Realista ma anche sensibile e gradevole, Reiwa Uprising (Reiwa ikki れいわ一揆) non ha paura di sfidare apertamente l'establishment socio-politico nipponico, e ci offre uno sguardo schietto sulle contraddizioni della società giapponese attraverso la cinepresa di un maestro del documentario: Kazuo Hara, che NipPop ha avuto l’onore di intervistare in esclusiva.
Il cast di Reiwa Uprising al Tokyo Film Festival 2019. Al centro: Kazuo Hara (regista) (Copyright: TIFF Press)
Viaggio nel Giappone contemporaneo
Realizzato in meno di tre mesi, la genesi di questo documentario ha inizio quando Yasutomi Ayumi chiede personalmente al regista di seguirla nella sua campagna elettorale. Docente all'Università di Tokyo e forse più conosciuta all'estero come una dei pochissimi politici transgender giapponesi, Yasutomi Ayumi è anche nota per essersi candidata a sindaco di Higashi-matsuyama (Saitama) e aver condotto la sua campagna elettorale in sella a un cavallo.
Da partito sconosciuto al 4% alle elezioni
Ed è attraverso di lei che entriamo nel mondo del Reiwa Shinsengumi (れいわしんせんぐみ), neonato partito politico, che sin da subito si è fatto notare per l’eccentricità dei suoi candidati e dei suoi ideali, in aperto rifiuto della politica giapponese tradizionale. A partire dal suo leader Yamamoto Tarō, che ha accettato con entusiasmo di essere ripreso per il documentario lasciando al regista carta bianca e che ha messo insieme una squadra di candidati in poco meno di una settimana. Abolizione della tassa sui consumi, abolizione completa delle centrali nucleari, diritti per la comunità LGBT+, protezione dell’ambiente ed educazione gratuita sono solo alcuni degli ideali del partito, fino a ora mai proposti da uno schieramento politico con tale veemenza in Giappone. Cronologicamente, la pellicola ripercorre le fasi che hanno portato questo sconosciuto movimento a ottenere ben il 4% dei voti alle elezioni in meno di tre mesi dalla sua nascita: dai singoli annunci, ai comizi improvvisati alla stazione di Shinjuku, fino alle campagne elettorali in tutto il Giappone e alla serata finale, con lo spoglio dei voti in diretta televisiva.
I candidati
Da subito, colpisce la franchezza e l’onestà con cui i dieci candidati si presentano alle persone. Si tratta di politici atipici, di persone come tante, anche molto distanti culturalmente tra loro, ma tutte accomunate da un singolo pensiero: il rifiuto verso una società che ormai pensa solo al profitto e al lavoro, e che costringe i lavoratori a sacrifici enormi e a orari di lavoro estenuanti. Per esempio Watanabe Teruko, madre single e lavoratrice part-time a cui sono stati negati i contributi dopo il licenziamento, che non nasconde la sua situazione ma anzi ne fa la sua forza: in un paese come il Giappone dove avere un lavoro fisso che permetta di fare carriera è considerato uno status symbol a discapito del “degradante” part-time, Teruko non si spaventa, rivendicando con forza la propria dignità e chiedendo gli stessi diritti. Mitsui Yoshifumi, ex proprietario di un negozio di una famosa catena di convenience stores che denuncia lo spreco di cibo che avviene quotidianamente nei retrobottega e i turni di lavoro ai quali i dipendenti sono costretti per mantenere in piedi un’istituzione osannata come quella del konbini giapponese, aperto 24 ore su 24, dove si possono trovare prodotti sempre freschi e ciò di cui si ha bisogno quando se ne ha bisogno. “Ma a quale prezzo per la comunità?” ha chiesto ai passanti, nel corso del suo comizio durato otto ore davanti al quartier generale del Seven Eleven.
Funago Yasuhiko e Kimura Eiko sono disabili ma questo non li ha fermati, e hanno accettato la candidatura a membri del Parlamento: “Il Giappone è un paese che costringe i disabili ad accettare volontariamente di vivere nell’ombra” ha affermato Kimura, che soffre di paralisi cerebrale dalla nascita, “Da piccola avevo paura che mi sarei sempre dovuta scusare con tutti di qualsiasi cosa. Ma adesso sono qui perché voglio combattere per i nostri diritti, per i diritti delle persone come noi”. Risultati gli unici due candidati eletti, in occasione dell’arrivo alla Dieta di Funago, che soffre di sclerosi laterale amiotrofica, l’edificio si è finalmente dotato di accessi senza barriere per accogliere i disabili.
Dallo Hokkaido a Okinawa
Il documentario si concentra poi sulle singole campagne elettorali dei candidati, in particolare segue Yasutomi nel suo viaggio attraverso il Giappone, da Tokyo allo Hokkaido a Okinawa, per finire la sua avventura nel Kansai, la sua regione d’origine. Abbiamo già sottolineato l’eccentricità e la forza di carattere di questo politico atipico e non convenzionale, che non ha paura di un confronto diretto in nome dei propri ideali: e lo vediamo più volte, per esempio al tempio Meiji-jingu (Harajuku, Tokyo), quando un uomo in divisa chiede alla troupe di andarsene ma lei ne mette in dubbio l’autorità, oppure a Ginza, quando degli sconosciuti si spacciano per poliziotti e le cose sembrano prendere una svolta pericolosa. Auspicando un ritorno alla semplicità, all’innocenza e alla capacità di sorprendersi, non a caso anche per questa campagna elettorale sceglie un cavallo come compagno: “Chi ha mai visto un cavallo in centro a Tokyo? Vorrei sorprendere le persone e ricordare loro di una cosa che hanno dimenticato: la capacità di immaginare”. E sono molte le facce meravigliate e divertite catturate dalla cinepresa, come sono numerosi i passanti che si fermano ad accarezzare l’animale, ad ascoltare i concerti improvvisati dalla troupe, o anche solo ad ascoltare le parole del candidato.
“Dobbiamo riscoprire l’innocenza che ci è stata tolta dalla società. E proprio per questo dobbiamo proteggere i bambini, che a differenza di noi vedono tutto con occhi pieni di meraviglia”: e non a caso sono i bambini il simbolo di tutto ciò che il Giappone ha perso. Sin da piccoli, vengono sottoposti a un esame dopo l’altro, tanto da essere costretti a frequentare “scuole di preparazione” in vista delle prove di ammissione ai vari licei o università, proprio perché l’ingresso in questa o quella università determinerà quanto successo avranno in futuro: secondo Yasutomi, è per questo che perdono la loro innocenza e capacità di sognare, e vengono assorbiti senza pietà in una società monolitica che pensa solo al lavoro. “I bambini odiano andare a scuola. Aboliamo i compiti e anche le lezioni: la scuola deve essere un’esperienza positiva, non un peso.”
Reiwa Uprising, che si chiude con la conferenza stampa finale post-elezioni e la promessa di continuare a combattere nel futuro prossimo, mette in scena quello che è stato ed è un grido di speranza, il sogno di una rivoluzione sociale e di un rinnovamento di costumi ormai atteso e necessario nel Giappone contemporaneo, una società incredibilmente avanzata sotto il profilo tecnologico ma con un bisogno di cambiamento invocato ormai da fasce sempre più ampie della popolazione. Lontano dai populismi a noi più tristemente familiari, è un esperimento che difende gli emarginati, i diversi, i più poveri e gli indifesi, che nella sua semplicità e onestà non ha paura di sfidare il potere, di qualsiasi tipo, da quello politico fino all’egemonia dei media, in nome della felicità individuale e della propria realizzazione.