Al Far East Film Festival di Udine di quest'anno abbiamo avuto il piacere e l'onore di incontrare e intervistare per voi la giovane regista Hayakawa Chie e un'attrice unica nel suo genere: Baishō Chieko!
Plan 75 è un film capace di trasmettere una grande angoscia, facendoci immaginare e riflettere su un mondo non così lontano dal nostro dove non solo gli anziani, ma tutte le categorie a rischio possono diventare le future vittime di un "programma" di questo genere. Signora Baishō, che impressione ha avuto quando le è stata presentata per la prima volta la storia?
Baishō Chieko: Devo dire che la prima volta che ho letto la sceneggiatura sono arrivata solo alla prima scena, e mi ha fatto così paura che per un attimo ho dovuto metterla via. Ho deciso di riprenderla in mano solo dopo un po', l’ho finalmente letta tutta quanta e una volta finita ho deciso subito di accettare questo lavoro. Anche a me ha fatto una certa paura, ho provato proprio un sentimento di terrore – anche perché, nel mio caso, io ho ben superato i 75 anni e quindi la paura era ancora maggiore!
Anche in Italia abbiamo un problema con l'invecchiamento della popolazione – un tratto che condividiamo con il Giappone. Cosa pensa di questa problematica che negli ultimi anni sta diventando sempre più rilevante?
Baishō: L'invecchiamento della popolazione non certo è più un problema sociale che riguarda solamente il Giappone, ma sta diventando un problema di natura globale, visibile in vari Paesi del mondo. Parlando poi del caso particolare del mio paese: in Giappone, secondo me, le persone anziane e le persone di una certa età non vengono trattate nel modo in cui dovrebbero.
Lei ha una carriera non solo longeva, ma anche piena di ruoli indimenticabili per il pubblico giapponese. A quale dei personaggi che ha interpretato è più affezionata? Come sono cambiate le tematiche affrontate dal cinema nipponico nella sua carriera?
Baishō: Quando ho iniziato la mia carriera il settore cinematografico era ancora in ampia ascesa, ma col passare del tempo c'è stato un calo visibile. Però, posso dire che nei miei primi anni di attività ci sono stati dei periodi nei quali recitavo in addirittura tredici pellicole all’anno. Sono nel mondo del cinema da ormai sessantuno anni e, grazie a questo lavoro e ai ruoli che ho interpretato, ho avuto l’occasione di vivere le esistenze di tutta una serie di persone molto diverse tra di loro. Quindi, posso solo dire di essere estremamente felice di aver fatto questo lavoro per tutto questo tempo.
Il film descrive un mondo distopico, futuristico, che però non si allontana tanto da quella che è la nostra realtà di tutti i giorni, e lo si vede anche dalla messa in scena, nella fotografia, nelle location scelte. Secondo voi, quanto è probabile che una cosa del genere possa accadere davvero tra un mese, un anno, in Giappone o nel resto del mondo?
Baishō: Non saprei darti una risposta definitiva ma, secondo me, è un fenomeno che già iniziato in silenzio.
È forse per questo che leggendo la prima volta la sceneggiatura ha provato paura?
Baishō: Ovviamente in Giappone non esiste adesso qualcosa di simile al Plan 75, ma quasi tutto il resto è già qualcosa di attuale, rispecchia molto la situazione del paese in questi ultimi anni.
Domanda invece per la regista Hayakawa: come si è trovata a lavorare con questa grande attrice? Cosa ha aggiunto la signora Baishō al personaggio di Michi rispetto a come l'aveva immaginato?
Hayakawa Chie: La protagonista di questa storia si chiama, appunto, Michi – una donna che nella vita ha dovuto far fronte a tutta una serie di disgrazie e che alla fine viene messa alle strette, all’angolo. Nonostante tutto questo, non volevo assolutamente che il pubblico la percepisse come una persona miserabile, messa alle strette – non volevo che il suo ritratto avesse un’accezione negativa.
Volevo mostrare a chi guarda la sua vera forza, e volevo anche che gli spettatori si affezionassero a lei, desiderassero non vederla morire, e anzi desiderassero che scegliesse di continuare a vivere. Serviva quindi un’attrice che avesse una forte attrattiva sul pubblico, e immediatamente ho pensato subito a Baishō.
Cosa ha significato invece per la signora Baishō lavorare con una regista alla sua opera prima come Hayakawa? Cosa l’ha colpita in particolare di lei?
Baishō: La prima volta che ci siamo incontrate eravamo nel mezzo della pandemia, quindi tutti i presenti avevano la mascherina e non sapevo chi di loro fosse la regista… finché non mi è stata direttamente presentata! Mi aveva dato l’impressione di essere una ragazza, e mi era sembrata estremamente giovane. Poi, però, a mano a mano che abbiamo cominciato a parlare del film, e lei mi ha spiegato la sua idea, il suo punto di vista sulla vita e sulla morte in questa storia … Alla fine, ho capito che eravamo in realtà allineate, che le nostre idee erano molto simili.
Quando abbiamo cominciato con le riprese e ho scoperto inoltre la sua grande perseveranza – è una donna che non molla, non vacilla. E questa sua forza, questo suo essere decisa, si riflette anche nelle sue capacità come regista. Avevo delle grandi aspettative sul lavorare insieme.
Quando sono finite le riprese mi sono resa conto ancora una volta di quanto sia forte, gentile, e per certi aspetti anche fragile. Durante le riprese ha fatto in modo che quella mia paura iniziale sul recitare in un film incentrato sulla morte si disperdesse completamente! Perché, in realtà, le riprese mi hanno fatto capire che anche se la morte era sempre presente, quello che stavamo facendo era un modo per rappresentare l’atto di vivere, la voglia di vivere.
