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Terminator Zero, tra distopia e intelligenza artificiale

7 Febbraio 2025
NipPop Staff

Il celebre franchise statunitense ideato da James Cameron, Terminator, torna sugli schermi attraverso una co-produzione giapponese e americana. Si tratta di Terminator Zero, serie anime scritta da Mattson Tomlin e diretta da Masashi Kudō, rilasciata il 29 agosto di quest’anno su Netflix. Ambientata tra il Giappone degli anni Ottanta e quello degli anni Duemila, la serie riprende le tematiche del franchise statunitense offrendo continui spunti di riflessione in merito al progresso tecnologico nella contemporaneità.

La serie, co-prodotta da Skydance Television e Production I.G., segue Malcolm Lee, un ingegnere di robotica che lavora alla creazione di Kokoro, un’intelligenza artificiale (IA) progettata per fermare Skynet, un programma sviluppato dagli Stati Uniti che minaccia di distruggere l’umanità. Ma non solo: protagonista è anche Eiko, una guerriera proveniente dal 2022 che torna indietro nel tempo – proprio nel 1997, per fermare Malcolm Lee ed evitare la guerra tra Macchine e umani che nel futuro distruggerà il Paese. Tuttavia, la ragazza viene seguita da un Terminator, una macchina assassina che è alla ricerca di Malcolm per poter arrestare la realizzazione di Kokoro ed eliminare l’ingegnere e la sua famiglia.

Sin dal primo episodio il futuro che ci viene presentato appare decisamente distopico e post-apocalittico, in netto contrasto con il piano temporale ‘presente’, il 1997. Se alla fine degli anni Novanta la società è in pieno sviluppo tecnologico e i robot convivono pacificamente con gli umani aiutandoli nella gestione dei negozi o nelle faccende quotidiane, nel 2022 la situazione è completamente cambiata. Gli edifici sono distrutti o in rovina, un cielo cupo e tetro domina sul paesaggio urbano, e gli esseri umani sono obbligati a nascondersi per evitare gli attacchi delle Macchine governate dall’IA Skynet. A causa del poco controllo esercitato sulla ricerca e nella corsa verso il progresso, la tecnologia è divenuta senziente e autocosciente e, anziché aiutare gli esseri umani, è votata alla loro distruzione. Si prefigura dunque, parafrasando le parole di Kokoro, un nuovo olocausto, in cui l’umanità brucia per mano delle stesse macchine che ha creato.

L’idea di ‘progresso’ costituisce uno dei temi chiave della storia e ritorna in ciascuno degli otto episodi che compongono la serie, soprattutto nei dialoghi tra Malcolm e l’IA Kokoro dove il concetto viene elaborato in maniera ancora più approfondita. Alla base di questa avanzata inarrestabile sta l’illusione della specie umana di potersi spingere oltre ogni limite, sia per mettere in mostra il proprio potere che per proteggere la propria esistenza – una corsa sconsiderata che porta le Macchine a non essere più strumenti che facilitano la nostra vita ma a volerci distruggere. Come Kokoro stessa afferma, le invenzioni tecnologiche dell’epoca contemporanea non sono altro che creazioni dettate dal “senso egoistico di sopravvivenza” dell’essere umano: sia Kokoro che Skynet, infatti, sono IA progettate da individui che si considerano potenti come divinità.

La serie chiede allo spettatore di riflettere su quella che è la vera portata delle nuove tecnologie soprattutto quando coinvolte in conflitti e dinamiche di potere, dove le diverse fazioni cercano un continuo miglioramento dei propri armamenti al fine di sottomettere il nemico e dimostrare il proprio potere. Le guerre della nostra contemporaneità, così come quelle del futuro, non sono né saranno più conflitti tradizionali, ma vere e proprie battaglie tecnologiche in cui solo chi ha il migliore arsenale può ergersi sugli altri e fare sfoggio della propria potenza e forza.

La particolarità di Terminator Zero, tuttavia, non è solo legata alla rappresentazione distopica del progresso scientifico, ma anche al legame che tale tematica ha con il contesto geografico e storico della serie. Infatti a più riprese si fa riferimento a due grandi eventi storici che hanno lasciato una cicatrice indelebile nella memoria storica del Giappone contemporaneo: lo sgancio degli ordigni atomici alla fine della Seconda Guerra Mondiale. In diverse scene compaiono, ad esempio, delle “nubi fungine” che ricordano quelle originate dall’esplosione di queste bombe che nel 1945 distrussero le città di Hiroshima e Nagasaki. Il trauma della distruzione è ancora presente nella memoria collettiva giapponese, e la serie non nasconde il timore di un futuro ripetersi di una catastrofe simile. Di fatto, Malcolm progetta e costruisce Kokoro proprio per arrestare i missili nucleari statunitensi, comandati da Skynet, che minacciano di distruggere completamente l’umanità.

