Un Buddha immacolato, alto fino al soffitto, stava ritto, immobile, al centro di raggi di luce abbaglianti. Minoru si rendeva conto che si trattava di un Buddha, anche se i lineamenti dell'apparizione rimanevano vaghi, non si distinguevano né gli occhi né la bocca, i particolari si perdevano nella nobiltà complessiva del suo aspetto. L'espressione del volto, tuttavia, si scorgeva chiaramente: serena e di una dolcezza infinita.
Il Buddha bianco di Hitonari Tsuji è un libro nel quale, se non siete mai stati, vi consiglio di entrare. E’ un romanzo, certo. Ma è anche un luogo in cui pensare, ascoltare il silenzio.
Pubblicato in Francia nel 1999 e vincitore del prestigioso Prix Femina Étranger, è l’unico titolo dello scrittore, regista cinematografico, cantante rock (nel 1985 ha fondato il gruppo Echoes) tradotto in Italia (al quale si aggiunge un racconto apparso nella raccolta “Foglie multicolori del Sol Levante” Narratori contemporanei giapponesi)
Sulla piccola isola di Ono, nell’estremità meridionale del Giappone, la famiglia Eguchi si dedica da generazioni alla forgia delle spade, un’arte antica in cui rivive la fierezza dei primi guerrieri che colonizzarono la regione. È l’inizio del Novecento quando il giovane Minoru decide di seguire le orme paterne e di legare il proprio destino a questo isolato microcosmo rurale, dove il tempo sembra sospeso nell’incanto di tradizioni ancestrali. Con ingegno e forza d’animo, Minoru supera le sfide del progresso che presto cambia il volto dell’isola, i rovesci della sorte, gli orrori delle due Guerre mondiali, ma nel suo intimo, attraverso gli anni, riecheggia un tormentoso interrogativo, legato al significato dell’esistenza, al mistero della morte, al valore della memoria. La risposta coinciderà con l’ultima grande prova della sua vita, e avrà a che fare con la visione di un maestoso Buddha bianco che fin dall’infanzia lo sorregge nei momenti bui.
Se dunque l’interrogativo che imperversa nei pensieri dell’armaiolo Minoru riguarda la possibilità di preservare la memoria di tutti coloro che sono vissuti, la risposta sembra trovarla proprio in questa figura serafica, che lo accompagna da sempre donandogli la forza della fede nei momenti dolorosi .
Il leit-motiv che attraversa queste pagine è dunque la devozione, devozione che sgorga nella quotidianità della vita, una vita semplice, fatta di duro lavoro, di amicizie, di amori, di morte. E’ lei che infonde senso alla vita. La costruzione da parte di Minoru della statua del Buddha bianco, fatta con le ossa dei defunti di tutte le religioni ridotti in polvere, fatta con gli antenati che diventano una cosa sola, rappresenta infatti la devozione: tomba – monumento alla pace, tempio di tutte le fedi.
Se fosse riuscito nell’impresa, le anime degli antenati non sarebbero più state separate… Senza contare che se, tutti insieme, fossero diventati un solo e unico Buddha, le generazioni future non monumento alla pace, tempio di tutte le fedi, perché raccoglie defunti di ogni religione li avrebbero mai dimenticati…Un Buddha che simboleggiasse la promessa di rivedersi nell’al di là. Una sepoltura che non sarebbe mai stata trascurata dai vivi, fino a quando l’isola fosse esistita. Posta in un luogo in cui i nipoti avrebbero potuto comunicare con i loro antenati.
Il Buddha bianco è un libro attraversato dalla quiete e dall’energia della memoria, dalla serenità del ritorno al nulla, ma anche dal racconto di una società tanto lucida quanto iper-violenta. La scrittura di Hitonari Tsuji è pervasa dal realismo magico e da una sorta di elettricità messa al servizio di una storia ricca e profonda, che ci lega e libera allo stesso tempo.