NipPop

Reportage: Riyoko Ikeda a NipPop2015

14 Luglio 2015
Roberta Lo Cascio

 

Quando ho detto informalmente a un'amica che Riyoko Ikeda, – sì, proprio quella Riyoko Ikeda che ha creato Lady Oscar – sarebbe stata ospite di NipPop a Bologna, questo giugno, mi sono beccata un “La Ikeda? A Bologna? Ma va là”. Comprensibile, in fondo, per carità. Solo che era tutto vero.

Eppure il 5 giugno, dopo una mattina al Quartiere Santo Stefano tra preparativi, sudore, attesa e trepidazione (“È arrivata?”, chiedeva qualcuno ogni qual volta un gruppo di giapponesi entrava in sala. “Ma no…”), con il cuore a mille e il primo volume di Lady Oscar tutto incartapecorito sottobraccio (e il primo volume della nuova edizione della Goen pure, perché non si sa mai), vedendola arrivare … forse un “La Ikeda? A Bologna?!” ci poteva anche stare.

Riyoko Ikeda, mangaka, saggista, cantante lirica. E prima di tutto, per chi come me è cresciuto cantando “Grande festa alla corte di Francia…”, creatrice dell'immortale di Le Rose di Versailles, che noi italiani portiamo nel cuore come Lady Oscar. Quest'anno, in esclusiva, è stata ospite di NipPop, il 5 e il 7 giugno.

Accompagnata dal marito, il baritono Yoshitaka Murata, la maestra Ikeda ha prima tenuto un roundtable privato con i giornalisti, per poi dedicare qualche ora a una conferenza con i fan. A mediare la discussione, Francesca Scotti, Paola Scrolavezza, e Rebecca Suter. La sala gremita di italiani così come di giapponesi, di fan di vecchia data e nuovi. Tanta l'emozione, da una parte e dall'altra, ma la maestra Ikeda rompe subito il ghiaccio presentandosi in italiano: “Buongiorno, sono la scrittrice di Lady Oscar”.

Francesca Scotti: Il fumetto di Lady Oscar si sviluppa come un percorso, una crescita di molti personaggi. Una figura centrale è Maria Antonietta, ultima regina di Francia. Leggendo e studiando il suo lavoro ho scoperto che è stato un libro, l'opera di Zweig “Maria Antonietta: una vita involontariamente eroica”, a darle l'ispirazione. Zweig esordisce spiegando che Maria Antonietta era in realtà una donna normale, né terribile né meravigliosa, che ha dovuto costruire se stessa all'interno di un ruolo che le era stato imposto. Lei, molto giovane, ha scelto di raccontare una storia di donne e di femminilità molto impegnativa. Come è riuscita a essere già così consapevole del ruolo femminile?

In realtà l'immagine che io percepisco di Maria Antonietta non è quella di una persona particolarmente forte. Si può avere questo tipo di impressione, ma in realtà lei si trovò a dover diventare forte a causa della rivoluzione francese. E’ un essere umano che è stato travolto dagli eventi della sua vita; forse qualcuno si arrabbierà se uso questo termine, però Maria Antonietta era davvero un personaggio molto femminile, molto umano. Andò in sposa al re di Francia, diventando lei stessa regina, ma senza averne una vera coscienza: in sostanza ogni giorno faceva ciò che le andava di fare, potremmo definirla innocente da questo punto di vista. La madre di Maria Antonietta era Maria Teresa d'Austria, una grandissima sovrana, che aveva un forte spirito e sapeva bene come tenere le redini del suo paese e al contempo gestire se stessa. Maria Antonietta invece si trovò ad affrontare certi problemi solo con la rivoluzione francese, quando passò da una vita di lusso e divertimenti a un vero e proprio inferno. E forse fu proprio in quel momento che cominciò a mostrare il carattere ereditato dalla madre. Fu quando studiavo al liceo che io percepii per la prima volta questo divario, e fu per me di grande attrattiva.

Rebecca Suter: Una domanda in merito al rapporto con il pubblico. Avevo letto che inizialmente Lady Oscar era stato pensato come una biografia di Maria Antonietta, che doveva dunque essere la protagonista, ma le lettrici (e i lettori) hanno mostrato molto più interesse per il personaggio di Oscar, e così è diventata lei la protagonista. Vorrei sapere, in primo luogo, se è vero che i fan hanno dato questo input, e inoltre qual è in generale il suo rapporto con i lettori, anche perché il manga, essendo pubblicato a episodi, a differenza della letteratura permette di avere una risposta in corso d'opera da parte dei lettori.

