La regista e sceneggiatrice Nakamura Mayu porta sullo schermo uno degli argomenti cinematograficamente meno trattati in Giappone: la pandemia scoppiata nel 2020. Non è facile rappresentare sullo schermo relazioni e interazioni nascoste dietro le mascherine, ma le quattro storie di She is Me, I am Her sono piccoli esempi di come per molte persone è stato il periodo del COVID-19.
She is Me, I am Her è un film antologico che raccoglie quattro diversi episodi di vita accomunati dalla presenza dell’attrice protagonista, Nahana, e dallo sfondo, il COVID-19. I temi principali infatti sono quelli della solitudine e dell’isolamento causati dalla pandemia, che hanno colpito tutti nel 2020.
Il primo episodio, Among the Four of Us, si apre con inquadrature molto strette su tre soggetti differenti, che inizialmente ci inducono a credere si trovino insieme sulla panchina di un parco. Solo pochi minuti dopo ci rendiamo conto che i tre si trovano in realtà in posti diversi e stanno comunicando tramite un cellulare. Subito lo spettatore viene assalito da un senso opprimente di solitudine, in quanto i tre personaggi sullo schermo sono del tutto isolati e anche sullo sfondo non vediamo passare nemmeno una persona. Dopo un brindisi la loro conversazione si sposta su Sayoko, una componente del gruppo che è assente e che è stata loro compagna a un corso di teatro. Tra un racconto e l’altro scopriamo che la carriera di attrice di Sayoko è stata interrotta da uno scandalo. In seguito lo spettatore scopre attraverso le rivelazioni dei tre protagonisti in che modo Sayoko è legata a loro e dove sia finita.
Nel secondo episodio, Someone to Watch Over Me, Nahana interpreta una donna inizialmente in lacrime che accoglie il fattorino delle consegne di cibo a domicilio. Lo spettatore rimane sorpreso tanto quanto la protagonista quando questa offre la propria ordinazione al fattorino e lo vede mangiare di gusto. Sarà proprio questa strana interazione, che si ripeterà più volte, ad avvicinare la donna e il fattorino, facendo nascere tra loro una peculiare relazione basata sul cibo. Dopo qualche incontro i due si troveranno a cenare insieme a casa della donna, scoprendo l’uno i segreti dell’altra.
Ms. Ghost è il titolo del terzo episodio – tratto da una storia vera – dove Nahana interpreta una donna che lavora nell’industria del sesso. Durante i suoi spostamenti notturni incontra un’anziana senzatetto seduta su una panchina. Le due scopriranno di avere in comune un passato da attrici e di aver interpretato Nina ne Il Gabbiano di Čechov. La pandemia le ha portate a intraprendere lavori molto diversi e a un triste epilogo.
Nell’ultimo e quarto episodio, Deceive Me Sweetly, Nahana interpreta una donna cieca alla quale fa visita un ragazzo che dice di dover recuperare del denaro per conto del fratello malato di lei. La protagonista chiederà al truffatore di potergli toccare il viso prima di lasciarlo andare con un sorriso, in un finale dolce e delicato.
Il film, che inizialmente doveva essere composto solo dal primo cortometraggio, presto si è trasformato nella mente della regista in un’occasione per mostrare gli effetti della pandemia su quattro donne completamente diverse tra loro, tutte accomunate da un trauma o da una delusione personale. La pellicola è stata girata con un budget minimo, ma le scene sono studiate alla perfezione per mostrare allo spettatore solo quello che deve vedere, perché non venga distratto da nulla al di fuori dei protagonisti.
La narrazione è comunque molto distante da quella del film dei fratelli Watanabe, Way of Life, anche se entrambi i lungometraggi mettono in scena il periodo della pandemia in Giappone. Nakamura Mayu non utilizza l’espediente del documentario, ma costruisce episodi perfettamente credibili e personalissimi, affidandosi anche alle doti camaleontiche dell’attrice principale Nahana. Lo spettatore viene momentaneamente immerso nella vita delle protagoniste, tanto che per qualche istante si ha la sensazione di trovarsi accanto a loro grazie al sapiente uso della camera e alla caratterizzazione. Sullo schermo non si vedono macchiette, ma chiunque di noi può rivedersi nelle donne interpretate da Nahana.
She is Me, I am Her riesce, attraverso le mascherine e il dolore delle protagoniste, attraverso i loro difetti, a dare una lettura delicata e attenta delle conseguenze che la pandemia ha avuto sulle persone. La firma della regista è evidente, ma non rende meno veritiere le quattro storie narrate. La durata e la suddivisione in episodi contribuiscono a rendere il film facilmente fruibile da chiunque e non è necessario nemmeno vederli in ordine, essendo essi slegati gli uni dagli altri.
La visione di questo film è consigliata insieme a Way of Life di Watanabe Hirobumi, per avere una visione completa delle modalità attraverso le quali il cinema giapponese ha affrontato il difficile tema della pandemia.Trovate la nostra recensione del docu-film dei fratelli Watanabe qui.
Per un ulteriore approfondimento sul film qui trovate anche l’intervista alla regista Nakamura Mayu e a Nahana!