NipPop

Una trasmutazione poco fortunata: Fullmetal Alchemist, il live action

17 Dicembre 2018
Domenico Maria D’Adamo

 


Fullmetal Alchemist (Hagane no rekinjutsushi鋼の錬金術師) è una di quelle serie ascese ormai da tempo nell’olimpo dei manga, acclamata in tutto il mondo e spesso imitata con scarso successo. Una garanzia in fatto di intrattenimento, caratterizzata da un tratto distintivo e inimitabile che vede luce per la prima volta nel 2001, dalla mano ispirata della mangaka Hiromu Arakawa 荒川弘. Ne sono stati tratti serie animate, videogiochi, spinoff, romanzi, e anche, come in questo caso, adattamenti live action.

L’opera che ha reso celebre la mangaka originaria del freddo Hokkaido si compone di ben 27 volumi che inscenano l’avventura steampunkdi due fratelli, Edward ed Alphonse, alla ricerca di una fantomatica pietra filosofale capace di rimediare ai loro tragici errori, in quella che sembra un’Europa novecentesca dilaniata dalle guerre civili e dove l’alchimia, intesa come spettacolare scienza (e non magia) basata sulla trasmutazione di oggetti nel rispetto del cosiddetto “principio dello scambio equivalente”, trova applicazioni anche in campo bellico.

Il successo che Fullmetal Alchemist riscuote ancora negli anni, e la sacralità che riveste agli occhi di milioni di fan complicano notevolmente il lavoro affidato agli sceneggiatori del film diretto da Fumihiko Sori e distribuito da Warner Bros nel 2017, giunto in Italia grazie alla piattaforma online di Netflix. Comprimere un’opera tanto complessa in appena due ore di girato è il limite con cui gli addetti hanno dovuto fare i conti, e i difetti, numerosi, sono evidenti sin dalle prime scene.

buchi nella trama e le incongruenze fanno storcere il naso ai più appassionati, confondendo invece i neofiti e gli spettatori occasionali. Pur restando abbastanza fedele all’opera originale, ne presenta una porzione decisamente limitata, insufficiente a garantire un senso logico alla narrazione nelle immagini presentate che, pur molto suggestive, inscenano solo i passaggi più salienti, visivamente più inquietanti e spettacolari, tratti dalle vignette di Arakawa. 

La trama orizzontale si riduce a una semplice linea retta, troppo sottile per far spazio agli altri personaggi carismatici che caratterizzano la serie, alle introspezioni dei protagonisti e delle loro controparti oscure, agli amori e alle avventure, come se la mano degli sviluppatori avesse intenzionalmente sciolto i nodi e gli intrecci di un’avventura unica nel suo genere per facilitare il processo creativo e dar maggior risalto a una discreta CGI che, nonostante l’uso esasperato, non disturba troppo (Al, il fratello minore la cui anima è legata a un’armatura vuota, ad esempio, è interamente costruito in computer grafica).

Doverosa una menzione per i costumi e le ambientazioni, che rappresentano il vero punto di forza della pellicola girata tra l’Italia – nelle vie dell’incantevole Volterra – e il Giappone.

Particolarmente convincenti inoltre le performance attoriali dei protagonisti, di Ryosuke Yamada, membro del gruppo idol Hey! Say! JUMP, e dell’attrice e modella Tsubasa Honda. La loro espressività, l’andatura e il modo di parlare rispecchiano perfettamente i loro corrispettivi animati, un apprezzabile tributo per tutti i sostenitori della serie ai quali il lungometraggio è evidentemente dedicato.

Trailer: 

 

 

Prossimi eventi

Articoli recenti

Giappone Indie: low quality, poliedricità e mondi immaginari

La cultura musicale giapponese è costellata da artisti e generi che vengono ascoltati in tutto il mondo: dal city pop alle rock band, fino alle sigle degli anime, i musicisti e i cantanti più famosi sono riusciti non solo a creare stili originali e unici, ma a diffondere la cultura nipponica oltreoceano. Tuttavia, sono molti gli artisti che non godono della stessa fama, nonostante le loro capacità e il loro stile sia unico, e l’obiettivo di questo articolo è proprio quello di presentarvi tre artisti, molto diversi tra loro nel genere, stile ed estetica, che rappresentano la piccola grande nicchia musicale dell’indie giapponese.

Leggi tutto

“Shōgun”: dalla storia alla TV

Tratta dall’omonimo romanzo del 1975 di James Clavell, Shōgun è stata la serie televisiva più premiata ai prestigiosi Emmy Awards di questo settembre 2024, con ben diciotto premi ricevuti su venticinque candidature. Lo show ci trasporta indietro nel tempo, nel Giappone del 1600, dove la vita di un naufrago inglese si intreccerà irrimediabilmente con la precaria situazione politica che il paese stava attraversando al tempo. A interpretare i protagonisti di questi eventi, ispirati a fatti reali, sono gli attori Sanada Hiroyuki, anche produttore della serie, Sawai Anna e Cosmo Jarvis.

Leggi tutto

“La fiera delle parole”, di Otokawa Yūzaburō

Il lavoro di un traduttore letterario o di un interprete consiste nel facilitare il più possibile la comunicazione tra lingue e culture diverse – sono professioni caratterizzate da molte sfide, così come da molte soddisfazioni, nelle quali chi “trasporta” il significato da una lingua all’altra può sentirsi coinvolto in una vera e propria “lotta” con le parole. Di queste riflessioni ci parla La fiera delle parole, romanzo di Otokawa Yūzaburō pubblicato da Atmosphere Libri nel 2023.

Leggi tutto