Bella ed elegante l'edizione Einaudi in cui è uscito nel 2013 in italiano questo racconto ben costruito di Murakami. Siamo assai lontani dall'inutile verbosità dei tre libri di 1Q84, che mi pare abbiano trovato origine in un'interessante intuizione che non è però riuscita ad avere uno sviluppo coerente, dando vita a una scrittura che sembra essere scappata di mano all'autore e abbia preso a girare in tondo tra effetti speciali, un po' di erotismo e molta maniera.
In A sud del confine, a ovest del sole (trad. di Mimma del Petra), invece, il lettore incontra un Murakami più sobrio e perfettamente padrone della narrazione. La trama è semplice: un uomo di cultura, appassionato di libri e di jazz, riesce – grazie ai suggerimenti e alle ingenti risorse del suocero maneggione – a orientare la sua passione verso un'attività soddisfacente ed economicamente appagante come la gestione di un paio di locali dove si suona buona musica, si beve bene, ci si incontra e ci si scambiano frammenti di vita. Una vita – quella del protagonista – regolare, sicura, che si svolge all'interno di un matrimonio appoggiato più sulle abitudini che fondato sull'amore. Parallela a questa, una seconda vita mentale occupata da un passato sentimentale irrisolto, l'attrazione per una ragazza solitaria e claudicante persa di vista, ma mai dimenticata; un'affinità elettiva rimasta inespressa nelle sue pulsanti potenzialità. Un giorno lei si presenterà in uno dei suoi locali, quasi irriconoscibile nel suo fascino di donna trentenne, elegante, ma dalle misteriose ombre.
Gli ingredienti narrativi sono molto ben dosati e non è difficile che scatti nel lettore l'identificazione col protagonista: un uomo normale di un certo successo che insegue le sue passioni e vive in attesa di ritessere l'amore di gioventù con un filo che sarà fatto più da silenzi, cose non dette, spiegazioni non date che da ricordi rivissuti.
Un bel racconto, dicevo, ma che mi lascia perplesso per quel che riguarda alcuni aspetti narrativi: non riesco a capire, infatti, perché spesso Murakami sembri godere nel soffermarsi pedantemente su dettagli totalmente insignificanti quali il nome dello stilista di questo o quell'abito, il modello preciso delle automobili – ad esempio una Mercedes-Benz "260E" come se quel "260E" aggiungesse un senso più compiuto alla situazione descritta – o di un orologio "Tag Heuer". Viene da pensare, non avendo questi particolari la stessa rilevanza che ha per Fleming far usare a James Bond una Aston Martin o per Tomasi di Lampedusa profumare la toeletta del Gattopardo con la colonia Atkinson "fatta arrivare da Londra", che si tratti solo di volgare pubblicità o, voglio sperare, di un vezzo un po' infantile.
Al di là di queste sciocchezze, merita la lettura.