Sapete cos'è e come funziona l'ascolto televisivo? Bene, in realtà in Giappone si applica lo stesso principio alle riviste: i numeri pubblicati ogni settimana vengono inseriti in una classifica di gradimento, dalla più popolare al fanalino di coda. Perciò se qualcosa non riscuote dal pubblico il successo che ci si aspetta, anche se ne era prevista una serializzazione lunga, viene immediatamente cancellato. Per cui sì, come si è detto, nel corso delle pubblicazioni il personaggio di Oscar è diventato sempre più popolare, tanto che mi sono sentita dire dai miei redattori che se avessi fatto morire Oscar avrei potuto chiudere il lavoro in dieci settimane. Io in quel periodo avrei voluto scrivere molto sulla vita di Maria Antonietta, anche e soprattutto quello che accadde dopo il 14 luglio 1789, ma con quel termine di dieci settimane dalla morte di Oscar che mi era stato dato, è stato necessario un esercizio di sintesi. In realtà avrei voluto parlare della rivoluzione francese fino all'avvento di Napoleone, quello sarebbe stato per me il modo perfetto di concludere la narrazione. Mi rammarico un po' di non aver poi potuto scrivere fino a dove avrei voluto; è per quello che in seguito mi sono cimentata a scrivere ulteriori episodi su Le Rose di Versailles, storie successive a quella originale. Ovviamente questo significa che non c'è più Oscar, per cui non so fino a dove potrò spingermi. Sto cercando di scrivere di altri personaggi e argomenti, ad esempio della vita sentimentale dei genitori di Oscar. Per quanto riguarda il mio rapporto con i lettori, cerco di non farmi influenzare troppo dalla loro volontà: in quanto creatrice dell'opera, ritengo di dover continuare per il mio percorso narrativo. Ho ricevuto moltissime lettere da fan che mi chiedevano di sviluppare Oscar o Maria Antonietta in questo o quell'altro modo, ma ho deciso di ignorarle e proseguire la narrazione nel modo che mi ero prefissata.

Paola Scrolavezza: Come ha deciso di diventare mangaka?

Da bambina ho avuto modo di vedere moltissimi manga creati da autori uomini, ad esempio Osamu Tezuka, Tetsuya Chiba, l’ autore di Ashita no Joe (in italiano Rocky Joe), e le loro storie avevano come protagoniste anche delle donne. Credo che fosse il periodo in cui andavo alle scuole medie che cominciarono a emergere le prime mangaka donne. Mi resi conto che riuscivano a ritrarre un universo interiore particolarmente delicato, e proprio allora capii che era possibile creare storie del genere con i manga. Stiamo parlando di argomenti “antichi”, di un periodo in cui il manga in Giappone non era considerato ‘cultura’; era il gradino più basso di una ipotetica classifica culturale, e al suo interno il punto più basso in assoluto era riservato ai manga scritti da donne. Adesso esiste una florida cultura del manga, che addirittura può rappresentare il Giappone, ma per la generazione over 70 o per chi riveste cariche di potere il manga è ancora qualcosa da evitare, da non tenere in considerazione. C'è un episodio molto noto in Giappone riguardo a un politico, un tale di nome Aso (l'ex primo ministro giapponese), del quale si diceva che non avrebbe mai fatto carriera perché uno dei suoi hobby era leggere manga. Tuttora, in realtà, i politici o i grandi imprenditori continuano a prendere in giro i manga, e solo di recente il governo ha cominciato a dare man forte al settore del fumetto; questo perché il manga giapponese ha cominciato a diffondersi e a essere preso in considerazione a livello internazionale, il che può avere effetti sul piano economico, al punto che l'anno scorso, per la prima volta, il governo ha cominciato a dare delle sovvenzioni per la traduzione di manga in lingua straniera. Alcuni anni fa ero stata invitata a un festival della letteratura proprio qui in Italia, “Collisioni”, e fui molto stupita: un festival non del manga, ma della letteratura? Quando chiesi il perché di questo invito mi fu risposto che non esiste scrittore, autore o sceneggiatore che non sia stato in qualche modo influenzato da Le Rose di Versailles. Fui ovviamente molto sorpresa, ma anche felicissima di sapere che la mia opera fosse così altamente valutata non solo in Giappone, ma anche in Italia. Al tempo l'ambasciatore giapponese era un mio caro amico, e ricordo che quando cominciò il suo mandato qui mi contattò per dirmi: “Ma sai che sei davvero famosissima in Italia?”. La visibilità dei manga era davvero ridotta in Giappone, così alla fine le mie opere sono state apprezzate in Italia, in Francia, e poi di riflesso di nuovo in Giappone.

