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Otaku Wonderland parte 3 – A (quasi) ognuno la sua figure

2 Marzo 2016
Elena Tessari

Nella nostra panoramica sul mondo del collezionismo otaku abbiamo parlato di marketing e di figure. Stavolta parleremo di come vengono rappresentati i personaggi maschili e femminili nelle figure stesse, e di conseguenza anche del target di pubblico di questo genere di prodotti.

Navigando nei maggiori siti giapponesi di figure, è evidente una forte predominanza di statue rappresentanti personaggi femminili: queste vengono classificate normalmente sotto la categoria bishōjo (美少女, belle ragazze). Non è raro trovare figure di fanciulle poco vestite e in pose allusive. Tra queste, i personaggi in costume da bagno sono piuttosto comuni, tanto che alcuni produttori hanno addirittura delle linee dedicate solo a figure femminili in bikini (Beach Queens di Wave, Beach Beauties di Megahouse).

Nami di One Piece in due sue versioni: combattiva nella Figuarts Zero, discinta nella BB version

Da qui in avanti si trovano le figure hentai, più sessualmente esplicite, nude o con vestiti removibili: spesso si tratta di figure di ottima fattura e dal prezzo mediamente molto alto per un pubblico maggiorenne.

Lo stesso personaggio può avere rappresentazioni con livelli di sessualizzazione differenti. Ad esempio, la Vocaloid Hatsune Miku ha una popolarità tale da essere collezionabile in innumerevoli versioni: come Nendoroid molto kawaii, come statica o action figure nel suo outfit canonico o in costume da bagno, ma anche seminuda in posa sexy.

Nendoroid, Figma (action figure), Senbonzakura version (statica)

Miku e Ruka swim suit version (statiche), Racing (statica), The World is Mine (statica)

Le figure femminili degli shōjo solitamente non arrivano ad alti livelli di sessualizzazione. In teoria sono pensate per un pubblico femminile e vengono pubblicizzate come tali, ma talvolta si servono di alcuni dettagli “nascosti” per attrarre anche un altro genere di pubblico.

Prendiamo ad esempio due linee di statiche recenti dedicate a Sailor Moon, le Figuarts Zero e le Sekai Seifuku Sakusen (世界制服作戦, World School Uniform Project). Le foto promozionali mostrano le guerriere in pose da battaglia, ma nelle foto dei fan che si trovano su Internet si nota una cura particolare nella realizzazione del sottogonna, o addirittura si scopre che le figure in divisa scolastica hanno la gonna removibile. Inutile dire che l'attenzione sulle mutandine è un tema ricorrente nel genere etchi.

Serie di figure della linea Figuarts Zero di Bandai per Sailor Moon

Quando invece le figure femminili provengono da storie di genere shōnen e seinen, i dettagli a sfondo sessuale sono più espliciti. Seni e glutei sono protrusi, le schiene sono inarcate, le gonne sono più o meno sollevate, pose e dettagli anatomici sono più espliciti. Per quanto esista anche una percentuale di figure non sessualizzate, è innegabile che buona parte della produzione sia pensata e scolpita per sedurre in modo più o meno diretto un target maschile.

Rei, Asuka e Mari da Rebuild of Evangelion in due set di figure di Kotobukiya

Le figure che rappresentano personaggi maschili non sono, al pari delle controparti femminili, classificate come bidan 美男, ovvero “bei ragazzi”. Principalmente si tratta di personaggi di shōnen/seinen, nel cui caso si tratta di figure in pose epiche/kakkoii. Non vi è sessualizzazione evidente di sorta e sembra chiaro che il target di riferimento sia ancora una volta maschile.

Rufy e Law di One Piece, Virgo da Saint Seiya, Joe da Ashita no Joe

Nei rarissimi casi in cui le figure siano ispirate a serie per ragazze (es. Kuroshitsuji, Free!) o a personaggi maschili di shōnen/seinen che però hanno un forte fandom femminile yaoista (es. Kaworu e Shinji di Evangelion, Tiger & Bunny), il punto focale si sposta sull'avvenenza e sull’estetica del personaggio maschile. In questi casi, nelle figure si può notare una leggera sessualizzazione, anatomia curata e in alcuni casi espressioni languide. In ogni caso, sul mercato non si trovano figure di personaggi maschili esplicitamente erotiche.

Ciel da Kuroshitsuji, Shinji e Kaworu da Rebuild of Evangelion

Spunta spontanea una riflessione: per chi è pensato il mercato delle figure?

In Giappone le divisioni di genere sono piuttosto nette. I manga shōnen e seinen vengono considerati adatti al pubblico maschile, e la produzione di figure è molto elevata. I manga shōjo e josei vengono considerati adatti solo a un pubblico femminile, e la produzione di gadget è molto più limitata (quasi assente per i titoli più famosi del genere josei, dedicato alle donne adulte).

Analizzando la questione alla luce della legge della domanda e dell'offerta, si deduce quindi che i produttori considerino il pubblico maschile come target principale. Di conseguenza, il pubblico femminile non viene ritenuto altrettanto propenso al collezionismo di figure.

Ovviamente nella realtà la distinzione non è così netta. I generi shōnen e seinen possono essere apprezzati anche dalle donne, e allo stesso tempo il genere shōjo può sconfinare e attrarre pubblico maschile. Basta pensare che le maghette (majokko) nascono come genere per bambine ma da tempo sono state sdoganate anche come genere shōnen e seinen (es. Madoka Magica).

Lo sconfinamento oltre l’orizzonte giapponese del mondo otaku è una riprova del fatto che i generi non sono assoluti, nemmeno tra i collezionisti di figure. Basta navigare tra Facebook, Tumblr, YouTube e Instagram per trovare uomini adulti con collezioni sconfinate di genere majokko e collezioniste donne appassionate di videogiochi, shōnen manga e figure.

Il pubblico femminile però è sicuramente il target principale di un altro genere di collezionismo: quello delle ball joint dolls, dette bjd. Anche in questo caso vedremo che il confine però non è così netto.

Ne parleremo nel prossimo articolo!

Ecco il link alla prima parte: https://www.nippop.it/it/media-and-arts/blog/jmagazine/media-arts/otaku-wonderland-parte-1-marketing-e-collezionismo

E alla seconda: https://www.nippop.it/it/media-and-arts/blog/jmagazine/media-arts/otaku-wonderland-parte-2-sogni-in-pvc-le-figure

 

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