Il famoso manga “Jujutsu Kaisen” (呪術廻戦) di Gege Akutami (芥見下々)è giunto al termine lo scorso settembre! Ripercorriamo insieme uno degli shōnen più apprezzati negli ultimi anni in Giappone e in Italia attraverso un’analisi degli elementi di spicco che lo hanno reso famoso.
Jujutsu Kaisen è un manga scritto e illustrato da Gege Akutami – nom de plume che cela la vera identità dell’autore – pubblicato sulle pagine di Weekly Shonen Jump tra il 2018 e il 2024. In Italia è edito da Planet Manga, seguendo una pubblicazione bimestrale a partire dal 31 ottobre 2019 e ancora in corso.
Il manga è stato sicuramente un successo a livello commerciale: Jujutsu Kaisen, infatti, ha rapidamente registrato un gran numero di vendite, circa 8 milioni, con un aumento particolarmente rilevante in seguito alla trasposizione animata, trasmessa a partire dal 2020, che conta per il momento di due stagioni e un film d’animazione.
L’anime ha dato un impulso significativo alle vendite, e infatti nelle graduatorie di Oricon, una delle principali agenzie di classificazione della distribuzione di manga in Giappone, è arrivato al primo posto nel 2021 e al secondo nel 2024, dimostrandosi una delle opere più apprezzate.
Ma come ha fatto Jujutsu Kaisen a raggiungere questo enorme successo? Una possibile spiegazione sta nella sua abile fusione di elementi mystery, personaggi carismatici, combattimenti avvincenti, ed elementi del folklore giapponese. Tra le sue pagine, Gege Akutani ripropone al lettore uno dei temi che più hanno caratterizzato la storia più recente del Giappone: l’incontro tra modernità e tradizione, reinterpretato in una prospettiva nuova e originale.
Il protagonista dell’opera è Itadori Yūji, membro del club scolastico dell’occulto. Per salvare i suoi amici da uno spirito maligno, il ragazzo si ritrova a mangiare una delle venti dita di Ryōmen Sukuna, considerato il re delle maledizioni e una delle entità più forti di questo mondo, e ne diventa il “recipiente” – ovvero colui che dovrà contenerne la maledizione all’interno del proprio corpo.
Nonostante sia a tutti gli effetti posseduto, Itadori rimane fortunatamente in grado di mantenere il controllo del proprio corpo. Questo fa sì che le figure più importanti della stregoneria, pur andando contro le loro stesse regole, decidano di tenerlo in vita sotto consiglio di Satoru Gojō – uno degli stregoni più potenti, che deciderà di prendere il nostro protagonista sotto la propria ala. Per scongiurare il ritorno di Sukuna in maniera definitiva, Satoru progetta di raccogliere le venti dita e farle ingerire gradualmente a Itadori, e solo in seguito esorcizzarlo e liberarlo dalla maledizione.
Il ragazzo entra così a far parte della scuola di stregoneria di Tokyo, e insieme ad altri compagni imparerà a praticare esorcismi su altre persone e allo stesso tempo a tenere sotto controllo il male che lo possiede. Come accade in molti shōnen, anche in Jujutsu Kaisen ci viene raccontato uno scontro senza fine tra il bene e il male: da un lato il nostro eroe affronterà un arduo percorso di crescita scontrandosi con innumerevoli nemici e le loro maledizioni, e dall’altro Itadori condurrà una lotta parallela con il male interiore, rappresentato in modo concreto da Sukuna. In questo lungo viaggio, il ragazzo scoprirà un lato del mondo che non conosceva: una realtà fatta di spiriti, stregoni, e armi incantate che richiama spesso diversi miti o leggende della tradizione giapponese.
Al centro della trama vi sono le “maledizioni”, delle specie di demoni che nascono dalle emozioni negative delle persone dopo la loro morte: quanto più intense esse sono, tanto più forti saranno le rispettive maledizioni. Il malessere individuale viene quindi rappresentato con una forma vera e propria, concreta, che si manifesta in luoghi particolarmente affollati come scuole, ospedali, cimiteri e, ovviamente, il centro di Tokyo, in cui la storia si svolge: sono questi infatti i luoghi in cui la popolazione prova rabbia, odio, paura in grandi quantità.
