Dopo il disastro nucleare di Fukushima conseguente al tremendo terremoto del marzo 2011, molti sono stati gli scrittori giapponesi che hanno dedicato opere di narrativa o di poesia al tema.
Tra questi vi è anche Yoko Tawada, un'autrice nipponica che vive da anni in Germania, e che per l'occasione ha scritto il racconto Fushi no shima (L'isola dell'immortalità). A dispetto della sua brevità, questo racconto ha una trama abbastanza complessa che si stende su diversi piani temporali, e che cercherò di riportare in ordine cronologico.
Nel 2013, in occasione del secondo anniversario dell'incidente di Fukushima, è atteso un discorso dell'imperatore, ma al suo posto si presenta sugli schermi televisivi un uomo mascherato che annuncia lo spegnimento di tutti gli impianti nucleari.
Due anni dopo il governo giapponese viene privatizzato e guidato come un'azienda dal fantomatico “gruppo Z”. Intanto un fisico tedesco annuncia che le radiazioni colpiscono addirittura già a un minimo contatto con il suolo, per cui vengono cancellati tutti i voli per il Giappone. La gente si trasferisce in zone come la prefettura di Hyogo e comincia una vita nuova: acqua pura di montagna, energia solare, abiti e oggetti eleganti della tradizione. Ma incombe il dramma dell’“eterna giovinezza”: gli anziani hanno raggiunto età avanzatissime, e devono accudire giovani gravemente ammalati a causa delle radiazioni.
Nel 2017 un altro grande tsunami sconvolge il Pacifico, ma fuori dal Giappone è possibile osservarlo solo attraverso terrificanti immagini satellitari. Il governo giapponese cerca di rassicurare la popolazione affermando che non vi è stata in questo caso alcuna fuga di radiazioni dai reattori danneggiati, ma adesso nessuno è disposto a dar fiducia a un governo che è diventato un'azienda privata. Nessuno infatti mangia più pesce né cibo raccolto in montagna come ad esempio i funghi: rimangono tutti in casa, nudi, a coltivare fagioli e pomodori. Nelle ore senza luce, un gruppo di scienziati lavora alle proprie ricerche utilizzando il bagliore emesso dalle lucciole.
Il 2023 è l'anno del presente, della voce narrante, una donna giapponese che vive in Germania, la quale viene a conoscenza del fatto che in un'agenzia di viaggi della Chinatown di Manhattan si vendono biglietti aerei per Osaka, ma per acquistarli è necessario recarsi in agenzia di persona. Allora vola in America in cerca dell'agenzia, ma non riesce a trovarla e decide di fare ritorno a Berlino, nel cui aeroporto un'addetta al controllo biglietti si inquieta alla vista del suo passaporto giapponese.
I temi che possono essere rintracciati in questo affascinante e a tratti inquietante racconto a mio avviso sono tre: (I) una critica alle “alte sfere” del governo del Giappone, biasimato per la scelta del nucleare, critica che non risparmia nemmeno l'imperatore: la protagonista osserva con rabbia il crisantemo (simbolo del potere imperiale) raffigurato sul proprio passaporto, che per un attimo le sembra aver subito una mutazione genetica – vede diciassette petali invece che sedici; (II) la reazione degli altri Paesi, che dal 2015 hanno tagliato i ponti con il Giappone e che è ben rappresentata dal terrore della donna dell'aeroporto; (III) un ritorno al passato dopo il nuovo disastro del 2017, a seguito del quale la popolazione torna all'uso di sandali tradizionali, al gioco degli scacchi e del go, alla stampa dei giornali con matrici di legno e ai cantastorie che accompagnano le loro narrazioni con chitarre e koto; non mancano i riferimenti alle arti della tradizione, con un videogame a batterie solari i cui personaggi si muovono in maniera talmente rallentata da ricordare scene del teatro tradizionale No.
Anche in questo suo contributo alla letteratura del “post 11 marzo” la tradizione e il presente si mescolano in uno scenario dai tratti surreali, qui con un accento posto sugli sconvolgimenti sia naturali che culturali a cui può portare l'utilizzo incauto di fonti di energia pericolose.