Venendo qui a Udine ho avuto modo di rivedere il film durante il viaggio in aereo, e ancora una volta ho percepito quanto sia una persona forte, che non vacilla, e che se ha un obiettivo non fa concessioni. Tutti questi elementi del suo cuore, del suo spirito, mi hanno sempre attratto verso di lei.
Nel film c’è una canzone in particolare che appare in due scene: all’inizio, e poi nel finale. Come mai avete scelto scelto proprio quella canzone? C’è un significato dietro a quella scelta? Cosa ha significato per la signora Baishō interpretarla?
Hayakawa: La prima volta è stata inserita nella scena del karaoke, dove la protagonista canta insieme alle sue amiche – è un momento in cui Michi si diverte, ha un vita quotidiana che per lei è bella, soddisfacente, divertente: ha un lavoro, ha delle amiche. È una vita piccola, modesta, però lei ne è felice. Invece nella scena finale ho deciso di inserirla per il testo della canzone, e in particolare per il verso “e poi domani ci rivedremo” – una speranza che la sua vita sarebbe continuata anche domani, un simbolo della sua voglia di vivere.
Baishō: Nella scena del karaoke la regista mi ha chiesto di cantare nel peggior modo possibile, e io mi sono chiesta: "Come si fa a cantare male?” [ride]. Poi ho deciso che quella sarebbe stata una canzone di sfogo, per divertirmi. Nella scena finale invece, con la regista abbiamo parlato di come Michi in quel momento dovesse avere un respiro pesante a causa delle scale che stava salendo e della strada che andava percorrendo. Era importante quindi che mentre cantavo avessi il respiro più pesante possibile, e ho capito anche il perché: quello è un atto di vita per Michi. Se l’essere umano non respira, ovviamente muore, e questo suo respiro pesante, continuo, inarrestabile faceva sì che si percepisse la volontà di vivere di Michi.
Il film affronta temi molto forti, e ci sono anche delle scene molto molto cariche emotivamente. Quali sono state le scene più difficili da girare a livello emotivo, sia per la signora Baishō che doveva interpretare il personaggio, sia per la regista Hayakawa che doveva, da dietro la videocamera, dirigere il tutto?
Hayakawa: La scena che più mi ha spezzato il cuore mentre la stavo girando è verso la fine, quando Michi parla al telefono con Yoko per l’ultima volta. La conversazione è stata girata in due momenti diversi: prima abbiamo girato la parte in cui la protagonista parlava al telefono, poi invece ci siamo spostate e abbiamo girato la parte in cui Yoko risponde dal call center, e durante questa fase abbiamo usato la registrazione della voce di Baishō come aiuto per l’attrice che recitava. Quindi Baishō in realtà non era presente in quel posto, e il pensiero che Michi già non ci fosse più durante quella ripresa, che di lei rimanesse solo la voce alla quale Yoko stava rispondendo, mi ha davvero molto emozionato, fin quasi alle lacrime.
Baishō: Anche per me è stata la stessa scena. Durante la mia parte delle riprese era presente anche l’attrice che interpreta Yoko, e la regista dava indicazioni solo a lei mentre a me non diceva nulla [ride] e mi chiedevo perché. A mano a mano che il dialogo nella scena andava avanti cercavo sempre di inserire una certa gentilezza, e si vedeva anche come la mia controparte a mano a mano cambiasse il suo modo di interagire con il mio personaggio – ho trovato questa interazione bellissima. Triste ovviamente, ma bellissima.
Un’altra cosa a cui ho fatto attenzione è quella di non esagerare con le emozioni, di non essere eccessivamente emotivi nella recitazione e nell’espressione. Questo perché se si finisce per lasciar trapelare troppo diventa troppo facile di reagire eccessivamente, e invece è stata bella l’idea di trattenere la propria tristezza, la propria gentilezza e semplicemente cercare di interagire in una maniera modesta ma estremamente genuina e sincera.
Nel creare e nell’interpretare il personaggio di Michi avete avuto degli spunti particolari? Ci sono magari delle persone nella vostra vita che ne incarnano almeno in parte l’essenza, o che vi hanno aiutato a immedesimarvi?
Hayakawa: No, in realtà, non ho avuto riferimenti o modelli dai quali ho preso ispirazione quando ho creato la protagonista. Quello che volevo raccontare è proprio la situazione di quelle persone nella società – giapponese ma non solo – che non sono più considerate produttive, sono considerate come qualcosa da mettere da parte, un peso. È stata questa l’idea dalla quale ho preso spunto per la creazione di questa storia, di questo personaggio.
Nella scena iniziale, se si presta attenzione, si può vedere che il logo del Plan 75 è sfocato di proposito: adesso è 75, ma chissà, in futuro potrebbe essere Plan 70, Plan 65 – l’età potrebbe scendere, oppure potrebbero essere selezionate tutte le persone che non hanno denaro o un’attività per essere inserite in un piano del genere. Volevo che fosse questa forte tematica, questo problema ad apparire nella storia.
Baishō: Anche nel mio caso non ho preso spunti particolari da chi mi sta attorno. La mia grande ispirazione è stato il personaggio di Michi stesso. Michi è diventata un po’ il mio specchio per un periodo, e quindi quelle che sono state le informazioni necessarie per trasformarmi in lei le ho trovate tutte nel copione, è stata quella la base per la mia interpretazione.