Disorientante. Non riesci a capire se stai leggendo un esercizio da laboratorio di scrittura o un racconto geniale. E rimani con questo dubbio fino alla fine. Anche dopo settimane dall'averlo letto. Eppure qualcosa ti rimane: il ritmo di una voce metafisica che sembra stia parlando proprio a te, con quella cadenza da disc jockey, quel riempire il silenzio con il vuoto delle parole tipico degli intrattenitori radiofonici.
Senti il timbro, le pause, la voce rutilante, i versi, le vocali allungate, il volume innaturale, suoni indifferenti come turisti danzanti sul Titanic. Sullo sfondo, Fukushima, lo tsunami, il disastro nucleare e soprattutto lei: la morte. Come in certi racconti di Poe, ma senza le atmosfere neogotiche, anzi con la spensieratezza di uno spot pubblicitario, del lancio di una canzone. Il protagonista, DJ Ark, è un presentatore radiofonico sbattuto dalla furia degli elementi tra i rami di un albero. Lì continua con il suo lavoro, intrattiene gli ascoltatori, raccoglie testimonianze in una trasmissione senza sosta in cui ognuno riesce a seguire quel che gli pare. Un programma radio immaginario, condotto dai rami, dopo aver perso tutte le radici, di gente che non sa se sia ancora viva oppure no.
È inevitabile per il lettore italiano tornare con la memoria a certi personaggi di Calvino: il barone rampante, il cavaliere inesistente, perché si respira – senza voler essere blasfemi – la stessa rarefazione, la stessa lieve atmosfera irreale.
E il pubblico telefona, interviene, racconta le sue vicissitudini in diretta, in una specie di unreal reality direttamente dall'aldilà, un aldilà temporaneo, di confine, in-between, alla stregua di un limbo dantesco.
I dialoghi sono perfetti: se chiudi il libro e accendi l'autoradio hai l'impressione di essere morto anche tu. L'autoradio, non la radio: perché quando ascolti con le mani sul volante è come se sei in una bolla sospesa, un mondo a parte, fatto di pensieri che seguono le strisce orizzontali sull'asfalto come uno spartito. Sospeso, come su un albero, tra i rami.
E sospeso rimani anche finito il libro, con il dubbio di non sapere se ti è piaciuto.
Ma i brani musicali suggeriti ascoltali, che danno più gusto alle parole, come questo I don't like mondays dei Boomtown Rats.