Chi ha avuto la possibilità di assistere alla proiezione di Ghost in the Shell: ARISE (Kōkaku Kidōtai Arise) sarà probabilmente soddisfatto di ciò che ha visto. La Production I.G. si è dimostrata all’altezza delle precedenti opere, rilasciando un prequel il cui elevato livello qualitativo impressiona sotto molti aspetti.
Innanzitutto si deve precisare che ARISE è una serie di film: i primi due (Ghost Pain e Ghost Whispers) sono usciti nelle sale giapponesi nel 2013 (e lo scorso 2 Aprile in Italia grazie alla Nexo), il terzo è previsto per l’estate 2014 poi ve ne sarà un quarto. Il regista, nonché responsabile del character design è Kise Kazuchika, lo sceneggiatore è Ubukata Tow. I film, della durata approssimativa di sessanta minuti, seguono il modello dell’OAV (Original Anime Video), ovvero prodotti per il circuito dell’home video (anche se usciti in anteprima al cinema) che si pongono a metà tra le serie televisive e le opere cinematografiche. Gli OAV erano originariamente nati negli anni ottanta, sfruttando la tecnologia del lettore VHS (ed ora del DVD), per creare serie più brevi di quelle trasmesse in televisione ma con un budget e una cura nella realizzazione più vicine a quelle impiegate in un film per le sale cinematografiche. Allo stesso modo, anche ARISE gode di questa produzione “ibrida”: il livello tecnico nella realizzazione del comparto grafico è di alta qualità, come si evince dal disegno pulito ma incisivo e dal ricorso agli effetti computerizzati (soprattutto per le scene nel cyberspazio); mentre il minutaggio triplo rispetto alla serie TV permette di inscenare trame molto più complesse per ogni episodio, che rimane comunque godibile anche senza la visione dei precedenti.
ARISE costituisce un prequel per la serie Stand Alone Complex; i due prodotti (come anche la seconda stagione di Stand Alone Complex, chiamata Second GIG) appartengono ad un universo narrativo alternativo a quello dei due film di Mamoru Oshii, il cui coinvolgimento nei summenzionati prodotti è marginale (così come quello dell’autore del manga originale Shirow Masamune). Questo fatto, assieme all’aver riproposto recentemente nelle sale i film di Oshii (www.nippop.it/animanga-visual-pop/blog/jmagazine/animanga/ghost-in-the-shell-torna-sul-grande-schermo), ha generato una leggera confusione in merito ai collegamenti tra le varie opere. Bisogna dunque tener conto del fatto che ARISE svela questioni sul passato della “Sezione 9 di Pubblica Sicurezza” così come la conosciamo in Stand Alone Complex. Vedremo dunque il Maggiore Kusanagi abbandonare i militari per mettersi alle dipendenze di Aramaki, e incontrare mano a mano gli altri comprimari (Batou,Togusa, Ishikawa, Saito, Borma e Paz), riunendoli nella sua celebre squadra. Vedremo anche i simpatici prototipi dei Tachikoma: i Logikoma, con un mecha design rinnovato. Altre citazioni sono state inserite nel corso degli episodi: alcune preannunciano l’entrata in scena del Signore dei Pupazzi e del progetto 2501, altre più ironiche richiamano alla mente il leitmotiv della passione di Togusa per i revolver.
Le trame stesse degli episodi sembrano essere più simili a quelle dei film che della serie animata, godono di un intreccio notevolmente più complesso e necessitano di più di una visione per poter essere apprezzati a fondo. Alla componente investigativa della trama fa comunque da contraltare un comparto di scene d’azione davvero notevole per fluidità dei movimenti, velocità e limpidezza delle sequenze e spettacolarità dei combattimenti.
Tuttavia, per quanto elevate siano le aspettative del pubblico e della critica per questo prodotto, esso non è esente da pecche. In particolare, ciò che mi ha impressionato negativamente è stato trovare una dose abbondante di fan service all’interno dell’anime.
Il personaggio di Kusanagi è sempre stato fortemente caratterizzato dal punto di vista sessuale, presentando il paradosso di un corpo esteticamente piacevole ma artificiale; tutto il primo film di Ghost in the Shell verte sulla ricerca, da parte di un essere sintetico, di riprodursi alla maniera degli organici, e in quest’ottica la nudità rappresentata sullo schermo assolveva un ruolo specifico. In Stand Alone Complex questo elemento veniva messo in secondo piano, e la fisicità di Kusanagi, enfatizzata da abiti ammiccanti, serviva più ad attirare l’occhio dei fan che ad una riflessione sulla sessualità di un corpo post-umano. Purtroppo anche in ARISE la rappresentazione della protagonista volge più al mero soddisfacimento estetico che a finalità riflessive, come si evince dai fotogrammi scelti per rappresentarla nella sigla di apertura (vedi immagini); sembra quindi che l’attitudine a oggettivare le donne, anche quando sono le protagoniste stesse dell’opera, permanga tutt’ora e infici anche le produzioni di alta qualità.
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