Vivere in un mondo dominato dal silenzio e dall’assenza di civiltà può fare paura, eppure è questa la dura realtà con la quale deve fare i conti la protagonista del film Motion Picture: Choke, proiettato in anteprima internazionale sabato 27 aprile al Far East Film Festival 26 di Udine. Un film drammatico e intenso, capace di stimolare le riflessioni dello spettatore con la sola forza del linguaggio del corpo.
Nagao Gen, con la sua opera distopica, diventa il primo regista giapponese a proporre un film senza dialoghi e in bianco e nero nel genere della science-fiction; ebbene sì, il linguaggio verbale è totalmente assente dalla pellicola, nonostante la mancanza di parole venga perfettamente sopperita dalla gestualità e dall’espressività dei personaggi.
Felicità, stanchezza, frustrazione, rabbia, paura… tante sono le emozioni ben identificabili sul viso dell’attrice Wada Misa, che interpreta un susseguirsi frenetico di sentimenti nel momento in cui si ritrova ad affrontare le situazioni più disparate, come ad esempio la necessità di procacciarsi da mangiare e da bere o la gioia che scaturisce dalla melodia generata da una pioggia gentile.
È un mondo post-apocalittico quello in cui si ritrova a vivere la protagonista, dove lo spettro di una civiltà perduta si ripresenta sotto forma di esoscheletri di edifici in rovina e di una umanità regredita a uno stato primordiale, dove l’urgenza della sopravvivenza e gli istinti più animaleschi scandiscono l’andamento dei giorni e delle stagioni.
Seguendo quelle che sono le abitudini della donna, riportate nella loro semplicità più cruda, veniamo proiettati in una realtà apparentemente idilliaca, ma l’illusoria spensieratezza che tinge le prime scene del film viene continuamente minacciata e minata dai ricorrenti incubi che assillano la donna di notte e che sono evidenti presagi di un futuro prossimo funesto.
Difatti l’arrivo di una banda di furfanti determinerà la fine del quieto vivere e – se vogliamo – dell’ingenuità che sembra caratterizzare la protagonista, da quel momento in poi più consapevole delle ombre che si allungano nel suo mondo.
Le trappole posizionate dalla donna a seguito dell’evento traumatico, la porteranno all’incontro con un giovane ragazzo che presto diventerà il suo compagno di vita e con il quale imparerà a condividere quelli che erano i piaceri e le paure di una esistenza fino ad allora solitaria.
Sebbene possa sembrare che il film proceda in maniera lineare, lo spettatore, giunto a quella che potrebbe essere una plausibile conclusione, si ritrova invece di fronte a un risvolto inaspettato, culminante nel finale effettivo.
Motion picture: Choke si propone come il racconto di un’umanità agli esordi, in cui gli uomini, in un mondo senza regole, vengono guidati dalla necessità e dalle inclinazioni personali. Il bene e il male sono concetti che sfuggono alle costrizioni imposte dalla filosofia o da un’etica condivisa tipiche di una società civilizzata, e la loro pratica così come qualunque tipo di scelta dipendono solo ed esclusivamente dalla natura intrinseca dell’uomo.
Tuttavia, così come il bianco e il nero, le luci e le ombre si fondono e si mescolano, anche i confini tra bene e male si fanno labili e difficili da tracciare con matematica certezza.
Non va tralasciato il fatto che la pellicola è anche e soprattutto la storia della crescita personale della protagonista, che attraverso un percorso di sofferenze e disillusioni matura, lasciando da parte l’innocenza quasi infantile delle prime scene per cogliere in maniera più tempestiva i pericoli che le si pongono davanti, e affrontarli.
Le atrocità e le violenze che da sempre hanno contraddistinto l’indole umana, vengono percepite in maniera amplificata da lei per il semplice fatto di essere donna. Wada Misa diventa dunque un ulteriore veicolo per raccontare la battaglia femminista contro la prevaricazione e la violenza maschile.
In conclusione Motion Picture: Choke cattura con forza e suggestione, riesce a strappare il sorriso e a provocare tensione e disagio, offre al pubblico piena libertà di interpretazione sul significato del finale e di riflessione sui messaggi che in generale il film vuole comunicare.