Tra i grandi ospiti presenti quest’anno al Lucca Comics & Games, uno dei nomi (giapponesi) di spicco è sicuramente quello di Shintaro Kago.
Noto soprattutto in ambito guro o comunque horror in generale, in questi generi di nicchia è un acclamato mangaka e illustratore con un vasto seguito di fan in tutto il mondo: anche in Italia gli amanti del genere lo venerano e sono alla perenne ricerca di suoi lavori, editi solo recentemente da Hikari Edizioni nonostante i suoi primi lavori risalgano al 1988 (anno in cui debuttò ufficialmente sulla rivista COMIC BOX).
E’ proprio la recente pubblicazione nel Bel Paese di Diari di massacri (Koro Koro Sōshi・Ōe Tonashi Zan J ūsanku, 殺殺草紙・大江戸無残十三苦), opera del 2004, il motivo per cui l’eccentrico autore nipponico è stato ospite della famosa fiera del fumetto italiana: fiera che lo ha sorpreso molto, a suo dire, perché si aspettava una tradizionale fiera in un luogo circoscritto e non in osmosi con un’intera città!
Nonostante non sia di troppe parole, durante la conferenza stampa a cui ho partecipato per voi ha risposto con chiarezza a tutte le domande e tra una risposta seria e l’altra si è lasciato scappare qualcosa di più scherzoso, come quando alla domanda “Secondo alcuni suoi fan, se lei non avesse deciso di diventare un mangaka, sarebbe stato un perfetto serial killer. Cosa ne pensa?”, ha confermato senza pensarci due volte.
Parlando invece del suo lavoro, le dichiarazioni sono state numerose e interessanti. Ha dichiarato di trarre ispirazione da qualsiasi cosa (tranne che dalla musica, stranamente) e di rappresentare scene truculente che gli sono sempre piaciute con l’intenzione di scioccare il lettore; ha negato di utilizzare volontariamente la satira, spiegando anzi che il suo intento è proporre al pubblico modi sempre diversi di vedere il mondo e osservare la realtà.
Il medesimo discorso viene ripreso più avanti, quando dichiara di non riuscire a spiegare bene le sue stesse creazioni e soprattutto quelle tavole all’interno di varie opere che giocano sulla prospettiva: le illustrazioni sono spesso frutto di ispirazione improvvisa, mentre nei manga tutto è strutturato in modo da portare il lettore all’ultima pagina e lasciarlo quasi traumatizzato, andando contro le sue possibili aspettative.
La sua arte è un mezzo per esprimere se stesso, ma non nel modo convenzionale: è giunto alla conclusione che ciò che rappresenta non è frutto delle sue paure o della sua morbosità, ma anzi nasce da una personale ricerca estetica e da una rielaborazione di ciò che ritiene interessante.
Proprio i soggetti delle sue opere, come ha ammesso lui stesso, lo rendono poco sponsorizzabile dalle major e poco accessibile al pubblico di massa; ammette di essersi recentemente dedicato molto all’illustrazione anche per raggiungere il gusto di più persone, edulcorando leggermente i suoi lavori pur rimanendo fedele al suo stile.
L’incontro si è concluso con qualche riflessione sulla sua figura di mangaka e il rapporto con la tecnologia: ha confessato di credere che il fumetto on-line sarà il futuro del manga, anche per motivi economici, e ha negato di essere l’unico mangaka a cercare un contatto effettivo col pubblico anche tramite i social media, dichiarando che in generale lo si evita sia a causa del molto lavoro sia perché conoscere direttamente le idee dei fan viene considerato addirittura pericoloso per l’attività creativa.