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“Il ciclo di Arhat” di Murakami Takashi atterra a Milano

7 Novembre 2014
Christian Gangitano

Intervista realizzata il 22 luglio 2014, presso la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano
di Christian Gancitano (nipposuggestioni.blogspot.it) e di Tiziana Ricci (Radiopopolare)

Traduzione di Matteo Rizzardi per NipPop  

nippop.it

L'inaugurazione si è tenuta il 23 luglio, Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, Milano.
(per gentile concessione di Christian Gancitano)
 

[…]

Murakami: Per quanto mi riguarda, non posso dire di essere religioso, quindi questo incontro con una serie a tema religioso è stato piuttosto casuale direi. Dopo il terremoto (dell’11 marzo 2011, ndt) e il disastro che ne è seguito, si era creata una situazione per cui comunque si voleva dare un aiuto, sia da parte dello stato che da parte delle persone, ma non si poteva… In un simile contesto, come trovare le parole giuste? parole semplici… Ecco, in un contesto simile persino delle bugie vanno bene, perché gli uomini devono comunque continuare a vivere, e quando si prova questo tipo di sentimenti è inevitabile che nasca un sentimento religioso. (risposta della traduttrice tagliata dalla domanda seguente, ndt)

Tiziana Ricci: Ma perché ha scelto i monaci?

Murakami: Proprio in quel periodo in Giappone avevo in progetto di fare una mostra dedicata al tema dei 500 Arhat. Mi era stato chiesto di farla insieme a una mostra di Kazunobu Kanō (1816 – 1863), un autore di circa 300 anni fa, ma il progetto è stato ritardato a causa del disastro (terremoto e tsunami); poi, subito dopo il disastro, inaspettatamente la mostra si è tenuta, un fatto che ha avuto un forte impatto su di me.

TR: Come pensa siano stati gestiti il terremoto e lo tsunami, da parte del governo?

Murakami: Fino a quel momento la popolazione giapponese in generale ancora non si era mai lamentata concretamente del governo, ma alla fine, dopo i disastri naturali e il disastro della centrale atomica di Fukushima, i passi intrapresi dal governo sono stati assolutamente inadeguati. Non solo, ma hanno nascosto alla popolazione molte cose, e per la prima volta in sessant’anni dal dopoguerra, nel pacifico Giappone, sono dilagate manifestazioni in cui ha trovato espressione l’insoddisfazione delle persone. Il marzo 2011 ha segnato il momento in cui questa è esplosa, contro lo stato.

TR: È contento che questo suo lavoro venga paragonato a Guernica di Picasso?

Murakami: Mah… non penso che il tema del pacifismo e della protesta contro la guerra sia così forte (nella mia opera, ndt) volevo piuttosto rappresentare l'ansia e la visione religiosa che penso siano radicate in noi in quanto popolo giapponese. Personalmente non avrei mai pensato di paragonare il mio Ciclo di Arhat a Guernica di Picasso

TR: No, però si tratta comunque di una devastazione, anche se i motivi sono diversi.

Murakami: La guerra si può anche fermare grazie alla volontà dell'uomo, ma i disastri naturali no. (non si capisce , si parlano sopra la traduttrice e lui, in più i due che stanno registrando, più rumori vari). Volevo cercare la salvezza in un dipinto: per quanto riguarda Guernica, è come uno di quei dipinti che si trovano nelle chiese, che uno guarda e trova la salvezza.

TR: Poi volevo chiederle del Kaikai kiki (la factory di Murakami, ndt). Come sta andando, e come l’ha organizzata.

Murakami: Ho capito, subito dopo il debutto, che ci volevano tante persone per creare un numero tale di opere, quindi dovevo avere uno staff, e l'unico modo possibile era che fosse inquadrato in maniera duratura come ditta o come studio. (Non si capisce l'ultima frase, ndt)

Christian Gancitano: Siamo molto appassionati della poetica superflat che per noi è come la rivoluzione della pop art a opera di Andy Warhol, Basquiat e Keith Haring. Murakami con Kaikai kiki e il superflat, Nara Yoshitomo e Makoto Mida sono per noi i tre rappresentanti che hanno portato l'arte giapponese al top dell'arte pop mondiale. Ti riconosci?

