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“La promessa dei ciliegi” di Keiko Ichiguchi

9 Marzo 2015
Tania Sarti

11 marzo 2011. Sono passati ormai quattro anni dal terremoto che ha sconvolto il nord-est del Giappone. I quotidiani e le televisioni italiani hanno trasmesso come ricordo, oltre alle immagini terrifiche della devastazione dello tsunami, i volti impassibili e composti dei giapponesi.

Ma come hanno vissuto i giapponesi la catastrofe che si è abbattuta sul loro Paese, dietro queste presunte maschere di compostezza?

Keiko Ichiguchi, originaria di Osaka ma bolognese per adozione, racconta la sua personale esperienza nel manga La promessa dei ciliegi, edito da Euromanga Edizioni.

Itsuko, giovane scrittrice giapponese residente in Italia con il marito Angelo, da sempre convive con il peso incombente della morte. Di salute cagionevole per problemi cardiaci fin dalla più tenera età, è sempre stata costretta a evitare sforzi fisici eccessivi, condizione che l'ha esclusa dalle ore scolastiche di ginnastica, facendola sentire diversa dagli altri, compatita e terribilmente sola. Quelle ore interminabili di ozio e solitudine sembrano sparire con l'arrivo della nuova professoressa di ginnastica, Yuriko Tada, la quale aiuta Itsuko a credere in se stessa, nelle sue capacità e a non sentirsi più fragile. Il legame che si instaura tra maestra e allieva è profondo e duraturo, e permane anche dopo la partenza per l'Italia di Itsuko che, nonostante sia ormai adulta, non manca mai di fare visita alla sua vecchia insegnante ogni qual volta ritorna in Giappone, e di esserle vicino, ora che è lei a essere malata e a fare i conti con l'ombra minacciosa della morte. E proprio in occasione dell'arrivo del nuovo anno, il 2011, Itsuko le promette che tornerà ad aprile, per vedere insieme la fioritura dei ciliegi.

Fiori che racchiudono simbolicamente e intrinsecamente la caducità della vita e la certezza della morte. Una certezza che sembra farsi largo a forza, tra le prime telefonate e notizie alle 8.30 di quel mattino, l'11 marzo, gettando Itsuko nel panico: uno tsunami ha inondato le coste del Giappone e un reattore della centrale di Fukushima è collassato. Migliaia sono le vittime stimate, mentre i media già disegnano scenari apocalittici.

Le fonti italiane non sembrano attendibili, quelle giapponesi reticenti. Itsuko è attanagliata da dubbi, incertezza, paura: perchè il governo giapponese continua a rassicurare anziché dire la verità? Perchè tarda a intervenire? La fiducia nel proprio governo sembra incrinarsi insieme alla tanto decantata compostezza, mentre, nel resto del mondo, tutti sembrano ripetere la stessa cosa: il Giappone è finito. Ma non per Itsuko. Controcorrente, vola in Giappone, vuole accertarsi con i propri occhi della reale situazione. E, soprattutto, deve mantenere la sua promessa, ora che la fugacità della vita sembra essere l'unica certezza rimasta tra i resti delle case crollate, portate vie dai flutti del mare.

Come una perfetta parabola buddhista, quella del monaco che innaffia ripetutamente e pazientemente un albero morto finché questo non riprende vita, i fiori di ciliegio sbocciano e con la loro forza e bellezza danno coraggio a Itsuko, a Tada sensei e a tutti quei giapponesi che, nonostante il macigno della tragedia che portano nel cuore, continuano ad andare avanti e a cercare di sorridere, con la rinnovata promessa di non perdersi la prossima fioritura.

Il ciliegio, simbolo di una nazione che ha da sempre avuto un rapporto privilegiato con l'effimero e ha saputo coglierne il significato, sembra evocare una silente promessa: quella di risollevarsi, sempre e comunque, nonostante le avversità, sfidando il filo sottile che lega vita e morte, delicato e potente come gli stessi fiori di ciliegio.

“Siamo così disperatamamente effimeri. Eppure non possiamo fare a meno di farci una promessa, senza sapere come sarà il nostro domani. Le stagioni si susseguono e i fiori sbocciano ancora una volta. Muoiono ma tornano sempre a schiudersi”.

 

 

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