In Jujutsu Kaisen il “male” non è identificabile come qualcosa di alieno, è qualcosa di interno all’essere umano, è lui a generarlo e ad alimentarlo. Le persone comuni non sono in grado di vedere queste maledizioni, così come non sono in grado di controllare il flusso di energia malefica presente all’interno del proprio corpo; al contrario gli stregoni mediante delle tecniche sono in grado di plasmarla.
Uno degli aspetti degni di nota dell’opera è sicuramente l’eccellente caratterizzazione dei personaggi: che siano protagonisti o no, a ognuno di essi viene sempre dato lo spazio adeguato ad approfondire la loro storia e personalità. Nonostante il manga non si allontani troppo da quelli che sono alcuni degli stilemi (o cliché) dello shōnen, ad esempio un protagonista non particolarmente brillante ma spinto da una grande forza di volontà e senso della giustizia, tutti i personaggi risultano a loro modo unici e interessanti.
Tra questi ricordiamo in particolare Fushiguro Megumi e Kugisaki Nobara, entrambi studenti del primo anno della scuola di stregoneria insieme a Itadori. Il primo discende da un clan di stregoni molto importante, ed è un ragazzo affascinante ed introverso che rispecchia in parte lo stereotipo del personaggio serio e riservato dal passato difficile; nonostante l’apparenza fredda, tuttavia, risulta particolarmente empatico e protettivo nei confronti dei propri compagni, ed è spinto da un forte senso di responsabilità. Saranno proprio la sua crescita personale e il suo sviluppo emotivo nel corso della storia lo a renderlo più sicuro di sé sia come persona che come utilizzatore delle arti magiche.
Ogni stregone, infatti, ha un’abilità che lo caratterizza, e Megumi è in grado di domare e dunque in seguito evocare degli shikigami, ovvero degli “spiriti servitori” dell’onmyōdō, ovvero le pratiche esoteriche del Giappone classico, diventando quindi l’equivalente moderno di un onmyōji, cioè colui che pratica l’onmyōdō. Figure storiche particolarmente importanti soprattutto nel periodo Heian (794-1185) gli onmyōji giocavano un ruolo fondamentale nei palazzi della nobiltà: ritenuti in grado di usare tecniche di divinazione per leggere il futuro e capaci di scacciare gli spiriti maligni, le loro decisioni e raccomandazioni avevano il potere di influenzare l’organizzazione stessa della vita di corte.
Kugisaki Nobara, invece, è una ragazza di provincia che, a causa di un episodio di bullismo a cui ha assistito da bambina e che ha portato a un forte disprezzo verso gli abitanti del suo villaggio natale, sogna sin da piccola di vivere nella capitale, ed è per questo che si reca a Tokyo ed entra nella scuola di stregoneria. Per certi aspetti, Nobara è un’adolescente come le altre: ama lo shopping e passare tempo con gli amici, e ha un buon senso dell’umorismo che la rende capace di portare un po’ di leggerezza in situazioni particolarmente pesanti e rendere così la lettura più agevole.
Nobara ha un carattere forte, vivace, si mostra sempre decisa nelle proprie scelte e ha un grande spirito combattivo. Si tratta sicuramente di un personaggio importante che può essere interpretato come un tentativo di empowerment femmile, rendendo la figura di una donna forte una degli eroi principali all’interno di un manga che rimane comunque uno shōnen.
In realtà, Gege prende le distanze dai tradizionali stereotipi e convenzioni di genere attraverso i quali i personaggi femminili vengono rappresentati in altri titoli simili: in Jujutsu Kaisen le donne non sono mai sessualizzate, né ritratte come macchiette – sono tutte molto diverse tra loro per aspetto e carattere e quasi tutte riescono a trovare il proprio posto all’interno della storia. Le donne in Jujutsu Kaisen non sono solo belle ragazze in balia degli eventi, ma individui a tutto tondo che agiscono e lottano per ciò in cui credono.
