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Stay Hungry, Stay Alternative: Chocolate Apple

3 Febbraio 2015
Cristiano Montanari

Gli appassionati di arts e media giapponesi, cresciuti a dosi massicce di Genshiken e Dōjin Work, hanno probabilmente un'immagine ben definita di che cosa sia un dōjinshi: pubblicazioni amatoriali, quasi sempre derivative di serie manga o anime commerciali, prodotte da otaku – solitari o in gruppo – allo scopo di fare vivere ai personaggi più amati fantasie proibite quasi sempre a sfondo erotico.

Come in tutti gli stereotipi, un fondo di verità c'è, e una fetta significativa dei dōjinshi pubblicati in Giappone ogni anno appartiene o alla parodia (circa 70%) o in quantità molto minore all'erotica (poco sopra il 10%)1. Tuttavia, volendo scavare più a fondo in un fenomeno che è diventato parte fondamentale della vita e della spesa media del fan giapponese (fino al 14, 9% annualmente), è lecito chiedersi se veramente il mondo e il mercato del dōjin sia veramente così uniforme; una domanda complessa, considerando anche che la maggior parte dei fan occidentali raramente ha occasione anche solo di tenere in mano un dōjinshi2.

Al di là di generalizzazioni necessarie ma forse a volte deleterie, il mondo delle pubblicazioni amatoriali giapponesi presenta una marcata multiformità. Grazie alla relativa libertà che la pubblicazione amatoriale offre, ogni regola può essere infranta, e così si trovano gruppi amatoriali che si dedicano esclusivamente al non-H o a lavori non derivativi; artisti affermati che usano il dōjinshi come 'valvola di sfogo' per idee non facilmente commercializzabili (pensiamo ad esempio a Yōshitoshi Abe, Kaoru Mori, Masayuki Katano); circoli amatoriali che sono, sia dal punto di vista organizzativo che da quello del prodotto, indistinguibili da operazioni 'ufficiali', come ad esempio nel caso dei lavori 'amatoriali' di Range Murata. Anche dal punto di vista dei contenuti le possibilità sono molto più ampie di quanto il bollino dōjin lascerebbe intendere: e così troviamo, a fianco di manga e artbooks, pubblicazioni di carattere scientifico o simil-accademico, romanzi con poche o nessuna illustrazione, manualistica di vario tipo.
 

A volte, la libertà di contenuti permette creazioni decisamente curiose. E' questo il caso di Chocolate Apple, dōjinshi prodotto dal gruppo Chocolate Shop e che paga tributo a nientemeno che… Steve Jobs. Al di là dell'argomento eccentrico e della copertina con tanto di Jobs 'moeficato', il lavoro esemplifica perfettamente molti aspetti tipici, e allo stesso tempo molte peculiarità, che si possono incontrare nel mondo di queste pubblicazioni amatoriali.

Rilegato a punto ma contenente varie pagine a colori, il dōjinshi è la narrazione umoristica della relazione tra Choco, membro principale del circolo, e la marca di personal computer Apple; il tutto contornato da vignette umoristiche, antropomorfizzazioni di PC, genderbent Steve Jobs e Bill Gates, e interessanti spaccati nella vita e nelle attività di un tipico circolo moderno.

Ben lontano dalle radici low-tech e D.I.Y. del dōjin tradizionale, scopriamo che gruppi di media tiratura come Chocolate Shop funzionano in modo non dissimile da uno studio manga tradizionale: un autore principale aiutato da uno stuolo di assistenti, con un uso sempre più frequente di piattaforme digitali e tecnologiche e una filiera di lavoro sostanzialmente poco dissimile da quella di manga commerciali, se si eccettua la distribuzione per conventions e negozi specializzati. D'altra parte, la brevità e la qualità alternative del formato dōjinshi permettono di esplorare tematiche come il tributo e la biografia in modo diverso rispetto alle pubblicazioni 'commerciali' (alla Cesare di Hara o Historie di Iwaaki).

Chocolate Apple è ovviamente un' eccezione alla regola e, nel prevedibile futuro, il mondo dei dōjinshi rimarrà indelebilmente associato all'erotismo e all'amatoriale; tuttavia, piccole eccezioni come questa possono aiutarci a comprendere un fenomeno che, come spesso accade per la cultura giapponese, è molto meno 'monocromatico' di quanto possa sembrare.

 

[1]    doujinshi.org. Dati raccolti dall'autore.

[2]    http://www.inside-games.jp/news/258/25855.html L'ultima analisi risale ad 2007: considerando la crescente presenza di visitatori ad eventi come Comiket e Comitia, figure più recenti sarebbero quasi sicuramente più alte.

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