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Zankyō – Riverbero, le conseguenze di un’azione

5 Agosto 2019
Matteo Papagna

Zankyō, il manga di Tsutomu Takahashi che indaga con spietato determinismo i bassifondi della società giapponese.

Quali sono le conseguenze di una scelta? Siamo liberi di cambiare il corso del nostro destino, di ottenere la vita che desideriamo? Oppure la nostra strada è tracciata, segnata dalle circostanze in cui nasciamo e dalle scelte, giuste o sbagliate, che ogni giorno facciamo? Queste domande esistenziali non possono non sorgere alla lettura di Zankyō, il nuovo manga di Tsutomu Takahashi pubblicato in tre volumi da Dynit tra maggio e luglio 2019, nella traduzione di Asuka Ozumi.

Tsutomu Takahashi, nato a Tokyo nel 1967, è un mangaka già noto in Italia per le sue opere hard-boiled pubblicate nel corso degli anni ’90, in particolare Jiraishin. Le sue storie più famose hanno come protagonisti detective dai metodi discutibili, yakuza ed emarginati. Zankyō – Riverbero, non fa eccezione.

La storia si sviluppa a partire da un incontro casuale, quello tra Satoru, un ragazzo di umili origini che vive alla giornata, e il suo vicino di casa Segawa, un ex-yakuza ormai anziano e giunto alla fine dei suoi giorni. L'uomo chiede a Satoru di ucciderlo in cambio di cinque milioni di yen e gli fa promettere di portare parte del denaro come offerta agli eredi di tre persone che ha ucciso decenni prima. Dopo l’indecisione iniziale, Satoru ovviamente accetta, spinto dalla volontà di dare una svolta alla sua esistenza misera e insignificante.

 

Ѐ l’inizio di una spirale di violenza inarrestabile, secondo la massima di Checov (cara a Mishima e Murakami) per la quale, se in una storia compare una pistola, bisogna che essa prima o poi spari. E, nel caso di Satoru, non una sola volta. Una volta in possesso di arma e denaro, infatti, non potrà fare a meno di tenere fede alla sua promessa, e di rimanere invischiato in una lunga disavventura, braccato da chi lo vuole morto per i soldi, per vendetta, o per pura malvagità.

Lungo il suo cammino, che attraverserà mezzo Giappone, Satoru non rimane da solo, ma incontra Daigo, un travestito invischiato nella yakuza che lo coinvolgerà in un viaggio verso una ben poco idilliaca terra promessa: Shinjuku Nichō-me, uno dei più famosi quartieri gay di Tokyo. Spinti dal desiderio di una vita migliore, libera dalle pastoie della violenza, cercheranno di costruire una famiglia.

 

Inutile dire che non sarà facile: quello di Tsutomu Takahashi è un Giappone a tinte fosche in cui ogni cosa si ottiene a caro prezzo, oggetto di un’indagine talvolta più esistenziale che sociologica. Una società impaludata nella quale è difficile cambiare la propria condizione. Attraverso le zone grigie, di confine, lo sguardo attento di Takahashi mette in discussione i pregiudizi verso la categoria emarginata dei travestiti, gli stereotipi di genere, e il concetto stesso di famiglia.

La storia ricorda a tratti gli yakuza film di Takashi Miike, in particolare il seminale Rainy Dog: gli affetti paiono l’unica cosa in grado di riscattare i tormentati protagonisti, e gli spazi liminali – la spiaggia, il locale per travestiti – sono gli unici luoghi in cui godere di una fugace felicità. A tradurre in immagini la trama vi è un bianco e nero asfittico, denso di scuri e retini, che, pur se in un contesto completamente diverso, non può non richiamare le opprimenti arcologie cyberpunk di Tsutomu Nihei, che di Takahashi è stato assistente agli inizi della sua carriera.

La storia di Satoru, cruda, violenta e priva di speranza, può assestare un bel pugno anche negli stomaci più allenati. In poche parole, Zankyō – Riverbero è un manga che non deluderà gli appassionati di noir.

 

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