La letteratura sci-fi è stata a lungo (e a torto) ritenuta un territorio esclusivamente maschile, sia in termini di produzione che di fruizione. Fortunatamente, Donne di un altro pianeta di Ono Miyuki, pubblicato in Italia da Atmosphere Libri nella traduzione di Anna Specchio, è invece uno dei sempre più numerosi esempi di come la fantascienza non solo non discrimini in termini di genere, ma anche di come, quando si parla di distopie e body politics, le scrittrici abbiano da offrire prospettive innovative, in grado di arricchire il genere, proponendo tematiche inedite e diversi piani di lettura.
Questo è sicuramente valido per Donne da un altro pianeta, anche se approcciarsi al testo di Ono Miyuki richiede uno sforzo. Non per la scrittura in sé – lineare e comprensibile – né per la lunghezza dello scritto, una raccolta di racconti brevi. Lo sforzo richiesto al lettore è quello di andare avanti e continuare ad immergersi nelle storie anche quando queste diventano insopportabilmente disturbanti. Scene di stupri, di incesti, di violenze di vario tipo costellano i diversi racconti, mostrandoci una femminilità vittoriosa ed emancipata, a volte crudele, ma soprattutto sempre ammaccata e ferita dalla violenza prevaricatrice del patriarcato.
In Donne da un altro pianeta, primo racconto che dà il titolo alla raccolta, le donne, grazie a dei processi di eugenetica, si sono evolute fino a diventare creature alte due metri o più dotate di artigli e zanne, delle perfette predatrici. Il loro ruolo è quello di proteggere la Patria, sia nel loro ruolo di soldatesse sia assicurando la nascita di figli sani al Paese. Per concepire scendono dal satellite artificiale dove sono di stanza fin sulla Terra, dove vivono gli uomini. Questi, tagliati fuori dai processi di miglioramento della specie, sono esseri deboli, debilitati dall’ambiente ormai inquinato, inaridito e malsano dove sono obbligati a sopravvivere e lavorare. I maschi vivono in attesa che le donne vengano per unirsi sessualmente a loro per poi divorarli al termine dell’amplesso: questo, infatti, sembra essere l’unico onore che viene loro concesso. Violentando gli uomini e poi cibandosene, le donne danno sfogo ai più bassi istinti predatori, passando da vittime a carnefici, ma restano pur sempre schiave di un sistema che continua a dare loro valore solo come madri e generatrici di vita. La protagonista della storia, Yumi, non vuole fare figli e lasciarsi andare alla violenza cannibale per dovere, e riscoprirà il piacere del sesso e del nutrirsi soltanto quando l’istinto materno e la fame diventeranno per lei libere scelte e non ideologia di stato. L’ideale familiare torna ad essere un desiderio femminile solo se e quando non è imposto alle donne da politiche nazionaliste e di controllo del corpo.
L'autrice, Ono Miyuki
Il sesso sembra essere uno dei temi che collega le varie storie. Quando è esperito con l’uomo però, diventa una forma di violenza, operata o subita. Se le donne cacciatrici di “Donne da un altro pianeta” violentano gli uomini, obbligandoli con la forza a possederle così da restare incinte e poter far nascere figli sani per la Patria, nelle altre narrazioni la violenza sessuale riprende la sua forma più antica, dove l’uomo possiede e gode a suo piacere del corpo femminile.
Verrebbe voglia di distogliere lo sguardo, di non proseguire nella lettura, di non essere testimoni dell’orrore e del dolore di cui Ono scrive. Ma è proprio qui che al lettore viene chiesto lo sforzo di resistere e restare, di non diventare complice di una violenza invisibile, squarciando il velo che la nasconde e mostrandola in tutta la sua durezza.
Sia in “Vendere il proprio corpo” che in “To the Moon” i ruoli di sottomissione sessuale vengono ristabiliti in termini eteronormativi. Il sesso diventa un atto che le donne – e dunque i loro corpi – sono costrette a subire, restandone ferite sia fisicamente che psicologicamente. Solo tramite il rapporto con un’altra donna le protagoniste di queste storie possono esperire la dolcezza, conoscere il desiderio che il proprio corpo venga toccato, amato, conoscere la voglia di fondersi con un’altra persona. La sessualità e l’emotività vengono riscoperte e ottengono un nuovo valore solo al di fuori del paradigma eteronormativo e, dopo questo passaggio lesbico di valore catartico, il corpo può essere anche abbandonato: non sarà più vittima dell’uomo, e sarà libero dalla violenza patriarcale.
In “Concepimento Fantasma” invece il corpo della protagonista, Zeth, viene privato della capacità di concepire da un terribile incidente, ma di nuovo la violenza maschile compare, questa volta sotto forma di controllo paterno. Il padre di Zeth infatti, scienziato di grande fama, cerca di influenzare la vita e le scelte della figlia che all’inizio è succube e vittima inconsapevole di questa sudditanza psicologica. Solo l’incontro con un uomo che sembra rifiutare la mascolinità legata agli ideali di possesso e successo permetterà a Zeth di affrancarsi dal rapporto di amore e adorazione per il padre. Tramite un atto incestuoso Zeth si libererà definitivamente dell’ombra paterna, riacquistando il proprio diritto alla maternità o, meglio, alla rinuncia di essa.
Per Ono mostrare come le donne subiscano la violenza dell’uomo e come questa si possa ramificare e colpire, è funzionale a rendere consapevole il lettore delle disparità di genere e delle ineguaglianze che ancora vedono le donne troppo spesso vittime di un sistema patriarcale che le vorrebbe silenziose, obbedienti, madri dalla sessualità mortificata quando non sottomessa al godimento maschile. Non stupisce che l’autrice si sia attirata molte critiche: la mascolinità tende a scoprirsi fragile quando viene posta di fronte ai propri lati oscuri e alle proprie debolezze.
Le protagoniste dei racconti di Ono Miyuki sono, in conclusione, donne scheggiate. Non si sono spezzate di fronte al dolore e alla sofferenza, ma ne portano addosso i segni, fisici sul corpo, psicologici nascosti nelle loro anime e tra i ricordi. Ma ciò non impedisce loro di lottare per un futuro migliore o di andare in cerca di una nuova esistenza, al di là dei binarismi di genere che la società giapponese ancora troppo spesso impone come unico modo di vivere la femminilità e la mascolinità. Ono non sembra offrire vere soluzioni alle dinamiche di genere che ancora affliggono la nostra società, né offre dei modelli da seguire. Cerca piuttosto di renderci consapevoli della realtà. Trovare una soluzione, a questo punto, spetta a noi.