(interferenze)

Murakami: [Murakami si rivolge al giornalista] Conoscerà benissimo i manga…

CG: Sì, certo.

Murakami: Per fare un esempio, se va a fare un viaggio in Giappone, tra i cibi più famosi e tradizionali ci sono il ramen, gli udon… e poi ci sono anche tanti tipi di fast food: ecco, io penso che tutte queste cose siano manga.
Per esempio, mangiare del vero ramen, in Italia, penso sia veramente difficile, nel senso che il ramen non può essere troppo caro, quindi ci deve essere un ottimo rapporto tra costo e rendita del piatto. In altri termini se ne deve vendere molto per riuscire ad ammortizzare i costi. Il gusto deve essere buono e si deve mantenere un livello qualitativo alto, cosa che penso sia molto difficile da ottenere in un posto che non sia il Giappone. Allo stesso modo, ma in senso contrario, nel caso del di sushi o della cucina kaiseki (il raffinato pasto tradizionale che include tante piccole portate, ndt), se si riesce a mantener il prezzo molto alto, penso si possano raggiungere ottimi livelli e risultati anche al di fuori del Giappone.
Quello che facciamo noi, non è così reale (non si capiscono alcune parole, ndt): è come la cucina kaiseki, ma meno concreto, materiale. Diventa un prodotto culturale, personalmente un po' me ne vergogno. Avrà capito? (rivolto alla traduttrice)

CG: Ho capito: mi piacciono il ramen e Tanpopo, il film, è un grande esempio, molto importante. Però noi che seguiamo la vostra arte, siamo convinti che voi abbiate creato quello che era il grande sogno di Andy Warhol. Che tra l'altro è ora per la prima volta in mostra al Mori Building: non era ancora arrivato in Giappone, quindi siete stati molto più rapidi voi a esportare la vostra arte, e il pop. L’avete preceduto

Murakami: A proposito di esportazioni, adesso nel mondo, anche in Italia, c'è il boom dei manga, sono molto diffusi.

CG: Molto, ma c'è anche tanta ignoranza. Purtroppo in Italia non si conoscono i veri mangaka… Osamu Tezuka, i grandi maestri, ma anche Otomo… non si conoscono i veri manga e i veri anime. E pochi conoscono Miyazaki, perché questo è il regno di Disney. Quindi per la cultura, quella nuova e innovativa, per i giovani artisti, glielo garantisco: lei è il modello, perché Murakami e il superflat sono una valida alternativa a Disney, insieme al maestro Hayao Miyazaki.

Murakami: Prima o poi arriverà anche in Italia la vera cultura del manga. Noi saremo la prossima ondata, (‘nakatsugi pitcher’ , gergo del baseball, il prossimo in ordine di tempo, ndt). In questo periodo in Giappone, nei musei ci sono moltissime mostre dedicate agli autori di manga. Questo è dovuto al fatto che, negli anni '80, c’è stato una sorta di boom dei musei e ne sono stati costruiti moltissimi. Erano anni in cui inoltre si acquistavano anche molte opere d'arte dall'Europa, e di conseguenza si ergevano altri musei. Con la crisi economica, non è più stato possibile mantenere questo ritmo di acquisti, e anche raccogliere i fondi per organizzare mostre è diventato difficile. Quando hanno cercato di rimediare, si sono ricordati dell'esistenza dei manga: le mostre si possono organizzare a basso costo, sono di successo, e per quelle che attirano un pubblico più numeroso si può anche chiedere di pagare un biglietto di ingresso. È per tutti questi motivi che le mostre sui manga adesso hanno così tanto successo. Penso che, forse tra dieci anni, forti dell'esperienza di queste esposizioni di tavole di manga originali, e di animazione, si organizzeranno molte altre mostre o fiere di forte impatto, ne sarete invasi anche voi. Credo infatti che sia molto probabile possibilità che queste mostre di manga vengano in futuro esportate in Europa, in Italia. Quando questo accadrà, noi piano piano verremo dimenticati, al massimo ci sarà qualcuno che dirà “ah, sì, è vero! c'era anche un tipo che si chiamava così…”

CG: Lei non sparirà. È nella storia dell'arte ormai. Grazie.

Murakami: Io non ci credo che andrà così…

Foto da tablet android di Christian Gancitano (per gentile concessione dell'autore)

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