L’intervista qui riportata è stata realizzata tramite e-mail nel novembre del 2011, poco dopo la partecipazione di Mizue alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
Si ringrazia Tamaki Okamoto di CaRTe bLaNChe per la traduzione e la collaborazione.
Enfant prodige dell’animazione indipendente nipponica, Mirai Mizue (Tokyo, 1981) è autore di cortometraggi astratti, dei quali è protagonista la fusione totale di musica e immagini. Le sue opere sono state proiettate nei più importanti festival internazionali – da Annecy a Ottawa, da Zagreb a Hiroshima a Venezia – spesso ottenendo riconoscimenti prestigiosi. Fondatore insieme al critico Nobuaki Doi e agli animatori Kei Oyama e Atsushi Wada dell’etichetta indipendente CALF, Mizue, che è anche illustratore, ha studiato animazione al dipartimento di Graphic Design della prestigiosa Tama Art University. Grazie alla sua particolare estetica acquisisce notorietà con un’animazione squisitamente astratta e basata sulla continua metamorfosi di linee e forme. Autore certosino (disegna ogni immagine a mano per scansionarla solo successivamente al computer), il suo stile è stato ribattezzato “cell animation”, gioco di parole tra l’inglese cell (cellula) e cel (celluloide, ovvero animazione su rodovetro): le sue opere ospitano mondi immaginari popolati da elementi fantastici, organismi monocellulari, esseri paleozoici, spermatozoi che ballano eleganti a ritmo di musica creando sullo schermo una intensa tensione narrativa. Forme morbide e sinuose, come in Fantastic Cell (2003), Lost Utopia (2007), Devour Dinner (2008), Jam (2009), Playground (2010), Wonder (2014), ma anche motivi geometrici, ammirabili in Metropolis (2009) e Modern No.2 (2011).
Jam (2009)
Playgroung (2010)
Quando ti sei avvicinato all’animazione?
Il mio primo contatto con l’animazione è stata la retrospettiva sul cinema di Jan Švankmajer a Tokyo, nel 2001. In seguito sono rimasto affascinato da Il riccio nella nebbia di Yuri Norstein, Begone Dull Care di Norman McLaren e Atama Yama di Kōji Yamamura, cortometraggi che vidi all’università e grazie ai quali entrai nel mondo dell’animazione vero e proprio.
A questo proposito, cosa pensi del metodo di insegnamento dell’animazione nel tuo Paese e in particolare alla Tama Art University?
In Giappone le persone hanno un’idea preconcetta sull’animazione. La maggior parte di loro conosce solo le animazioni dello Studio Ghibli o quelle legate al moe (termine con cui si intende una particolare estetica che punta sull’attrazione dei personaggi – in particolar modo femminili – di anime e manga, N.d.R.). Invece alla Tama Art University ho potuto ampliare i miei orizzonti guardando tantissime animazioni provenienti da ogni parte del globo.
Parliamo del tuo particolarissimo stile. Sei tu ad averlo definito “cell animation”?
Credo che questo mondo sia l’accumulo dell’esistenza di ogni individuo. In questo senso, posso dire che la definizione corretta del mio lavoro sia “cell animation”.
Eppure c’è stata un’evoluzione nel tuo stile, come possiamo notare da Fantastic Cell a Modern No. 2.
Penso che nulla sia in realtà cambiato tranne il motivo decorativo, essendo passato da cellule organiche a elementi geometrici inorganici. Il movimento, la musica e la grafica, come i disegni realizzati a mano, sono nel mio stile abituale.
Fantastic Cell (2003)
Cosa ti ha ispirato nella realizzazione di Modern No. 2?
Volevo realizzare un’animazione usando figure isometriche; pensavo soprattutto alle creazioni illusorie di Maurits Cornelis Escher.
Modern no.2 (2011)
Come potresti spiegare la relazione che si instaura con la musica nei tuoi lavori?
La musica è lo scheletro e l’animazione sono i muscoli.
Quali sono a tuo parere i migliori animatori indipendenti?
Ci sono tantissimi creatori dai quali sono rimasto influenzato, ma il migliore per me rimane Norman McLaren. Il suo stile espressivo astratto, il suo personaggio, il suo senso dello humor e la sua relazione con la musica sono all’origine delle mie creazioni. Gli altri sono Ishu Patel, Ryan Larkin, Georges Schwizgebel, Ivan Maximov, Run Wrake, Jan Švankmajer, Priit Pärn, Yōji Kuri, Nobuhiro Aihara ecc.
E gli artisti che più ti hanno ispirato?
Sono stato influenzato dai lavori appassionati di Joan Miró, Tarō Okamoto e Eiji Tsuburaya.
Puoi parlarci del tuo metodo di lavoro?
La maggiore particolarità del mio metodo di lavoro è fare animazione con disegni realizzati a mano. Creo l’aspetto visivo accostando un elemento all’altro, come in un collage.
Ti consideri più animatore o più illustratore?
Penso di essere un pittore astratto che usa come tela la sequenza temporale.
Il progetto CALF è molto importante e credo possa diventare un modello a livello internazionale. Quali sono i tuoi prossimi progetti in questa direzione e qual è il tuo ruolo in particolare in questa etichetta indipendente?
CALF sta promuovendo l’animazione indipendente giapponese nel mondo. Uno dei modi in cui riusciamo a farlo è rilasciare compilation DVD dei nostri artisti. Il prossimo passo è produrre nuovi lavori direttamente tramite CALF. Abbiamo iniziato con lavori miei e di Kei Oyama, ricevendo supporto da sponsor e sovvenzioni dal governo.
Come definiresti l’animazione?
Per me l’animazione non può essere un film senza la musica. E realizzare animazione è l’azione più comune della mia vita, più che mangiare e dormire.
Qual è lo scopo principale in quello che fai?
Mi piace sorprendere le persone che guardano i miei film.