Doll, di Yamashita Hiroka, è un romanzo avvincente e controverso che esplora il confine sottile tra realtà e fantasia, amore e solitudine. Pubblicato nel 2015 e vincitore della 52esima edizione del premio letterario Bungei, l’autrice affronta tematiche complesse legate all’identità e alle relazioni umane nel contesto della società attraverso una narrazione profonda e coinvolgente, contemporanea.
La storia ruota attorno ad un protagonista solitario, Yoshizawa, studente delle medie senza amici o legami davvero stretti con la famiglia. Sua unica passione e fonte di temporanea serenità in una esistenza travagliata sono le bambole, vero e proprio filo conduttore di tutto il romanzo, come lo stesso titolo ci suggerisce. Il ritrovamento casuale di una vecchia bambola per strada risveglia in Yoshizawa un desiderio rimasto assopito per diverso tempo: potrebbe trattarsi di un desiderio carnale ma, trattandosi di un oggetto, la si può definire un’attrazione sessuale incontrollata e viscerale.
Questo impulso spinge il nostro protagonista ad acquistare una love doll, una bambola dalle fattezze realistiche progettata per soddisfare ogni desiderio. Oltre al loro uso come oggetto di piacere, molte persone utilizzano questo tipo di bambole come compagnia o come parte di un’esperienza emotiva, come nel caso di Yoshizawa. Il protagonista tratta infatti la sua love doll come una fidanzata vera e propria. Le compra vestiti, si confida con lei, pianifica minuziosamente le tappe della loro relazione. Cosa più importante, le dà perfino un nome: Yurika, rendendola a tutti gli effetti un’amante reale ai suoi occhi, nonostante sia consapevole della sua natura di silicone e gommapiuma.
Se inizialmente il lettore potrebbe sentirsi confuso e disorientato dalla storia, i comportamenti insoliti di Yoshizawa riescono ad apparire più comprensibili man mano che si scopre lo scenario quotidiano che circonda il protagonista. La famiglia ricopre un ruolo assolutamente marginale nella sua vita: i genitori sono divorziati, e il padre è praticamente un estraneo; la madre invece, a causa del suo lavoro, si trova quasi sempre fuori casa e anche quando non è impegnata Yoshizawa limita al minimo indispensabile le interazioni con lei, tanto da arrivare a paragonarne l’esistenza a quella di un animale indesiderato.
“Era come sentire l’andare e venire, lo strisciare, di topi, scarafaggi o altre creature infette, con cui di solito non si ha realmente alcun contatto”.
Il disgusto nei confronti della madre è niente rispetto all’odio che Yoshizawa prova per sua sorella maggiore: considerata una mina vagante perché impulsiva e instabile, la ragazza troneggia sul fratello imponendosi con prepotenza e distacco.
L’atteggiamento della sorella ricorda in nuce quello dei bulli che ogni giorno tormentano Yoshizawa a scuola. Quello del bullismo è uno dei nuclei tematici più importanti del romanzo e fattore determinante dei comportamenti devianti del protagonista. La condizione di isolamento a cui questo ragazzino è sottoposto lo spinge a rintanarsi ancora di più in sé stesso e lo rende totalmente incapace di reagire alle angherie subite. La sua rabbia crescente invece è indirizzata ai propri compagni di classe che con la loro omertà si rendono complici degli stessi bulli.
È interessante notare anche come gli spettatori tanto odiati dal protagonista di solito siano ragazze, oggetto allo stesso tempo sia di desiderio che di repulsione. La profonda vergogna e il senso di inferiorità porta infatti Yoshizawa ad assumere un atteggiamento ambivalente: da una parte per paura di un rifiuto si rintana nella sua relazione fittizia con Yurika; dall’altra, desidera cancellare disperatamente le umiliazioni subite, imponendosi a sua volta sulle proprie compagne di classe, agognando un atto sessuale violento e liberatorio.
“In quel momento ho sentito l’urgenza di fare qualcosa. Volevo correre per poi gettarmi sulla ragazza. Spogliarla della tuta di ginnastica. […] A quel punto sarei stato io ad abbassarmi i pantaloni e mutande davanti a tutti. E non me ne sarebbe importato niente.”
Il nostro giovane protagonista si ritrova ad essere una vittima, un outsider, respinto dai compagni di scuola e dalla propria famiglia. Incapace egli stesso di comprendere sé stesso e i propri sentimenti, non riesce in alcun modo ad integrarsi in quelle che sono le aspettative sociali. Sembrerebbe che l’unica sua consolazione si possa ritrovare in un oggetto inanimato, ma anche la storia con Yurika è destinata a terminare nel peggiore dei modi, lasciando il protagonista senza una via di scampo.
In conclusione, Doll è un romanzo che sfida le convenzioni e invita a riflettere su temi attuali e rilevanti quali bullismo, isolamento, rapporti umani (e non); e soprattutto, seguendo i criteri di una visione relativistica, spinge il lettore a chiedersi cosa delle azioni del protagonista sia effettivamente contestabile dal punto di vista etico, o se sia semplicemente un personaggio troppo stravagante per i canoni imposti dalla società. È una lettura a primo impatto disturbante, anticonvenzionale ma sicuramente in grado di stuzzicare la curiosità del lettore tanto da spingerlo a concludere il romanzo tutto d’un fiato.