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In un gioco di specchi: La donna dalla gonna viola di Imamura Natsuko

18 Agosto 2021
Giulia Colelli

Fascinazione, infatuazione e ossessione si intrecciano e si riflettono in La donna dalla gonna viola (Murasaki no sukaato no onna むらさきのスカートの女), romanzo di Imamura Natsuko edito in Italia da Salani Editore nella traduzione di Anna Specchio.

Candidata per tre volte al premio Akutagawa (la prima volta con il suo romanzo Ahiru あひる, 2016), Imamura Natsuko è finalmente riuscita nel 2019 a conquistare l’ambito premio letterario con La donna dalla gonna viola, bestseller in patria ma non solo: è stato tradotto infatti in inglese, spagnolo, cinese e svedese.

In un tranquillo quartiere residenziale di una grande città vive una donna. Una figura che attira l’attenzione senza volerlo: vestita sempre con la stessa gonna viola, i capelli stopposi, così abitudinaria nelle sue azioni che ormai la gente del vicinato sa già in quale panetteria si fermerà e su quale panchina del parco (ormai ‘riservata’ a lei) si siederà. Una figura che esercita un certo fascino, con la quale nessuno parla ma che tutti conoscono, e alla quale i vicini hanno anche legato delle superstizioni particolari: se la incontri due volte porta fortuna, se la incontri tre volte porta sfortuna. 

(Imamura Natsuko)

Ma c’è una persona in particolare che sa tutto della donna dalla gonna viola: un’altra donna, che si autodefinisce “dal cardigan giallo”. È attraverso il suo sguardo che seguiamo l’intera vicenda, e già dalle prime pagine è evidente che la narratrice segue e spia ossessivamente la donna dalla gonna viola, appostandosi in tutti i luoghi che frequenta regolarmente per osservarla di nascosto.

Già dalle prime pagine la somiglianza fra le due figure colpisce il lettore: entrambe frequentano lo stesso quartiere, la stessa galleria commerciale, lo stesso parc; entrambe non hanno un lavoro fisso ma passano da un lavoretto stagionale all’altro; entrambe vivono da sole. Ma se da un lato la donna dalla gonna viola è una figura nota nel quartiere, dall’altro chi la osserva sembra scomparire nel flusso costante di gente che entra ed esce dai negozi del vicinato:

Se lei è ‘la donna dalla gonna viola’, io sono ‘la donna dal cardigan giallo’. Purtroppo però ‘la donna dal cardigan giallo’ non è conosciuta tanto quanto ‘la donna dalla gonna viola’. Quando ‘la donna dal cardigan giallo’ cammina lungo la galleria non se ne accorge nessuno, ma appena arriva ‘la donna dalla gonna viola’ la situazione cambia. 

La narratrice non si limita però a osservare la donna dalla gonna viola da lontano: desidera conoscerla, averla accanto a sé, essere sua amica, e per questo inizia a “spingerla” nella direzione a lei più favorevole. Si adopera per farle ottenere un colloquio come donna delle pulizie nello stesso albergo dove lei stessa lavora, e le regala di nascosto vecchi campioncini di shampoo per far sì che si presenti al meglio, con i capelli puliti.

La donna dalla gonna viola inizia quindi a lavorare nell’hotel e a stringere amicizie con le colleghe e con il capo, con il quale intreccerà poi una relazione clandestina (l’uomo è sposato). Ma la donna col cardigan giallo aveva già previsto tutto e, anche se all’inizio è felice che l’altra sia stata ben accolta nel gruppo di lavoro, ben presto la gelosia prende il sopravvento: la donna dalla gonna viola, infatti, non è diventata sua amica come sperava. La narratrice, allora, decide di mettere in atto un nuovo piano per allontanarla dagli altri e avvicinarla sempre di più a sé, fino a rendersi assolutamente indispensabile per l’altra in un momento di fragilità e vulnerabilità.

Diversi sono i temi del romanzo: sicuramente l’ossessione, il bisogno di controllo che si spinge fino ad arrivare a manipolare un altro essere umano per raggiungere i propri fini. Fra le due donne si instaura una relazione atipica e a senso unico, che potremmo definire parasociale: la donna dal cardigan giallo è convinta di conoscere l’altra nel profondo, di sapere tutto di lei, e di essere legata a lei a doppio filo. Ed è convinta soprattutto di essere ricambiata in questa sua ‘infatuazione’. Dall’altro lato però, la donna dalla gonna viola non mostra di riconoscere la narratrice, né di avere con lei quel rapporto così stretto che l’altra immagina.

Tuttavia, il finale del romanzo ci induce a dubitare: è davvero così? La donna dalla gonna viola è davvero così ingenua come sembra? Chi è che manipola chi? Le due donne, le loro vite, le loro passioni si intrecciano in una spirale, le loro figure riflesse l’una nell’altra come in uno specchio.

Non manca anche un elemento di critica sociale: è impossibile non notare come chi vive al di fuori o ai margini della ‘società’, ovvero chi rifiuta di trovare un impiego fisso in una grande azienda per vivere di lavori part-time o temporanei, sia quasi ‘invisibile’ per tutti gli altri. Nessuna delle due donne ha relazioni stabili, la narratrice menziona all’inizio una sorella che però non compare mai nel romanzo, neanche quando la donna finisce per perdere la casa e vivere per strada, e gli abitanti del quartiere la evitano. Solo i bambini, nella loro schiettezza e innocenza, sembrano notare e interagire con le loro figure che si aggirano per il parco e per la galleria commerciale. Una condizione di invisibilità e ‘separazione’ rispetto agli altri che ci fa riflettere su quanto le relazioni familiari e interpersonali siano cambiate e stiano ancora cambiando in questi anni di iper-connessione, spesso e volentieri solo virtuale.

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