Divinità, compagni delle streghe, eroi popolari i neko (gatti) hanno sempre affascinato l’uomo e ne hanno influenzato la cultura, e il Giappone non fa eccezione: i felini popolano le leggende come figure benefiche e/o malevole, quanto mai vive nella cultura popolare. La passione per i gatti non si è interrotta con l’avvento dei tempi moderni, ed essi sono presenti in tante opere letterarie, la più famosa delle quali è sicuramente Io sono un gatto di Natsume Sōseki. E proprio come in questo romanzo, non sono solo delle comparse all’interno di una storia, ma ne fanno intimamente parte, come nei racconti presenti nel volume a cura di Diego Cucinelli.
La raccolta ci propone le varie storie in ordine cronologico, dal 1909 al 2007, a partire da Neko no haka 猫の 墓 (La tomba del gatto) di Natsume Sōseki 夏目漱石, tratto da Neko no haka-chichi, Sōseki no omoide 猫の墓 父・漱石の思い出 (La tomba del gatto, in ricordo di mio padre Sōseki): il gatto al centro del racconto è lo stesso a cui è ispirato il protagonista di Io sono un gatto, il già citato e famosissimo romanzo dello stesso autore. La tomba del gatto narra gli ultimi giorni di vita del micio di casa Natsume, ma, nonostante il filo conduttore, sono le caratteristiche psicologiche degli attori umani della storia e come questi ultimi vengano influenzati dalla morte del gatto a essere al centro dell’attenzione.
Segue Neko 猫 (I Gatti, 1921), di Terada Torahiko 寺田 寅彦 , accomunato a Neko no haka dal fatto che entrambi i racconti sono autobiografici e che, nonostante protagonisti siano i gatti, il tema principale è il cambiamento e/o il sentimento che questi stimolano negli esseri umani. Neko è narrato in prima persona dall’autore, e racconta di come da adulto i gatti, che prima lo lasciavano indifferente, siano entrati nella sua vita. Mi resi allora conto che i felini avevano guadagnato una posizione più alta nella mia classifica degli animali, sono le sue parole.
La bellezza di Neko sta nella sapiente descrizione del crescente interesse e poi affetto verso i gatti in tutti gli abitanti della casa, un affetto nato in modo fortuito e non forzato, trasmesso perfettamente ai lettori tanto da che possono cadere loro stessi vittima del fascino dei mici al centro di questo racconto.
Neko no jimusho 猫の事務所 (L’ufficio dei gatti), scritto da Miyazawa Kenji 宮沢 賢治, è uno dei due racconti della raccolta in cui i gatti sono antropomorfizzati: lavorano in un ufficio, hanno un capo ed una gerarchia. Scritto nel 1926, è uno dei primi racconti nella letteratura giapponese, in cui viene affrontato il tema del mobbing e della discriminazione: la gerarchia interna dell’ufficio è legata infatti al colore del pelo. La fiaba ha come obiettivo principale la denuncia delle ingiustizie, tema caro all’autore – che lo affronta in altri suoi scritti – e non vi è un vero lieto fine, ma rimane piuttosto al lettore la consapevolezza che il problema non sia stato risolto. In altri termini, non arrivando a una conclusione vera e propria, la storia ci coinvolge e ci spinge a riflettere su come noi affronteremmo questo tipo di situazione.
Il quarto racconto, Neko 猫 (Il gatto) scritto da Uchida Hyakken 内田 百間 nel 1934, è un breve testo legato all’immaginario soprannaturale che si è creato ai gatti. Esistono infatti numerose leggende giapponesi che vedono protagonisti nekomata o bakeneko, gatti spettrali che interagiscono con gli spiriti. La storia qui riportata, apparentemente comune, è resa in modo perfetto grazie allo stile della scrittura. Infatti, fin dalle prime righe si percepisce come qualcosa sia fuori posto, non solo per il modo in cui vengono rese le descrizioni degli eventi, ma anche per come questi di fatto si realizzano: a un primo impatto sembrano svolgersi in modo normale, eppure c’è sempre qualche particolare bizzarro che trasmette una strana sensazione di disagio.
Neko machi 猫町 (La città dei gatti) di Hagiwara Sakutarō 萩原 朔太郎 è, come il precedente, legato al soprannaturale, a un nekogami in questo caso, ed è raccontato in prima persona. Lo stile cattura immediatamente, nel momento in cui riesce a confondere le idee e a far provare a noi lettori lo stesso disorientamento del protagonista, che durante una passeggiata si smarrisce e si ritrova in una strada città popolata da gatti. Il protagonista riesce a trovare una spiegazione razionale a tutto ciò, tuttavia gli rimane il dubbio che esista davvero da qualche parte nell’universo una città popolata solo da felini.
