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Kyoto Chronicles: Kinkakuji, il padiglione d’oro

28 Febbraio 2016
NipPop Staff

A Kyoto il tempo è matto, le temperature passano da sedici gradi a meno due nell’arco della stessa giornata, quindi giovedì scorso sono uscita sotto il sole mattutino sudando con sciarpa e berretta e sono rientrata la sera, vestita nello stesso modo ma tremando di freddo. 

Ne è valsa la pena, perché è stata una giornata molto soddisfacente: assieme ad alcuni amici sono andata prima al Kinkakuji, poi al Castello di Nijō, poi al Kiyomizudera e la sera al corso di shōdo. E ho imparato a rivoltare gli okonomiyaki! Ma procediamo con ordine: la mattina l’ho passata tra i bastoni da selfie dei turisti ammassati alla staccionata del tempio. Anche io ho fatto la mia parte, conquistando un’ottima posizione per poter scattare qualche foto.

Cos’è il Kinkakuji?

Guardando velocemente i kanji già si può un po’ capire: 金 kin = oro, 閣 kaku = palazzo e 寺 ji = tempio buddhista. Quindi in parole molto povere è un tempio buddhista costituito da un palazzo color oro. Magari la foto è molto più esplicativa.

In realtà il nome di questo tempio sarebbe Rokuon, poiché il padiglione d’oro occupa solo una parte dell’area, che è molto estesa. Ci sono un grande lago nel quale il palazzo si specchia, una casetta con il tetto di bambù che vende souvenir, una struttura dove (prenotando) si può assistere alla cerimonia del tè e ovviamente un altare a cui dirigere una preghiera o davanti al quale si può accendere l’incenso.

Il padiglione

Fu lo shogun Ashikaga Yoshimitsu, un capo militare quindi, a far costruire questo palazzo nel 1397 come residenza personale, in particolare per poter accogliere ospiti appartenenti alla nobiltà o della levatura dell’Imperatore. Fu dopo la sua morte che, in accordo con le sue volontà, fu convertito in un tempio. Il periodo Muromachi fu caratterizzato da un’importante avvicinamento tra il Giappone e la Cina e il padiglione è una dimostrazione dell’influenza esercitata da quest’ultima sulla cultura dell’arcipelago: il primo piano era per l’aristocrazia, il secondo per gli ospiti di rango militare e il terzo è costruito secondo lo stile buddhista cinese (zenshū butsuden zukuri). Foglie d’oro ricoprono le pareti sui quattro lati e una fenice dalla cima osserva le centinaia di turisti che ogni giorno camminano attorno all’edificio.

Ma quello che vediamo oggi è stato costruito nel vicino 1955! Infatti la struttura originale venne distrutta per mano di un monaco, che apparentemente era tanto ossessionato dal tempio che nel 1950 decise di bruciarlo. Nel giro di cinque anni è stato ricostruito e il colore dorato esteso a tutti e tre i piani (originariamente era solo nella parte superiore).

Sekkatei: la casa da tè

Proseguendo sulla destra, oltre il padiglione ci sono i bagni (sempre presenti nel fantastico Giappone!) e sulla destra, salendo degli scalini in pietra, si arriva davanti a una antica casa da tè. In contrasto con il lusso e la ricchezza che sprigiona il padiglione, qui non c’è niente di più del necessario: tatami a terra, una pietra scavata per contenere le braci e scaldare l’acqua, e una finestrella dalla quale ammirare il paesaggio.

Ovviamente oggi non è più in uso, è solo lì a scopo dimostrativo, se volete bere un po’ di tè dovete proseguire la visita ancora un po’.

Fudōdō

Per quanto riguarda l’aspetto più spirituale, dopo il negozio di souvenir e prima delle bancarelle con i dolcetti, c’è un tempio nel quale è conservata un’immagine del Buddha ricavata dalla pietra, non visibile al pubblico tranne che nel giorno del setsubun (capodanno giapponese). Potete tirare la corda anche se vi vestite da gatto: la foto lo dimostra.

Si può tirare la corda e recitare una preghiera “alla giapponese” battendo le mani oppure accendere un bastoncino di incenso e respirane il profumo.

Come vi ho spoilerato prima, alcune bancarelle di dolcetti sono allineate verso l’uscita, offrendo assaggi ai turisti. Io ho avuto un biscottino al wasabi, ma era tanto piccante che ho dovuto fare il bis con qualcosa di diverso per far dimenticare alla mie papille gustative l’esperienza.

Infine, estasiati da tanta bellezza e provati dall’improvviso caldo, io e i miei amici abbiamo deciso di riempire la pancia con dei leggeri okonomiyaki: uova, carne, verdure e salsa a volontà! Che bontà!

 
 

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