Come nelle ultime due edizioni, anche quest'anno il Festival del Cinema Ritrovato di Bologna presenta una sezione interamente dedicata alla progressiva transizione dal muto al sonoro nel cinema giapponese.
In co-produzione con il National Film Center – The National Museum of Modern Art di Tokyo, la retrospettiva porterà nelle sale del Cinema Lumiére preziosi lungometraggi giapponesi grazie al lavoro dei curatori Johan Nordström e Alexander Jacoby.
La sezione Il Giappone parla! Parte terza (dal 28 giugno al 5 luglio), come nel caso delle precedenti edizioni, si focalizza non su uno o più autori in particolare, ma sulle case di produzione: protagonista stavolta è la Shōchiku, nata nel 1895 su iniziativa dei fratelli Otani Takejirō e Matsujirō. Se le sue prime attività vertono esclusivamente sugli spettacoli kabuki, nel 1920 si apre alla produzione cinematografica specializzandosi in jidaigeki; in seguito la Shōchiku si caratterizza per l'impronta realista dei suoi film e per essere l'unica casa di produzione con cui lavora il regista Ozu Yasujirō.
Dagli anni Trenta in Giappone i film muti si affiancano ai sonori nella produzione nazionale; solo nel 1936 il sonoro arriva a rappresentare la maggioranza, sebbene la realizzazione di film muti perduri ancora fino alla Seconda Guerra Mondiale. Scopo della retrospettiva è illustrare questo cambiamento tecnologico nella tormentata esperienza della modernità attraverso film talvolta mai giunti in Italia. I titoli:
Hanayome no Negoto (1933) di Gosho Heinosuke – Ureshii Koro (1933) di Nomura Hiromasa – Nakinureta Haru no Onna yo (1933) di Shimizu Hiroshi – Tonari no Yae-chan (1934) di Shimazu Yasujirō – Shunkinsho: Okoto to Sasuke (1935) di Shimazu Yasujirō – Gubijinso (1935) di Mizoguchi Kenji – Ojo Okichi (1935) di Takashima Tatsunosuke – Hitori Musuko (1936) di Ozu Yasujirō.