Daiōneko no byōki 大王猫の病気 (La malattia del re gatto) di Umezaki Haruo 梅崎 春生, del 1954, è, come L’ufficio dei gatti, una fiaba dal finale amaro che ha lo scopo di criticare la società contemporanea e, come altre produzioni dell’autore, cela il tema di fondo, mai menzionato esplicitamente, cioè la guerra.
La fiaba narra del Re Gatto: questi inavvertitamente si morde la lingua e viene prontamente soccorso dai suoi sudditi, ai quali vengono affidati diversi compiti in base al ruolo e al lignaggio. Tutti dimostrano un’uncrollabile fedeltà, nonostante emerga che il sovrano ben poco si curi dei suoi sudditi.
Nel prosieguo del racconto, la fiaba però gradualmente si trasforma da una storia di gatti al racconto del conflitto americano-giapponese, con un richiamo per altro chiaro alle “truppe speciali d’assalto”, tokkōtai, mandate a schiantarsi con gli aerei sulle navi nemiche.
Neko no kubi 猫の 首 (La testa del gatto,1969) di Komatsu Sakiō 小松 左京 è diverso da tutti gli altri racconti presenti all’interno della raccolta. Infatti è ambientato in un prossimo futuro dove un misterioso nemico, la cui identità viene svelata solo alla fine, dà la caccia ai gatti aiutato dal governo con cui ha preso accordi. La storia segue la vita di un uomo che nasconde in casa una gatta incinta, e mostra come l’affetto verso questi animali e l’idea che vengano trattati ingiustamente portino a fare grandi cose anche gli uomini comuni.
Ansatsusha 暗殺者 (L’assassino delle tenebre,1976) di Kanai Mieko 金井 美恵子, è un racconto breve e volutamente crudo nella narrazione. Il gatto qui è portatore di morte, e la padrona di casa lo accoglie come un ospite. Il felino e la donna parlano, ma non solo: la presenza del gatto fa sì che i ricordi riempiano la stanza e lei veda immagini del suo passato, dei vecchi amori e dei rimpianti. La storia riprende il legame del gatto con la morte, anzi il micio in questo racconto ne è l’emissario, ne porta l’annuncio e accompagna gli esseri umani verso la fine.
Kuroneko no ie 黒猫の家 (La casa della gatta nera,1989) di Kurahashi Yumiko 倉橋 由美子, è un racconto estratto da Yume no kayoiji 夢の通い路 ( Le vie dei sogni,1989). La protagonista, Yamada Keiko, interagisce con il paranormale, e la vicenda si sviluppa attorno a un video erotico intitolato La gatta nera, girato da Kamiya, un artista amico del marito della protagonista. Il video sconvolgerà i protagonisti, in quanto ritrae un rapporto tra il regista e una gatta nera di dimensioni umane. Il racconto ci porta a espolare il lato erotico della figura felina, ispirato dalle movenze sinuose dei gatti, e, mentre lo si legge, si ha l’impressione di essere a metà tra il sonno e la veglia, di passare continuamente dall’uno all’altra senza mai riuscire a sentirsi totalmente nella realtà.
(Kawaigaru kara 可愛がるから (Li amava anche troppo, 2007) di Kyōgoku Natsushiko 京極 夏彦, è un racconto spettrale che fa parte di un’antologia creata dall’autore sulla falsa riga della letteratura del periodo Edo, ma con una fondamentale differenza: le opere di Furuikaidan 旧怪談 ( Antiche storie spettrali, 2007) sono incentrate sullo sviluppo della trama e sulla psicologia dei personaggi, al contrario delle storie raccontate in Mimibukuro 耳袋 (Voci di strada, 1814), che mettevano al centro gli eventi sovrannaturali. Il racconto parla di una possessione felina di cui è vittima la moglie del protagonista a opera della vecchia gatta di casa, e sono la complessità e la psicologia di tutti personaggi coinvolti a elevare il racconto da semplice storia di fantasmi a qualcosa di più complesso e maturo.
Gatti giapponesi è senza dubbio un libro che merita di essere letto, raccoglie opere letterarie molto differenti tra loro, non solo per il genere letterario ma anche per lo stile. Sono fondamentali per la lettura e la comprensione le schede relative agli autori e ai racconti, che forniscono il contesto storico e i riferimenti culturali necessari. Molto interessante è anche l’introduzione, che sottolinea l’influenza dei gatti non solo sulla letteratura giapponese ma sull’intero panorama artistico.