NipPop

In viaggio verso l’altrove: ‘dōjinshi’ e ‘kojo moe’

3 Marzo 2015
NipPop Staff

Uno degli aspetti più curiosi del Giappone turistico, sopratutto per coloro che vi si recano per la prima volta, è l'ubiquità delle mascotte, 'sponsor' fittizi quasi sempre disegnati secondo un'estetica kawaii o moe.

Ce n'è veramente per tutti i gusti, dal tenero orsetto ambasciatore della prefettura di Hakodate, passando per il bonzo Sento-kun, mascotte dell'antica capitale di Nara, fino ad arrivare all'utilizzo di mascotte ben più moderne allo scopo di promuovere aspetti specifici del turismo nipponico, come nel caso degli ita-densha1.

Negli ultimi anni, tuttavia, si è andato affermando un tipo di turismo che fa capo a un'estetica ben diversa: il kojo moe, ovvero visitare i resti industriali del Giappone della bolla economica, come si farebbe con un parco giochi o un museo2. Una concezione del turismo e del viaggio che sembrerebbe, a un primo sguardo, antitetica al 'turismo via mascotte': come molti altri tipi di turismo a tema, il kojo moe attira infatti demografiche di interesse più specializzato e meno casuale. Un po' come i più famosi densha otaku, questi nuovi esploratori industriali fotografano con piglio quasi compulsivo, e una delle valvole di sfogo principali per la loro rilettura estetica del passato industriale giapponese sono, sorprendentemente, i dōjinshi.

Da quando il dōjin è uscito dal sottobosco della cultura otaku per diventare, almeno in parte, un fenomeno culturale globale, si è assistito a una grande diversificazione dei contenuti, e non è infrequente trovare dōjinshi che non si rifanno al mondo animanga. Una di queste nuove tipologie è il reportage fotografico, di cui un folto sottogruppo è proprio a tema kojo moe. Circoli come Midgard, M.P.S. o Kohei Ichiman pubblicano con scadenza annuale i risultati delle loro sortite, spaziando da fabbriche semi-abbandonate ad antichi edifici tradizionali ormai in sfacelo, fino a sfociare in esplorazioni al limite dell'horror – ospedali, manicomi, prigioni3.

Uno degli aspetti più interessanti di questi reportage in forma di dōjinshi è l'estetica che quasi universalmente li accomuna – marcatamente artistica più che documentaria, laddove l''atmosfera' e l'evocativo contano molto più dell'obiettività, o del lato prettamente turistico della visita. In Lost Dungeon di Kohei Ichiman le rovine belliche di Tomogashima diventano una sorta di paradossale incrocio tra uno scenario da post-apocalisse e la Old Home di Haibane Renmei: le immagini sono saturate, filtrate, e i colori enfatizzati fino al limite dell'irreale (fig.1). Midgard, dell'omonimo circolo (in realtà costituito dal solo Inaba Wataru), è una collezione di fotografie notturne di complessi industriali, ma il soggetto è poco più che una scusa per dipingere con la luce, dando forma a fotografie che lo trasformano prima in un modellino iperdettagliato, poi in un arazzo luminoso ai limiti dell'astratto (fig.2). Funeral Under the Sea di Ketch e Yoru addirittura combina immagini di ospedali e stazioni dei treni in rovina con elementi animali e astratti, creando veri e propri quadri che sembrano raccontare una fiaba, più che un episodio contemporaneo di turismo industriale (fig.3).

 

 

Un'estetica, insomma, che fa dei propri cardini il surreale, il sorprendente e la trasformazione dell'esperienza consumista in un incontro con il fantastico. Tuttavia, proprio in questo senso, i dōjinshi kojo moe potrebbero non essere così lontani dal comunque più istituzionalizzato uso del kawaii come strumento di promozione turistica: in entrambi i casi, la volontà è di trascendere il turismo come semplice muoversi da un luogo all'altro, marcando l'unicità dell'esperienza attraverso la sua trasmutazione artistica. Sotto quest'aspetto, i prodotti dōjin del kojo moe costituiscono una complessa rilettura sia del passato industriale del Giappone, sia dell'esperienza contemporanea di tale passato. Una rilettura che merita sicuramente attenzione e ricerca ulteriore.

 

Note:

1 Treni decorati con personaggi di anime e manga.

2 Un fenomeno non solo giapponese: basti pensare ai tour organizzati che visitano regolarmente Chernobyl e Prypiat.

3 Particolarmente popolare sembra essere la famosa ‘Foresta dei Suicidi’ presso Aokigahara, soggetto anche di un noto documentario di Vice Magazine.

 

Prossimi eventi

Articoli recenti

“Totto-chan: the little girl at the window”, una scuola di vita e una speranza in guerra

Basato sul romanzo autobiografico di Kuroyanagi Tetsuko, Totto-Chan: the little girl at the window è la storia di una bambina che frequenta una scuola atipica, dove impara il modo con cui vivere nel mondo essendo sempre sé stessa. Uscito nel dicembre 2023 in Giappone, la pellicola è stata presentata  in anteprima in Italia al 24 Frame Future Festival, ed è un dolce ritratto di un’infanzia quasi idilliaca, bruscamente fermata dalla seconda guerra mondiale.

Leggi tutto

Blue Eye Samurai: Il costo della vendetta

1656. Un samurai avanza solitario lungo una strada innevata mosso soltanto dal suo desiderio di vendetta. Questo è l’incipit di Blue Eye Samurai, una serie che riprende il classico topos letterario e cinematografico del rōnin in cerca di vendetta e lo trasforma in un capolavoro dell’animazione moderna, con colpi di scena avvincenti e una trama tutt’altro che banale che vi faranno rimanere con il fiato sospeso fino alla fine.

Leggi tutto

NipPop Goes to Buffalo: A Report on Replaying Japan 2024

Studying Japanese pop culture requires us to consider its expansion and diffusion within, without and in-between Japan as a nation-state and as a media landscape. Sometimes literally, as research fellow Luca Paolo Bruno did traveling to Buffalo, NY, to attend the Replaying Japan 2024 conference. Replaying Japan is a series of academic conferences organized under the auspices of the Ritsumeikan Center for Game Studies (RCGS) of Ritsumeikan University in Kyōto, Japan, since 2012, and focused on the study of Japanese Games.

Leggi tutto