Come definire il colore del cielo, sempre cangiante? Quale colore ha il dolore, quale il pianto? Laura Imai Messina torna in libreria con il suo ultimo lavoro, Il Giappone a colori (Einaudi, 2023, con le illustrazioni di Barbara Baldi), e ci accompagna in un viaggio alla scoperta di tutte quelle sfumature di colore nascoste e spesso sfuggenti che si celano nei meandri della lingua giapponese.
Tutto parte da una parola, anzi da un singolo kanji: quello di iro 色, “colore”. Un ideogramma solo in apparenza semplice, perché nelle sue diverse pronunce e declinazioni si nascondono significati e connotazioni che vanno oltre il ‘colore’ in sé e per sé e si allacciano metonimicamente alle emozioni e alle passioni che ci colorano il viso. Lo spiega bene Laura Imai Messina, autrice ormai affermata come una delle voci italiane più seguite fra quelle che raccontano il Giappone, nell’introduzione al suo “bugiardino per un viaggio nei colori”, come lei stessa lo definisce.
Questa avventura cromatica parte da tre colori ‘di base’, così quotidiani da illuderci nella loro apparente semplicità: il grigio, il bianco, il nero. Sembrano facili da definire e visualizzare nella nostra mente, ma osservando con attenzione il mondo attorno a noi queste tre tonalità si separano, si mescolano ad altri colori, si confondono fra di loro e si frammentano in tantissime altre sfumature: il color lama smussata, nibi-iro 鈍色, ad esempio, oppure il color vecchio e sbiancato, furuzare-iro 古晒色, o ancora il color brace spenta, keshizumi-iro 消炭色.
Illustrazione di Barbara Baldi
Il Giappone a colori non scade mai nell'esotismo, nella glorificazione più superficiale o nel tono accondiscendente tipico di certi manuali, ma è un vero e proprio excursus nel mondo dei colori in Giappone – o, più precisamente, nel modo in cui la lingua e la cultura giapponese hanno ritagliato e dato una definizione specifica a pezzetti sempre più piccoli e specifici di realtà, trasformandoli in una palette variegata e legata a doppio filo alla storia culturale, ma anche letteraria e politica, del paese. Basti pensare, ad esempio, alle leggi suntuarie sull’abbigliamento di epoca Edo che proibivano a tutti coloro che non facessero parte delle classi più alte di vestirsi con colori e tessuti pregiati, riservati solo ai cittadini di alto rango. Una manovra politica che, come spiega l’autrice in un capitolo dedicato, aveva l’obiettivo di mantenere intatto lo status quo e il dominio dell’aristocrazia guerriera di fronte a una classe media sempre più ricca e desiderosa di una vita agiata, e che sortì l’effetto di spingere in realtà i cittadini comuni a mettere in atto tutta una serie di stratagemmi per poter esprimere la loro personalità senza trasgredire quelle leggi che li obbligavano a scegliere fra pochi colori permessi: marroni, grigi, blu scuri.
Anche solo da questo racconto appare evidente come i colori e il loro uso, le loro connotazioni, non possano essere scisse da quella che è la storia politica e culturale di un paese. Un argomento senza dubbio affascinante, che ci permette di gettare uno sguardo sui modi diversi in cui la percezione dei colori e delle sfumature funziona attraverso lingue diverse – “le cose esistono quando le vediamo, le cose esistono ancora di più quando le chiamiamo” (p. XII), per dirlo con le parole dell’autrice.
Illustrazione di Barbara Baldi
Fra i pregi di questo volume c’è sicuramente la accuratissima e dettagliatissima ricerca che Imai Messina ha condotto non solo su quelle fonti più vicine all’argomento, come i manuali obbligatori per ottenere la “Certificazione della conoscenza dei colori”, ma spaziando in lungo e largo fra l’arte, il teatro, la storia, la letteratura, e anche la filologia. Ognuno dei termini presentato nel testo è diligentemente accompagnato dalla trascrizione in caratteri latini e dall’originale in kanji, e spesso gli ideogrammi sono analizzati anche dal punto di vista della loro origine e dei loro significati attraverso i secoli. Una ricerca che, come scrive l’autrice stessa nell’introduzione, ha fatto sì che questo fosse un libro scritto con calma, senza accelerare, senza saltare con affanno da una sfumatura all’altra, ma lasciando il tempo a ognuna di queste tinte di respirare, di svelarsi attraverso le parole e le sensazioni.
Tuttavia, quello in cui Laura Imai Messina ci accompagna non è solo un viaggio fra i colori. È un viaggio nel tempo alla scoperta di epoche e periodi diversi della storia giapponese: dalle tinte usate alla corte imperiale in epoca Heian nei periodi di lutto, ai ‘colori proibiti’ che potevano essere usati solo dalla nobiltà di alto rango in epoca Edo. Ma anche un viaggio nella letteratura, dalle poesie di Matsuo Bashō e dai romanzi di fine Ottocento di Natsume Sōseki al Libro d’ombra di Tanizaki Jun’ichirō, e, soprattutto, un viaggio alla scoperta di luoghi e paesaggi lontani dalle consuete e inflazionate mete turistiche.
Primo fra tutti, forse uno dei luoghi più affascinanti fra quelli raccontati: l’Ufficio Postale alla Deriva sull’isola di Awashima. Un ufficio postale che raccoglie tutte le lettere spedite e mai arrivate a destinazione: lettere a vecchi amici, amanti, familiari usciti per un motivo o l’altro dalle nostre vite, lettere destinate a persone che non le leggeranno mai. Un tuffo nella nostalgia dal colore grigio, e proprio per questo punto di partenza del viaggio di Laura Imai Messina all’interno dei colori. Un luogo che, nella sua poesia e nel suo tendere una metaforica mano verso persone ormai irraggiungibili, ricorda un altro luogo legato non solo al grigio della separazione ma anche alla visione poetica e artistica della scrittrice: il telefono del vento, la cabina telefonica che raccoglie le voci di quanti desiderino parlare con i propri cari scomparsi attorno a cui ruota uno dei romanzi più famosi di Imai Messina, Quel che affidiamo al vento (Piemme, 2020).
Illustrazione di Barbara Baldi
Il Giappone a colori è, per concludere, un libro che da un lato ci offre un punto di vista nuovo e ancora inesplorato all’interno del panorama editoriale italiano (seppure in un settore di mercato in forte crescita), e dall’altro attesta ancora una volta il talento di Laura Imai Messina nell’esplorazione e nell’indagine accurata e precisa di fonti, collegamenti e motivi, e soprattutto nel raccontarci un paese dalla storia e dalla cultura complesse senza appiattirlo in facili stereotipi. Un saggio consigliato a chi si è appena affacciato in questo mondo e desidera scoprire di più, ma anche a chi è già un appassionato e ha voglia di guardare con occhi nuovi – e con colori nuovi – il Giappone in tutte le sue sfumature.