Francesca Scotti: Di recente ho riletto da capo Le Rose di Versailles, insieme alla biografia di Zweig, e ho sentito fortissimo il grande potere narrativo di questa storia. Vorrei chiederle quale rapporto si è creato tra lei e i suoi personaggi, non in termini di autobiografismo, ma nel senso di come vive insieme alle storie, ai personaggi di successo che lei ha creato nella sua vita come autrice.

Non esiste un singolo personaggio da me creato in cui io abbia sintetizzato tutta la mia persona; ci sono però degli aspetti di me, del mio modo di pensare, in ognuno di loro. C'è anche, in loro, un riflesso del contesto sociale in cui io scrivo. Ad esempio, la ragione per cui ho creato un personaggio reattivo e vivo come Oscar è perché in quel periodo le donne giapponesi di ventidue, ventitré anni, erano quasi costrette a sposarsi e ad avere una famiglia. Io ritenevo non fosse giusto, ero convinta che le donne dovessero poter avere il loro lavoro, le loro opinioni, vivere come volevano. Come sapete il mio manga è uno shojo, quindi è pensato per ragazze adolescenti, giovani, ma alla fine ebbe un grande successo anche fra il pubblico delle donne adulte; questo perché in una società in cui le donne sono asservite, era comune che molte fossero tristi, frustrate dai valori che venivano loro imposti. Una cosa che molte avevano in comune era il fatto di volere anche loro un proprio André (ride). Sono passati quarant'anni, e la posizione della donna nella società giapponese non è molto cambiata, ma le aspettative nei confronti di un possibile André forse sono aumentate. Il mio André è mio marito (lo indica, e ride).

C'è un altro episodio, molto serio, di cui voglio parlarvi: una mia amica mangaka, di nome Machiko Satonaka, che da giovane si ammalò di cancro, un giorno mi chiamò al telefono per dirmi: “Io nei miei shojo manga ho trattato personaggi che non si lasciano sconfiggere da nulla: e nanch'io mi farò sconfiggere dalla malattia”. Così, vedete, un autore può anche essere incoraggiato dai personaggi che ha creato. Io stessa nella vita ho dovuto affrontare varie difficoltà, e in quei momenti rivolgevo il pensiero a Oscar, che ha vissuto senza mai piegare i propri ideali, e da lei ho tratto forza. Da questo punto di vista credo che sia davvero profonda la relazione tra l'autore e i suoi personaggi.

Rebecca Suter: Lei oltre che mangaka e cantante lirica è anche autrice di saggi. Uno dei libri che ha scritto si intitola Come vivere per realizzare i propri sogni a 40 anni. Io quest'anno ho 39 anni, quindi mi piacerebbe saperne qualcosa di più (ride).

In realtà credo che lei stia già vivendo appieno la sua vita (ride). C'è una cosa che posso dire: una mia conoscente, una ginecologa, dice che per tutto l'arco della loro vita le donne sono influenzate dagli ormoni. E tra le numerose trasformazioni che avvengono nel corpo femminile la prima è, come ben sapete, il ciclo mestruale: è il momento in cui davvero si percepisce la differenza tra uomo e donna. E poi innamorarsi di un uomo, avere dei figli, anche quelli sono cambiamenti sensibili. Intorno ai quarant'anni, poi, gli ormoni femminili cominciano a diminuire. In Giappone c’è un termine specifico per indicare le conseguenze della menopausa, ossia i cambiamenti a cui è soggetto il corpo femminile. Inizialmente pensavo che tutte queste trasformazioni fossero una vera e propria disgrazia per le donne, ma poi ho realizzato che ci danno l’occasione di riflettere sulla nostra vita molto più a fondo rispetto agli uomini, per cui ho cominciato a interpretare la menopausa come una fortuna. Passati i quaranta, i cambiamenti nel mio corpo mi hanno portata ad avere una percezione di me molto più forte, e anche a pensare molto profondamente a come avrei continuato la mia vita da allora in poi, mentre la media degli uomini non ha l’opportunità di riflettere su tutto questo fino alla pensione; al che si ritrovano a pensare vagamente “e adesso cosa ne faccio della mia vita?”. Certo questi cambiamenti possono essere duri e drammatici, addirittura alcune mie conoscenze sono entrate in depressione, ma alla fine io li vedo come delle occasioni che ci vengono date per ponderare la nostra vita.

