Storie di amore, di indifferenza e di crescita: “The Many Faces of Ito” è un viaggio tra le varie sfaccettature di un ragazzo e di una sceneggiatrice in crisi.
Cinico e tendenzialmente apatico: The Many Faces of Ito (Ito Kun A to E 伊藤くん A to E) è un film di Ryuichi Hiroki del 2018, tratto da un romanzo della scrittrice giapponese Asako Yuzuki; al libro, pubblicato nel 2013, sono seguiti un’omonima miniserie TV prodotta da Netflix, e infine il film, uscito sempre sulla piattaforma online proprio all’inizio di quest’anno.
Già il titolo ci rivela il nome di uno dei personaggi principali: Seijiro Ito, ragazzo belloccio, affascinante, sorridente, sfrontato, che indossa sempre camicie vistose e che insegue il sogno di diventare sceneggiatore. Tuttavia, Ito non è una persona semplice né tanto meno pacifica come può sembrare a prima vista, e sicuramente uno degli scopi del film è proprio mostrarci le varie sfaccettature del suo carattere, che presto scopriamo essere volubile e spesso indifferente. Entra quindi in gioco la curiosa modalità con cui si sviluppa la narrazione: la storia non viene descritta attraverso il suo punto di vista, né attraverso il punto di vista delle altre persone coinvolte, ma tramite un personaggio apparentemente esterno a tutto, Rio Yazaki.
Rio è una sceneggiatrice ormai affermata, resa famosa dalla sua serie di debutto Tokyo Doll House. Bella, sempre ben vestita, la sigaretta tra le labbra e vicino una tazza di caffè, sembra non riuscire più a trovare storie di cui scrivere, e vive in un perenne mix di cinismo e ironia volti forse a mascherare un passato sentimentale deludente, accennato tramite flashback saltuari. Nella prima scena del film, la vediamo intenta a tenere una lezione di scrittura creativa, a cui sta partecipando anche Ito. Rio sembra coinvolta, paziente, così come durante un seminario dedicato alle donne e all’amore, si mostra impacciata e empatica verso le spettatrici. Ma i suoi pensieri raccontano tutt’altro.
«Queste sono donne comuni. Se sorrido, loro sorridono. Se parlo, annuiscono senza pensare. Sono donne così noiose»
Durante il seminario, Rio raccoglie le testimonianze di quattro ragazze (a cui assegnerà una lettera dalla A alla D), tutte coinvolte in situazioni sentimentali ambigue e complicate. Ciò che Rio non può immaginare è che quelle quattro donne, scelte per caso tra tutte le partecipanti, stanno parlando dello stesso ragazzo; e quel ragazzo altri non è se non Ito. Ma a Rio l’identità del personaggio maschile non importa: ciò che sta cercando è una buona storia di cui scrivere. Inizialmente titubante, poi sempre più coinvolta, la sceneggiatrice vede regolarmente le quattro ragazze, non solo per essere aggiornata su eventuali sviluppi, ma anche per dare loro “suggerimenti” su come comportarsi. Tuttavia, Rio non è interessata alle loro storie: lei vuole creare una storia, la vuole costruire a suo piacimento, vuole complicare le cose per ottenere una trama più intrigante. E tramite i loro racconti e gli sviluppi innescati da Rio, lo spettatore inizia a farsi un’idea della vera identità – anzi delle vere identità – di Ito.
Tomobi Shimabara (A) è l’amica perenne, tenuta in un angolo in attesa. Ito sembra quasi usarla, totalmente indifferente agli evidentissimi sentimenti di lei e critico verso ogni suo comportamento. Shuko Nose (B) è invece oggetto delle attenzioni insistenti di Ito: lui sostiene di amarla, la assilla e la segue, leggendo conferme disperate dietro a un rifiuto convinto. Infine, abbiamo le vicende delle due migliori amiche Satoko Aida (C) e Miki Jinbo (D). La prima si mostra preoccupata per la seconda, che sta frequentando Ito, ma la sua preoccupazione in realtà nasconde invidia e gelosia. Rio qui si dimostra quasi crudele, mettendo l’una contro l’altra le due amiche e mostrando quanto creare una storia avvincente sia per lei fondamentale.
Da sinistra: Tomobi Shimabara, Shuko Nose, Rio Yazaki, Satoko Aidae Miki Jinbo
Il titolo originale del film cita tuttavia cinque lettere, A to E, e non è difficile immaginare chi sia la quinta donna influenzata da Ito. Rio scoprirà presto che le storie che ascolta e che influenza hanno tutte come protagonista il suo studente; ne vedrà dunque un ulteriore aspetto, quello manipolatore, e alla fine i due si confronteranno, mettendosi a nudo l’uno con l’altra.
The Many Faces of Ito è un bellissimo intreccio di storie e personaggi, un film che gira intorno alle due colonne portanti Ito e Rio: il primo emblema di egoismo e indifferenza, la seconda del cinismo causato da una delusione sentimentale. Quelle dinamiche amorose che entrambi giudicavano superficiali da una parte e noiose dall’altra riescono però a farli riflettere, e in particolare Rio trarrà da tutto ciò equilibrio e una rinnovata serenità.
Nonostante tutti questi elementi “forti”, manca forse qualcosa che scateni emotività. L’apatia che permea i due personaggi principali sembra influenzare anche tutto il resto, rischiando di non coinvolgere a sufficienza lo spettatore. Tuttavia, le scenografie molto curate e i lunghi dialoghi sono subito pronti a attirare di nuovo l’attenzione di chi guarda. Una particolare attenzione merita il personaggio di Kentarō Kusumi, che numerose volte cerca di far capire a Rio che sta esagerando nel giocare con quelle donne.
«Credo che la vera anima delle persone esista proprio in questo imbarazzante disordine»