Un ulteriore riferimento alla storia del Giappone contemporaneo è quello all’attacco terroristico col gas sarin avvenuto nel 1995 nella metropolitana di Tokyo ad opera della setta religiosa Aum Shinrikyō. In una conversazione tra Misaki, la babysitter dei figli di Malcolm, ed Eiko, la prima commenta sul fatto che l’uso della violenza non passi più attraverso armi tradizionali, bensì su armi tecnologicamente avanzate e letali come il gas nervino per piegare l’avversario.

Terminator Zero, quindi, non ignora tutto il background storico e culturale del Novecento, ma ne fa un punto di forza, rielaborando e rappresentando quei traumi collettivi che hanno sconvolto l’opinione pubblica giapponese e internazionale. Proprio per questo, possiamo vedere la serie come un esempio di narrativa della postmemoria. Il concetto di postmemoria, coniato dalla studiosa Marianne Hirsch, si riferisce alla rielaborazione in forma creativa della memoria di eventi traumatici collettivi da parte delle generazioni successive a quella che ha vissuto il disastro in prima persona – una forma di memoria ‘mediata’, che trasmette il ricordo traumatico di ciò che è accaduto attraverso il tempo e lo spazio.

I temi tipici del franchise acquistano quindi un nuovo significato alla luce di queste riflessioni sulla storia recente del Giappone, e allo stesso tempo il maggior peso e rilevanza data all’intelligenza artificiale la riconfigurano come una minaccia ancora più sentita rispetto ai primi capitoli della saga di Terminator.

Oltre a questa riflessione sulla tecnologia e sul rapporto uomo-macchine, sono interessanti anche i riferimenti biblici provenienti dal franchise originale, primo fra tutti il Giorno del Giudizio Universale. La serie è infatti incentrata sul 29 agosto 1997 – il giorno in cui, nel secondo capitolo del franchise di James Cameron, Terminator 2: Judgement Day (1991) – Skynet diviene completamente autocosciente e decide di lanciare i missili nucleari statunitensi in ogni parte del globo. La serie stessa è stata pubblicata esattamente in quella data, mettendone in rilievo ancor più l’importanza simbolica.

Un altro riferimento biblico riguarda la rappresentazione di Kokoro. Il nome di questa IA deriva dall’omonimo termine giapponese scritto con l’ideogramma 心, che significa “mente”, ma anche “cuore” e “spirito”, e nella serie essa si muove fra questi tre significati veicolati attraverso il colore che assume: rosso (mente), verde (cuore) e blu (spirito). L’IA creata da Malcolm è dunque la rappresentazione di una trinità tecnologica che solo alla fine della storia si unirà in una sola entità, un’intelligenza artificiale divina capace di salvare o condannare il genere umano al Giudizio Universale.

La serie non propone un finale definitivo, ma lo lascia aperto all’interpretazione dello spettatore. Ciò potrebbe lasciar pensare che in futuro potremmo assistere a una nuova stagione dell’anime realizzato da Tomlin e Kudō. Nulla è ancora confermato ed è ancora presto per discuterne. Tuttavia, in un’intervista rilasciata a The Hollywood Reporter, Mattson Tomlin ha lasciato intendere che avrebbe intenzione di esplorare il percorso di crescita e il rapporto con uomini e macchine dei tre figli di Malcolm, sfuggiti al massacro, durante l’epoca della guerra tra esseri umani e IA, nel caso in cui la serie venisse rinnovata.

In conclusione, Terminator Zero è un anime che, pur mantenendosi fedele al franchise originale, elabora in chiave più specifica e alternativa, dal punto di vista geografico e culturale, i temi affrontati nell’opera di James Cameron. Attraverso i confronti filosofici tra Malcolm e Kokoro sull’umanità, la sua natura e il suo destino, lo spettatore riflette sull’effettiva dimensione che l’essere umano ha all’interno dell’universo e sui caratteri critici della natura umana. Pur restando fedele alla riflessione proposta dal franchise originale sulla responsabilità dell’essere umano rispetto all’evoluzione tecnologica e all’ambientazione distopica, l’anime introduce delle novità, tra cui la complessità morale di Kokoro. A differenza del franchise statunitense in cui l’unica IA è Skynet ed è un’entità fredda votata alla distruzione dell’umanità, Terminator Zero propone Kokoro come un’intelligenza che affronta scelte etiche e morali importanti come la possibilità di salvare l’umanità. Kokoro è quindi più di una macchina e, rispetto a Skynet, sembra quasi essere dotata di un’anima.

Questa riflessione sulla tecnologia, in particolare sull’intelligenza artificiale autocosciente, risulta essere più contemporanea che mai ai giorni nostri, rendendo dunque l’anime una fonte stimolante di riflessione e dibattito in merito al tema. In un’epoca in cui si sono sviluppati strumenti come ChatGPT e mezzi attraverso cui è possibile creare anche opere artistiche, diventa sempre più importante interrogarsi sulla direzione di questo progresso tecnologico e sui suoi scopi. Diventa quindi fondamentale riflettere sulla responsabilità, soprattutto etica, dell’essere umano nell’ambito dell’innovazione tecnologica e sull’approccio utilizzato. Sfruttare la tecnologia per fare del bene o piegarla alla bramosia umana di potere e supremazia?

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