Francesca Scotti: Vorrei introdurre l'argomento della censura. Sappiamo che l'anime di Lady Oscar è stato soggetto a censura per alcune scene ritenute troppo esplicite, troppo mature. Vorrei sapere come si rapporta ai tagli eseguiti sui suoi lavori, e più in generale la sua percezione della censura in Giappone, e se vi è mai stata soggetta.

Innanzitutto ritengo che alla base di qualsiasi forma di democrazia ci sia la libertà, compresa quella di espressione. Pertanto sono dell'idea che di base la censura non andrebbe applicata. Se un'opera sia buona o cattiva, se i bambini dovrebbero leggerla o meno, alla fine siamo noi a deciderlo. La libertà di stampa è una diritto sacrosanto per cui abbiamo lottato e che abbiamo vinto, per cui non andrebbe toccato. Io naturalmente non ho avuto occasione di vedere la versione animata di Lady Oscar trasmessa in Italia, ma mi è stato detto molte volte che la scena della notte d'amore tra Oscar e André è stata tagliata, e mi viene spesso chiesto cosa ne penso. Ma è vero?

(il pubblico risponde di sì)
Ah, ecco. Mi stupisce molto che proprio in un paese come l'Italia questa scena sia stata tagliata (ride). Del resto, anche l'America è considerato per eccellenza il paese della libertà, eppure lì la censura è molto severa.

Paola Scrolavezza: Quali sono state le difficoltà maggiori nel corso della sua carriera di mangaka, in un mondo che, come ha detto, per molto tempo è stato prevalentemente maschile?

Nel periodo del mio debutto, anche su una rivista prestigiosa o a parità di successo, una donna veniva sempre e comunque pagata la metà di quanto veniva pagato un uomo. Un giorno chiesi al mio redattore il motivo di questa disparità, e ricordo ancora oggi con chiarezza la sua risposta: “Be', le donne alla fine si sposano e si fanno mantenere da un uomo; gli uomini devono mantenere la propria donna, perciò gli serve il doppio, mi pare ovvio”. In quel periodo avevo deciso di accendere un mutuo per comprare una casa. Tre fattori fecero sì che mi venisse negato: l'essere donna, il non essere sposata, e il fatto che di professione facessi la mangaka. Avevo comunque abbastanza soldi da parte per comprarmi una casa, ma in seguito mi trovai a subire delle rappresaglie verbali anche da parte di sconosciuti, che mi chiedevano come avessi osato acquistare una casa così grande pur essendo una donna. Così, già da giovane capii quanto l'essere donna e autrice di manga potesse essere fonte di difficoltà. Anche le volte in cui partecipavo a dei talk show televisivi, spesso dovevo difendermi dalle accuse che le mie opere fossero per un pubblico di bambini. Tuttora mi viene una gran rabbia a ripensarci (ride).

 

Rebecca Suter: Lei è una donna di molti talenti: quel è il rapporto tra la sua passione per l'opera e quella per la narrativa, i manga?

Quando avevo sei anni iniziai a studiare pianoforte: già allora pensavo che il mio futuro sarebbe stata a stretto contatto con la musica. Poi la mia vita si è evoluta in modo diverso, ma superati i quarant'anni, quando cominciai ad avvertire nel mio corpo i cambiamenti di cui parlavo prima, mi sono chiesta se non stessi trascurando qualcosa di davvero importante, nella mia vita. Così decisi di entrare in conservatorio. Studiando canto in conservatorio alla mia età, avevo di fronte diverse possibilità, ma mi sono subito resa conto conto di avere una predisposizione per le performance di opera lirica. Credo che succeda la stessa cosa ai registi cinematografici, quando creano lo storyboard, scegliendo le immagini per ogni scena: allo stesso modo, quando affronto una performance lirica, nella mia testa si formano le immagini che mi permettono di figurarmi e dare vita alla scena . Mi sono cimentata in diverse produzioni d'opera finora, e talvolta accade che un cantante non riesca ad avere un'immagine chiara di come lo spettatore percepisca la performance. Durante le prove di uno spettacolo posso dare indicazioni agli altri performer su dove posizionarsi sul palco, ma quando mi chiedono il perché di una certa posizione non riesco a spiegarlo con la logica, so solo che, con quelle condizioni, la scena si presenterà allo spettatore come deve essere. Si può dire che sia proprio quello delle immagini il collegamento tra il manga e l'opera, per me. Anche se magari come cantante non valgo tanto (ride).