Nonostante il manga offra diversi spunti che permettono di analizzarlo da una prospettiva femminista, questi non sono sufficienti: alla fine dei giochi lo spazio dato allo sviluppo dei personaggi femminili è molto ristretto rispetto alle loro controparti maschili. Inoltre, una buona parte delle donne non intraprende quasi mai dei combattimenti corpo a corpo in prima persona, ma restano spesso a fare da mero supporto ai personaggi maschili servendosi di armi o strumenti ad ampio raggio.
Anche alcuni degli oggetti attorno ai quali ruota la trama rimandano in modo esplicito alla tradizione del folklore giapponese. Ad esempio, nel manga esistono degli oggetti intrisi di energia malefica che possono essere considerati a tutti gli effetti degli tsukumogami, ossia reliquie che stabiliscono una connessione con il soprannaturale. Anche le armi usate dai protagonisti, come katana, bastoni, lance, riprendono in parte l’estetica classica giapponese, ed alcune di loro fanno riferimento a storie e miti ben precisi.
Tra i numerosi riferimenti al mondo spirituale giapponese, non possiamo non menzionare la “parata notturna dei cento demoni”, ovvero la hyakki yagyō 百鬼夜行: una credenza risalente al periodo Heian per cui yōkai, oni, tsukumogami e altre creature sfilano una volta all’anno per le vie della città generando il pandemonio. La leggenda diffusa nella capitale dell’epoca, cioè Kyoto, racconta di come queste creature percorrano in un lungo corteo dei luoghi specifici in cui il confine tra il nostro e il loro mondo è molto labile: un evento a dir poco terrificante, visto anche che chiunque si trovi a passarci per caso non ne esce vivo. La parata è una delle storie del folklore più famose, e attraverso i secoli è stata rappresentata innumerevoli volte nell’arte figurativa giapponese.
In Jujutsu Kaisen la parata dei cento demoni viene rappresentata in particolare nel prequel, Jujutsu Kaisen 0. Chiamato in origine “L’istituto di arti occulte di Tokyo” (Tōkyō toritsu jujutsu kōtō senmon gakkō 東京都立呪術高等専門学校), questi quattro capitoli pubblicati in serie nel 2017 su Jump GIGA rappresentano il primo tentativo dell’autore di esplorare e raccontare il mondo di Jujutsu Kaisen. La storia segue le vicende di Okkotsu Yūta, un giovane ragazzo afflitto da una maledizione di nome Rika, nata in seguito alla morte di una sua amica d’infanzia e che si rivela avere un potere immenso che Yūta è incapace di controllare. Infatti, nel tentativo di proteggere il suo “recipiente”, Rika finisce per uccidere brutalmente alcuni bulli della sua scuola: la violenza di questa maledizione porta il consiglio degli stregoni a decidere di eliminare Yūta. Tuttavia, ancora una volta è Satoru Gojō a intervenire per evitare che ciò accada, ed è sempre lui a introdurre il ragazzo alla scuola di stregoneria in modo che possa imparare a controllare e usare a suo vantaggio il potere di Rika.
Parallelamente al percorso da stregone di Yūta, Suguru Getō, lo stregone nero più forte di tutto il Giappone, mette a punto il suo piano malvagio per liberare il mondo da chi non è capace di utilizzare le arti magiche: persone che non solo non sono in grado di esorcizzare le maledizioni, ma ne sono la causa. Per riuscire nel suo intento dichiara guerra agli stregoni dell’istituto, minacciando di scatenare il caos per le strade di Tokyo e Kyoto, liberando più di mille spiriti maledetti: un richiamo particolarmente esplicito alla “parata notturna dei cento demoni”. Ma queste figure oscure non sono presenti solo nel prologo, bensì in tutto Jujutsu Kaisen sono presenti i demoni del folklore giapponese, arricchendo gli scontri tra i personaggi principali e creando un’ambientazione spettacolare che rende le battaglie ancora più coinvolgenti e accattivanti.
Sono quindi numerosi gli elementi del folklore giapponese presenti all’interno dell’opera: in Jujutsu Kaisen Gege Akutami opera una vera e propria rivisitazione di questi elementi, adattandoli a un pubblico contemporaneo che non è solo giapponese ma anche internazionale, e proponendo così una riscoperta delle tradizioni culturali del passato in chiave moderna.