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‘L’età della convivenza’ di Kazuo Kamimura

3 Dicembre 2017

Pubblicato fra il 1972 e il 1973 in Giappone, Dōsei Jidai (L’età della convivenza),  è un manga seinen di Kazuo Kamimura del 1972, che ha ottenuto un tale successo da diventare per un’intera generazione di giovani giapponesi un punto di riferimento e un simbolo in cui identificarsi. Nel 2017 è stato tradotto in Italia da Paolo la Marca e pubblicato da J-POP in 3 volumi.

Kazuo Kamimura ci porta in un Giappone in cui, come forse ancora oggi, le leggi sociali cercano di rinchiudere gli individui fra le sbarre delle istituzioni, prima fra tutte il matrimonio.

Kyōko e Jirō sono due giovani ancora pieni di speranze e sicuramente immaturi, che però hanno scelto una strada alternativa: la convivenza. Un mondo di quotidianità, di piccoli gesti, tranquillità, ma anche passione vera. Una passione creata da un amore forte ma fuggevole. Un amore instabile come un vaso di vetro sul bordo di un tavolo. Kyōko e Jirō sanno di potersi mandare in pezzi a vicenda e non fanno che ferirsi e sfiorarsi, ed è difficile dire se il loro amore sia una danza o una battaglia.

La felicità e l’infelicità sono concetti indefiniti. Ma va bene così. Mi piacciono le cose eteree, quelle che possono rompersi facilmente, quelle simili a una bugia, quelle che somigliano a un sogno. Mi piacciono le cose fuggevoli.

Questa visione dell’amore si contrappone a quella tradizionale, che può portare a episodi drammatici fatti di violenza, indifferenza e frustrazione da parte dei coniugi. Kamimura ce ne dà prova fra pagine ricche di metafore e nelle tante, brevissime storie inframmezzate alla storia principale.

Così ci viene illustrata la realtà multiforme e disomogenea della vita in Giappone. Vediamo bambini e anziani perversi, famiglie apparentemente felici ma piene di segreti, un sacerdote pentito, persone che lottano contro se stesse e contro le proprie malattie, e alcune non ce la fanno a sopportare ciò che la vita ha riservato loro.

Dōsei Jidai è un manga all’insegna della libertà: libertà di scelta del proprio ruolo, libertà nell’amare, libertà di cambiare. Ma mostra anche il volto della prigionia. Di chi si sente in gabbia. Di chi credeva di poter scegliere.

Ho comprato un limone chiamato “amore” con una falsa banconota chiamata “amore”. Aveva un sapore chiamato “indifferenza.

Ho comprato una droga chiamata “amore” con una falsa banconota chiamata “amore”. Ho ricevuto un resto chiamato “odio.

Sono arrivato in un porto chiamato “amore” con una falsa banconota chiamata “amore”. La nave chiamata “felicità” era appena partita.

Eppure anche per i protagonisti l’incomprensione è dietro l’angolo. Kyōko cresce ma Jiro resta il solito egoista, un bambino capriccioso. Quando Kyōko resta incinta non crede di essere in grado di portare avanti quel tipo di vita. Questo le crea uno squilibrio mentale, perché, per quanto sia una donna forte, è anche allo stesso tempo fragile e sensibile. Nel suo cuore porta pesi che Jirō non ha compreso.
Jirō sembra assente, lavora duramente come disegnatore per alcune riviste. Ma anche Kyōko lavora.
Jirō fa l’amore con Kyōko ma vede solo le proprie frustrazioni, non quelle di lei. Lui non sa cosa vuole e ma lei non ama affatto la precarietà.

Detestiamo i nostri padri e le nostre madri. Un giorno o l’altro, però, diventeremo come loro.

Dentro quell’appartamento di Tokyo i protagonisti vivono il trascorrere delle stagioni, vedono i fiori sbocciare sul balcone, le corolle di ciliegio e di convolvolo. Viaggiano insieme attraverso luoghi dove la natura è rigogliosa come la loro passione, e noi nel leggere queste pagine rimaniamo affascinati dai disegni dell’artista, che sembra voler porre in contrasto la morbidezza e l’eleganza del pennello con le emozioni struggenti dei due giovani.

Dōsei Jidai  riesce grazie ai toni realistici e crudi, ma talvolta anche dolci e delicati, a rappresentare uno scorcio di vita che ognuno di noi potrebbe vivere o aver già vissuto. E’ più di un semplice manga perché è in grado di trasformare il nostro modo di vedere le cose e di farci comprendere cosa si nasconde fra le pieghe di un sentimento complesso come l’amore.

L’amore è sempre pieno di errori. Se c’è bellezza nell’amore lo si deve agli errori commessi da un uomo e una donna. Se l’amore finisce sempre tra le lacrime è perché fin dall’inizio ne è stato la dimora. Il tempo in cui si ama: l’età della convivenza.

 

 

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