Dando una rapida scorsa alle classifiche di vendita ufficiali per l’anno 2013 pubblicate da Oricon Inc. (principale riferimento per statistiche e informazioni sull’industria musicale in Giappone), salta subito all’occhio un’interminabile susseguirsi di nomi quali: Arashi, AKB48, Momoiro Clover Z, Kanjani8, Kis-My-Ft2… In una parola: idol.
Si tratta di ragazzi e ragazze, indicativamente tra i quattordici e i vent’anni (ma il limite di età sembra ormai valere solo per le ragazze), che pubblicano cd musicali, recitano in film e drama, prendono parte ai più svariati programmi televisivi, compaiono in miriadi di spot pubblicitari e sulle copertine di un gran numero di riviste. Il loro successo in patria è talmente esteso da arrivare a costituire un vero e proprio fenomeno; nonché a rappresentare un elemento fortemente caratterizzante della società e della cultura popolare giapponesi odierne.
Il fenomeno prende piede negli anni settanta, in seguito al successo ottenuto dalla cantante Sylvie Vartan nel film francese Cherchez l’idol, e già negli anni ottanta gli idol dominano la scena musicale giapponese con nomi quali Pink Lady o Hikaru Genji. Da allora il fenomeno conoscerà periodi di stallo alternati ad altri di crescita inarrestabile, senza però mai accennare ad arrestarsi; fino a raggiungere, oggi, il suo apice.
Ma come mai tanto successo? Alla base della popolarità incontrastata degli idol in Giappone, possiamo riscontrare tre ragioni fondamentali. La prima, e probabilmente quella che salta subito alla mente, è l’incarnazione del ragazzo o della ragazza ideale. Non tanto in quanto “persona che vorremmo realmente frequentare”, ma in quanto icona: l’icona di qualcosa di perfetto e irraggiungibile; nessuno vi si può realmente avvicinare, nessuno deve farlo, lo si può solo sognare.
In secondo luogo, il rapporto con i fan. Tecnicamente gli idol non hanno nulla di speciale: non tutti sono particolarmente belli, non tutti sanno cantare, ballare o recitare; sono persone normali, proprio come coloro che li seguono, ed è questo a creare quel rapporto di empatia con i fan che sta alla base del loro successo. Gli idol sono semplici adolescenti che tentano di rincorrere i propri sogni, la loro fama non dipende da ciò che sanno fare ma dalla personalità e dal carisma di ognuno. Quello che si instaura tra loro e i fan è un rapporto di reciproco sostegno: i fan li seguono in tv, vanno ai concerti, comprano i cd e li incoraggiano durante il loro “percorso di crescita”; gli idol, a loro volta, donano ai fan la forza di credere nei propri sogni, la speranza che un giorno, come è stato per loro, potranno raggiungere i propri obiettivi.
Infine, ma non per importanza, non dobbiamo dimenticare che gli idol non sono artisti, sono entertainer: il loro ruolo è quello di fare spettacolo, divertire, emozionare. In una società come quella giapponese, che tende a tenere sempre sotto pressione, diventano quindi un piacevole diversivo, un pretesto per staccare il cervello dai problemi della quotidianità e regalarsi finalmente un sorriso.
Gli idol, in breve, vendono sogni. Forse si tratta di cose irraggiungibili, forse sono, per l’appunto, solo sogni; ma forse è proprio grazie al bisogno di sognare delle persone se hanno travolto l’arcipelago giapponese come un uragano e non sembrano intenzionati a fermarsi.
Fonti:
Patrick W. Galbraith and Jason G. Karlin, Idols and Celebrity in Japanese Media Culture, Palgrave Macmillan, 2012
Hiroshi Aoyagi, Island of Eight Million Smiles, Harvard University Asia Center, 2005