-of-age story di Ninomiya Ryūtarо̄.
Minori, venti anni, nata e cresciuta nella città portuale di Kamakura (Kanagawa). Outsider, segnata in modo indelebile dalla morte della madre e dalla successiva spirale di alcolismo in cui è caduto il padre prima di morire, è una ragazza diretta, testarda e attaccabrighe, che non teme di entrare apertamente (e violentemente) in conflitto con chiunque le sia intorno. E spesso è proprio il suo carattere rissoso a portarla a scagliarsi contro gli stereotipi di genere ormai radicati nella società giapponese contemporanea: dall'essere troppo o troppo poco femminile, alla responsabilità nel crescere i figli ("Tu sai come mi trattava mio padre. Adesso dovrei perdonarlo solo perché è morto?"), fino alle molestie sessuali che quotidianamente una donna deve subire e accettare.
Attraverso lo sguardo disilluso di Minori, Ojо̄chan mette in scena una società maschilista dove gli uomini non solo molestano e oggettificano le donne, ma arrivano persino a giustificare le proprie azioni come pratiche ormai accettate, schernendo i loro tentativi di respingerli. Gruppi di yankī ヤンキー (giovani delinquenti) si alternano nella pellicola, alcuni che si fanno beffe apertamente dei tentativi di denuncia ("Non l'ho nemmeno toccata, si è inventata tutto!" dice Tatebayashi sprezzante), altri che si vantano di aver rovinato la vita a una ragazza che li ha respinti, e altri ancora che decidono la desiderabilità di una ragazza sulla base del suo essere bijin 美人 (molto attraente) o busu ブス (brutta). Queste categorie eteronormative sono però non meno interiorizzate dalle ragazze: sono proprio le amiche di Minori che la invitano a uscire con loro perché "se una ragazza carina come te esce con noi sfigate, anche noi sembreremo più belle!", ed è Chihiro, amica di Minori e Rieko, a spingere la seconda a tornare dal suo assalitore perché "in fondo a te lui piaceva".
Se gli stessi personaggi femminili non mettono in dubbio il proprio ruolo subordinato all'uomo, non sorprende quindi siano totalmente assenti anche figure maschili positive: dagli yankī interessati solo all'aspetto fisico di Minori, ai suoi ex che vogliono riconquistarla con la violenza, allo spettro mai del tutto lasciato andare del padre morto, gli uomini che ruotano intorno alla protagonista sono deboli, deludenti, superficiali. L'unica figura potenzialmente positiva è Okochi, padre di famiglia frequentatore assiduo del locale dove lavora la ragazza, che tuttavia si rivela essere un compulsivo giocatore d'azzardo.
Emblematica una delle scene finali, in cui un gruppo di yankī si scaglia contro un compagno, "vendicando" gli atti estremi di bullismo che quest'ultimo aveva commesso ai danni di una ragazza ai tempi delle scuole medie. Se da un lato i due massacrano l’amico con l'intenzione di prendersi una "rivincita", dall’altro il gesto diventa a tutti gli effetti un modo, l'ennesimo, per ricorrere alla violenza gratuita: la "rivincita per Michiko" non è altro che uno scherzo, un gioco, una scommessa per uomini che vogliono passare il tempo, e che non si realizza come vera e propria rivalsa femminile.