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La giustizia silenziosa dei collezionisti di tatuaggi, benvenuti nella Smoking

17 Ottobre 2018
Domenico Maria D’Adamo

«Le persone non possono salvarsi a vicenda, ma è possibile estirpare il male della società direttamente alle radici». È questo l’ideale che muove una banda di sicari senzatetto in cerca di vendetta sulla spietata malavita giapponese.

A una prima occhiata, Smoking (スモーキング), serie di dodici episodi prodotta nel 2018 da TV Tokyo in collaborazione con il colosso Netflix, potrebbe sembrare una gangster story come tante altre: violenza, sparatorie, esecuzioni, onore e rispetto, ma Sabe, uno dei protagonisti, non potrebbe essere più in disaccordo.

È un vecchietto enigmatico, dalle infinite risorse e dalle conoscenze pericolose, fondatore appunto di “Smoking”, un gruppo organizzato nella rimozione della feccia della società su commissione. Sabe, detto lo Scorticatore, dimostra una particolare abilità col bisturi, è in grado di rimuovere i tatuaggi distintivi delle vittime, tutti membri della yakuza, con precisione chirurgica, una sorta di prova inconfutabile dell’avvenuta eliminazione per i clienti in cerca di giustizia in un mondo dove le autorità sono corrotte e la polizia inefficace.

Ma è anche una guida spirituale amorevole e premurosa per Goro, ragazzo forzuto addestrato dalla mafia per combattimenti clandestini e fuggito dal suo atroce destino, per Haccho, abile con le armi da fuoco, astuto e spiritoso, macchiatosi di sangue e vergogna e in cerca di verità dopo lo sterminio della sua famiglia, e anche per Hifumin, il membro più giovane della banda, reso muto dallo shock provocatogli dal brutale assassinio della madre da parte di un famigerato membro della yakuza.

Hifumin, in particolare, è un ragazzo sveglio, impara velocemente e si specializza nella preparazione di armi chimiche e medicinali.

Smoking ci insegna che la famiglia non è necessariamente contraddistinta da un legame di sangue, la famiglia è un vecchio gentile, un energumeno di poche parole, uno smilzo dalle bocca larga e un adolescente tormentato che vivono tra i reietti di un paese dai mille volti e dalle più svariate maschere.

La serie è una denuncia visivamente brutale dell’immoralità (è infatti vietata ai minori di 14 anni), di quel degrado sociale che, con le sue esalazioni mortali, imputridisce le città dalle fondamenta.

Il male opera in modi invisibili alla massa, e per poterlo individuare è essenziale essere stati corrotti almeno una volta, proprio come i membri della banda Smoking. Sono uomini in cerca di redenzione che, pur conservando un animo gentile e fiero, sono ben consapevoli del loro vissuto difficile e travagliato, e per questo si sentono autorizzati all’uso della crudeltà a fin di bene. Occhio per occhio, dente per dente.

Sono quindi personalità multiple, nei loro personaggi sopravvivono valori e capacità contrastanti che si riflettono nell’ambiente circostante e nei loro volti. Nelle scene di vita quotidiana si muovono indifesi, semplici, genuini, guadagnandosi da vivere riciclando lattine usate, al pari di tutti i senzatetto che, nella loro povertà, si mostrano generosi e sinceri. Durante le loro missioni, invece, questi eroi a pagamento cambiano d’abito, indossando quegli indumenti stereotipati consoni a gangster di un certo livello, servendosi di tecnologie all’avanguardia, potenti armi e sofisticati congegni per lo spionaggio.

I tatuaggi, che denotano secondo la tradizione l’appartenenza alla criminalità organizzata, diventano trofei di caccia delle più pericolose creature viventi. Chiuse in grossi vasi di formaldeide, i frammenti di pelle dei malviventi risplendono come pergamene preziose.

La narrazione immersiva e spedita dei primi episodi (caratterizzati da un andamento per lo più auto conclusivo) definisce gli scenari di una trama decisamente orizzontale, una ipe-rnarrazione finalizzata all’analisi introspettiva dei protagonisti, animata da flashback che gettano luce sul loro passato oscuro. Gli eventi iniziano così a inanellarsi con precisione conducendo lo spettatore alla rivelazione finale.

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