Lying to Mom (Suzukike no uso 鈴木家の嘘), pellicola girata da Nojiri Katsumi, première internazionale alla 21esima edizione del Far East Film Festival, tratta in maniera sottile un tema molto forte nella società moderna: il suicidio. Cosa succede quando un tragico evento sconvolge la vita quotidiana di una famiglia apparentemente serena?
LA TRAGEDIA
Il film si apre con la scena del suicidio di Koichi (Kase Ryo), primogenito della famiglia Suzuki, un ragazzo che passa le sue giornate rinchiuso in camera. La prima persona a trovare il corpo è la madre Yuko (Hara Hideko), che sconvolta corre in cucina a prendere un coltello, ma non ci è dato sapere cosa avviene nella camera. Dopo un cambio di scena vediamo infatti Yuko stesa a terra nella camera di Koichi, con le vene tagliate. Poco dopo la figlia minore Fumi (Kiryu Mai) rientra a casa.
Dopo queste prime scene, si scopre che la madre è sopravvissuta ed è ricoverata in ospedale. È in coma e apparentemente anche lei ha tentato di togliersi la vita in seguito all’atto estremo compiuto dal figlio.
GIORNO DOPO GIORNO
A poco più di un mese dal dramma, le giornate della famiglia sono ancora scosse da quello che è accaduto. I medici nutrono deboli speranze circa il risveglio di Yuko dal coma, mentre gli altri familiari devono affrontare il problema della sepoltura di Koichi: il tempio buddhista dove sono sepolti i suoi avi rifiuta di tumulare i suoi resti in quanto il giovane è morto suicida.
Oltre al nucleo familiare principale vengono qui introdotti anche i personaggi dello zio Hiroshi (Omori Nao), fratello di Yuko, e della zia Kimiko (Kishimoto Kayoko), sorella del padre Yukio (Kishibe Ittoku). Anche se la loro vita è stata sconvolta, cercano di non lasciarsi andare e di trovare un modo per andare avanti. Questo finché Yuko non si sveglia dal coma: ancora una volta tutto cambia.
IL RISVEGLIO E LA BUGIA
La madre chiede di Koichi, palesando subito la sua amnesia circa la morte del figlio. Tuttavia, nell’impeto del momento e per proteggere la donna dalla tragica realtà nel timore di una ricaduta, Fumi mente appoggiata anche dal resto della famiglia: Koichi non è presente perché finalmente è uscito dalla sua stanza per andare a lavorare in Argentina per lo zio Hiroshi.
La donna non può che essere felice della notizia, serena perché è convinta che Koichi sia stato salvato dalla realtà nella quale si era rinchiuso.
Da questo momento le vite dei personaggi si sviluppano attorno a questa bugia, che cercano di rendere credibile con lettere fittizie provenienti dall’Argentina. Tuttavia, per quanto le intenzioni siano le migliori, mentire ha delle conseguenze e alla fine bisogna fare i conti con la realtà dei fatti.
UN DRAMMA SDRAMMATIZZATO
Il tema principale del film, ovvero il suicidio e la relativa elaborazione del lutto da parte di chi rimane in vita, è molto forte e sentito in Giappone. Questo è sottolineato soprattutto nella prima parte del film, quando Fumi decide di seguire un gruppo di sostegno per l’accettazione del dolore: infatti tutti i partecipanti hanno avuto un familiare che si è tolto la vita. Nella pellicola però il dramma della perdita di una persona cara viene sdrammatizzato dalla menzogna costruita a regola d’arte sulla vita di Koichi, che pian piano sfugge al controllo degli stessi ideatori. La tragicità della morte viene quindi soppiantata dalla fantastica vita del ragazzo in Argentina, frutto della penna di Fumi. Inoltre, l’atteggiamento solare della madre verso la presunta apertura sociale di Koichi non fa altro che danneggiare ulteriormente la famiglia Suzuki. Fumi non riesce ad accettare la morte del fratello, e continua ad alimentare le convinzioni di Yuko. Yukio invece, che avrebbe voluto dire fin da subito la verità, rimane all’ombra della menzogna, impaurito dal fantasma di Koichi e dall’influenza che il ragazzo aveva sulle loro vite.
La storia si sviluppa in maniera piuttosto lineare, inserendo alcuni momenti volti ad alleggerire l’atmosfera, soprattutto a partire dalla metà della pellicola. Momenti ironici e vagamente comici che però stonano con il tono del film, duro all’inizio, e forse con quello che poteva essere un intento di denuncia sociale. Non ci sono momenti degni di nota che riescano veicolare un messaggio più profondo, e il finale è quasi più da commedia.
La tematica pure così importante è approfondita principalmente nei momenti in cui Fumi partecipa agli incontri con il gruppo di supporto, confrontandosi con altre esperienze e con altre persone, ognuna delle quali elabora il dolore in maniera personale. Tra questi personaggi, il più significativo è quello di Hibino, che dopo anni ancora non riesce ad accettare la morte della figlia adolescente. Tuttavia, a parte queste scene, la gestione del dolore non viene affrontata in maniera approfondita, lasciando lo spettatore un po’ insoddisfatto.