Finita la conferenza, tra gli applausi generali, una cosplayer di Oscar si alza e porge un bouquet di rose alla maestra Ikeda. Il sorriso deliziato della maestra era tutto per lei.
Mentre l’artista riposava appena fuori, in sala si estraeva a sorte per decidere chi, tra i partecipanti al sorteggio della giornata, avrebbe vinto una delle dieci cartoline autografate da lei messe a disposizione. (e ammetto, con una punta di orgoglio, che la fortuna mi ha grandemente assistito in quel momento: una delle cartoline è mia). Ma poco dopo la maestra, forse di buonumore, ha brevemente concesso ad alcuni fan foto e ulteriori autografi prima di salutare definitivamente il suo pubblico.

Finito? Sì, ma solo per poco. Due giorni dopo, il 7 giugno, presso la sala eventi del Museo della Musica, in Strada Maggiore, Riyoko Ikeda si è esibita in un concerto lirico insieme al marito, accompagnata al pianoforte dalla Maestra Nicoletta Conti.
Quando noi dello staff arriviamo, la maestra è nel bel mezzo delle prove; ad accoglierci, con un gran sorriso bonario e una stretta di mano, c'è Yoshitaka Murata. Il programma che canteranno è un alternarsi di brani dalla tradizione lirica italiana, da Norma a La Traviata, passando per Le Nozze di Figaro, e di pezzi classici e popolari giapponesi. La mia sorpresa nell'apprendere che, tra le due canzoni più moderne previste per il bis a fine spettacolo, compare Sen no kaze ni natte, (lett. “Diverrò mille venti”) una delle mie canzoni preferite, è superata solo dalla mia gioia e impazienza di sentirli cantare. A partire dalle quattro e mezza la sala comincia a riempirsi, e i due cantanti ultimano i loro preparativi indossando gli abiti da performance: un lungo, elegante vestito rosa confetto a gonna ampia per lei, un formale frac per lui.
La voce delicata e limpida da soprano di Riyoko Ikeda si alterna e si sposa con le potenti note da baritono di Murata, e in poco più di un'ora il concerto è volato.

Ma a spettacolo finito comincia una nuova sessione di domande con il pubblico: a iniziare la discussione è Valeria Arnaldi, autrice del volume Lady OscarL'eroina rivoluzionaria di Riyoko Ikeda, edito da Ultra. Dopo qualche domanda che spazia dall'attualità della sua opera alle nuove storie incentrate sui suoi personaggi dopo la conclusione del manga, la parola passa al pubblico: tante mani scattano per aria, troppe per poter rispondere a tutto nel breve tempo concesso. Tra chi chiede se si sia mai stancata di scrivere Le Rose di Versailles (“Assolutamente no” risponde con un sorriso la maestra) e chi indaga sulle sue opere inedite in Italia, la discussione volge al termine, forse troppo presto per la curiosità di alcuni. Ma la maestra Ikeda è stanca, e accompagnata da un ultimo, lungo applauso si ritira definitivamente. A firmare qualche autografo fuori dal camerino, stavolta, è Yoshitaka Murata, bonario come al solito. Quando mi avvicino per chiedergli di firmare il mio programma mi riconosce: ha notato che, durante Sen no kaze ni natte, mimavo con la bocca le parole della canzone. Chiedo scusa in imbarazzo, ma lui mi rassicura con un sorriso: “È stato divertente”.

Anche i due cosplayer di Oscar e André, già presenti il 5, vengono nuovamente a portare i loro saluti. E con loro tutti i fan intervenuti ai due eventi (e i membri dello staff: siamo fan anche noi!), di ogni generazione ed età, che con Lady Oscar hanno trascorso l'infanzia, l'adolescenza, e perché no l'età adulta, riuniti a esprimere gratitudine e ammirazione per il lavoro e la presenza di Riyoko Ikeda.

 

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